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RICERCA LOTTI

Asta 62 - Dipinti selezionati XIX e XX secolo

dettaglio asta
  • Mosè Bianchi Mosè Bianchi
    Monza 1840 - 1904
    Tempera su carta cm 65x41 firmato in basso a dx Mose Bianchi

    Mosè Bianchi nacque a Monza il 13 ottobre 1840 in una famiglia di artisti: il padre, Giosuè, era insegnante di disegno e pittore dilettante, e trasmise al figlio la passione per l’arte. Dopo gli studi tecnici, Mosè si iscrisse nel 1856 all’Accademia di Brera a Milano, dove studiò con Albert Zimmermann e Giuseppe Bertini, affiancando compagni come Filippo Carcano, Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni.
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    Nel 1859, spinto dal fervore risorgimentale, partecipò come volontario ai Cacciatori delle Alpi nella seconda guerra d’indipendenza, esperienza che lasciò in lui un’impronta profonda.

    Terminati gli studi nel 1864, si dedicò alle prime opere di soggetto storico e religioso, caratterizzate da un linguaggio ancora legato al gusto romantico e accademico. Nel 1867 vinse il prestigioso pensionato Oggioni con l’opera La visione di Saul, che gli permise di soggiornare a Venezia e successivamente a Parigi. A Venezia studiò i maestri del Settecento, in particolare Tiepolo, mentre a Parigi entrò in contatto con la pittura brillante e luminosa di Mariano Fortuny. Queste esperienze lo spinsero verso una visione più libera e moderna, incentrata sul colore e sulla luce.

    Rientrato a Milano, Bianchi divenne presto una figura di spicco nell’ambiente artistico lombardo. Si dedicò a diversi generi: ritratti, scene di genere, affreschi e paesaggi. Tra i suoi lavori più noti figurano gli affreschi di Villa Giovanelli a Lonigo. Negli anni Settanta e Ottanta la sua pittura raggiunse la piena maturità, con opere che uniscono delicatezza atmosferica e sensibilità luministica. Le vedute di Venezia, Chioggia e Milano sotto la neve, come Laguna in burrasca, testimoniano la sua capacità di rendere la vibrazione dell’aria e la poesia della luce.

    Pur non appartenendo ai movimenti d’avanguardia, Bianchi mostrò un’attenzione moderna per la vita quotidiana e per gli effetti della luce naturale. La sua pennellata libera e la sensibilità cromatica lo posero come anello di congiunzione tra la tradizione accademica e le nuove tendenze pittoriche dell’Ottocento. Fu inoltre consigliere dell’Accademia di Brera e nel 1898 venne nominato direttore dell’Accademia Cignaroli di Verona, segno del grande prestigio raggiunto.

    Negli ultimi anni la salute precaria lo costrinse a ritirarsi nella sua città natale, dove morì il 15 marzo 1904. L’opera di Mosè Bianchi, vasta e coerente, comprende ritratti, affreschi, acquerelli, incisioni e vedute, tutte attraversate da una profonda attenzione alla luce e alla realtà osservata con sensibilità poetica. È considerato uno dei protagonisti più importanti della pittura lombarda dell’Ottocento, capace di fondere rigore tecnico e intima emozione.

    STIMA:
    min € 8000 - max € 10000
    Base Asta:
    € 2500

  • Lotto 2  

    In Laguna

    Guglielmo Ciardi Guglielmo Ciardi
    Venezia 1842-1917
    Olio su tela cm 65,5x111 firmato in basso a sx Ciardi

    Guglielmo Ciardi nacque a Venezia il 13 settembre 1842 da Giuseppe, funzionario statale, e da Teresa De Bei. Dopo aver completato gli studi al collegio di Santa Caterina, decise di dedicarsi alla pittura e si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove fu allievo di Federico Moja per la prospettiva e di Domenico Bresolin per il paesaggio.
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    L’insegnamento di Bresolin, attento alla resa diretta della natura e all’osservazione dal vero, segnò profondamente la sua formazione.

    Nel 1868 intraprese un viaggio fondamentale che lo portò prima a Firenze, poi a Roma e a Napoli. A Firenze venne a contatto con l’ambiente dei Macchiaioli e con artisti come Telemaco Signorini, che lo influenzarono nella ricerca di una pittura più libera e luminosa. A Napoli conobbe la Scuola di Posillipo e quella di Resina, che gli offrirono nuovi spunti per un naturalismo di impronta verista. Al suo ritorno a Venezia, Ciardi trovò nella laguna e nelle campagne del Veneto un inesauribile motivo d’ispirazione, ritraendo scorci di vita rurale, riflessi d’acqua, cieli ariosi e atmosfere vibranti di luce.

    Nel 1874 sposò Linda Locatelli, con la quale ebbe quattro figli, tra cui Beppe ed Emma, entrambi destinati a seguire la sua strada artistica. La sua carriera proseguì con grande successo: partecipò a numerose esposizioni in Italia e all’estero, ottenendo premi e riconoscimenti, tra cui la medaglia d’oro all’Esposizione di Nizza del 1883 e quella di Berlino nel 1886 con il dipinto Messidoro, oggi conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

    Nel 1894 fu nominato docente di vedute di paese e di mare all’Accademia di Belle Arti di Venezia, succedendo al suo maestro Bresolin, e divenne membro della commissione della Biennale di Venezia, ruolo che ne consacrò l’autorevolezza nel panorama artistico italiano. La sua pittura, pur radicata nella tradizione veneta del vedutismo, seppe rinnovarsi attraverso una sensibilità luministica moderna: i suoi paesaggi della laguna, delle colline trevigiane e delle montagne venete si distinguono per la freschezza cromatica e la capacità di restituire la verità dell’atmosfera.

    Negli ultimi anni, nonostante problemi di salute che lo colpirono duramente, continuò a dipingere con coerenza e passione. Nel 1915 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di San Francisco, ulteriore riconoscimento alla sua lunga carriera. Morì a Venezia il 5 ottobre 1917, dopo una vita interamente dedicata all’arte e alla natura.

    Guglielmo Ciardi rimane una delle figure centrali della pittura veneta dell’Ottocento. La sua opera, sospesa tra tradizione e modernità, traduce con autenticità e poesia l’incontro fra la luce e l’acqua, tra l’osservazione quotidiana e la visione lirica del paesaggio. Le sue tele, oggi conservate nei principali musei e collezioni italiane, continuano a testimoniare la grandezza di un artista che seppe trasformare la laguna e la campagna veneta in un linguaggio universale di luce e silenzio.

    STIMA:
    min € 15000 - max € 18000
    Base Asta:
    € 4000

  • Leonardo Bazzaro Leonardo Bazzaro
    Milano 1853 - 1937
    Olio su tela cm 71,5x100 firmato in basso a dx L.Bazzaro

    Leonardo Bazzaro fu un pittore italiano attivo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, noto soprattutto per i suoi paesaggi, i ritratti e le scene di vita quotidiana. La sua formazione artistica ebbe inizio in un periodo di fermento culturale, in cui le correnti del realismo e del verismo esercitarono una notevole influenza sui giovani artisti italiani.
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    Durante la sua carriera, Bazzaro si distinse per la capacità di catturare la luce e l'atmosfera, elementi che rendono le sue opere particolarmente evocative e ricche di dettagli naturalistici .

    Il percorso espositivo del pittore lo vide protagonista in numerose mostre sia in Italia che all’estero, contribuendo così a diffondere il suo stile personale e a consolidare la sua reputazione nell’ambito della pittura di genere e del paesaggio. Pur rimanendo ancorato ai canoni del realismo, Bazzaro sperimentò progressivamente nuove tecniche e linguaggi pittorici, integrando elementi modernisti che evidenziarono la sua capacità di interpretare in chiave personale la realtà circostante .

    Oggi, le opere di Leonardo Bazzaro sono apprezzate non solo per la loro bellezza formale, ma anche per il valore storico e culturale che rappresentano, testimonianza di un’epoca di importanti trasformazioni artistiche e sociali in Italia. Molte delle sue creazioni sono custodite in collezioni museali e private, continuando a suscitare interesse e ammirazione tra collezionisti e studiosi d’arte.

    Questa breve biografia intende offrire una panoramica della vita e dell’opera di un artista che, pur essendo stato apprezzato nel suo tempo, oggi rappresenta un importante capitolo della storia della pittura italiana.

    STIMA:
    min € 5000 - max € 6000
    Base Asta:
    € 1500

  • Lotto 4  

    Alba mistica

    Luigi Nono Luigi Nono
    Fusina (VE) 1850 - Venezia 1918
    Olio su tela cm 44,5x34,5 firmato in basso a dx L.Nono

    Luigi Nono nacque a Fusina (Venezia) l'8 dicembre 1850, figlio di Francesco Luigi, ricevitore di dogana, e Rosa Della Savia. Fu battezzato il 5 gennaio 1851 a Gambarare di Mira.
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    Nel 1851 la famiglia si trasferì a Sacile, sul Livenza in Friuli. Dopo aver iniziato studi tecnici a Treviso, nel 1865 fu iscritto dal padre all'Accademia di belle arti di Venezia, dove ottenne numerosi premi e si diplomò nel 1871 con un dipinto lodato da Camillo Boito.

    Nel 1873 espose con successo all'Esposizione di Brera, dove presentò opere come "Le sorgenti del Gorgazzo". Partecipò a numerose mostre braidensi e nel 1875 fu tra i fondatori del Circolo artistico veneziano. Nel 1876 fece un viaggio di studio tra Firenze, Roma e Napoli. Tra il 1877 e il 1878 partecipò a diverse esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo riconoscimenti per opere come "Il mattino della sagra".

    Dopo la morte del padre nel 1879, si trasferì definitivamente a Venezia. Nel 1881 iniziò le escursioni a Chioggia, dove creò capolavori come "Refugium peccatorum" e "Ave Maria". Partecipò a numerose esposizioni internazionali, vincendo premi e ottenendo grande successo, come la medaglia d'oro a Monaco di Baviera nel 1884 per "Refugium peccatorum".

    Nel 1887 fu nominato cavaliere della Corona d'Italia. Sposò Rina Priuli Bon nel 1888, trasferendosi alle Zattere di Venezia. Nel 1891 fu nominato socio onorario di Brera. Partecipò alla prima Biennale di Venezia nel 1895 e ad altre mostre internazionali, continuando a produrre opere di grande successo.

    Durante la prima guerra mondiale, Nono si trasferì a Bologna e continuò a dipingere per mercanti d'arte. Nominato commendatore nel 1915, tornò a Venezia gravemente malato nel 1918 e morì il 15 ottobre nella sua casa alle Zattere. Le sue opere sono oggi conservate in varie collezioni e musei, segno del suo duraturo contributo all'arte italiana.

    STIMA:
    min € 12000 - max € 15000
    Base Asta:
    € 7000

  • Luigi Nono Luigi Nono
    Fusina (VE) 1850 - Venezia 1918
    Olio su tavola cm 21x32,5 firmato in basso a sx L.Nono

    Luigi Nono nacque a Fusina (Venezia) l'8 dicembre 1850, figlio di Francesco Luigi, ricevitore di dogana, e Rosa Della Savia. Fu battezzato il 5 gennaio 1851 a Gambarare di Mira.
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    Nel 1851 la famiglia si trasferì a Sacile, sul Livenza in Friuli. Dopo aver iniziato studi tecnici a Treviso, nel 1865 fu iscritto dal padre all'Accademia di belle arti di Venezia, dove ottenne numerosi premi e si diplomò nel 1871 con un dipinto lodato da Camillo Boito.

    Nel 1873 espose con successo all'Esposizione di Brera, dove presentò opere come "Le sorgenti del Gorgazzo". Partecipò a numerose mostre braidensi e nel 1875 fu tra i fondatori del Circolo artistico veneziano. Nel 1876 fece un viaggio di studio tra Firenze, Roma e Napoli. Tra il 1877 e il 1878 partecipò a diverse esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo riconoscimenti per opere come "Il mattino della sagra".

    Dopo la morte del padre nel 1879, si trasferì definitivamente a Venezia. Nel 1881 iniziò le escursioni a Chioggia, dove creò capolavori come "Refugium peccatorum" e "Ave Maria". Partecipò a numerose esposizioni internazionali, vincendo premi e ottenendo grande successo, come la medaglia d'oro a Monaco di Baviera nel 1884 per "Refugium peccatorum".

    Nel 1887 fu nominato cavaliere della Corona d'Italia. Sposò Rina Priuli Bon nel 1888, trasferendosi alle Zattere di Venezia. Nel 1891 fu nominato socio onorario di Brera. Partecipò alla prima Biennale di Venezia nel 1895 e ad altre mostre internazionali, continuando a produrre opere di grande successo.

    Durante la prima guerra mondiale, Nono si trasferì a Bologna e continuò a dipingere per mercanti d'arte. Nominato commendatore nel 1915, tornò a Venezia gravemente malato nel 1918 e morì il 15 ottobre nella sua casa alle Zattere. Le sue opere sono oggi conservate in varie collezioni e musei, segno del suo duraturo contributo all'arte italiana.

    STIMA:
    min € 8000 - max € 10000
    Base Asta:
    € 4000

  • Lotto 6  

    Venezia

    Pietro Fragiacomo Pietro Fragiacomo
    Trieste 1856 - Venezia 1922
    Olio su tela cm 25x52 firmato in basso a dx P.Fragiacomo

    Pietro Fragiacomo, nato a Trieste nel 1856, si trasferì a Venezia da giovane e iniziò a lavorare presso la Società Veneta di Costruzioni Meccaniche. Dopo aver abbandonato gli studi all'Accademia di Belle Arti, continuò a dipingere sotto l'influenza di artisti come Giacomo Favretto ed Ettore Tito.
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    Nel 1880, espose alla mostra nazionale di Torino e successivamente partecipò a varie esposizioni nazionali e internazionali.

    La sua pittura si concentrò sul paesaggio dell'entroterra lagunare veneziano, privilegiando vedute meno convenzionali e popolari rispetto ai suoi contemporanei. Nei suoi dipinti, la veduta diventava un mezzo per esprimere il suo stato d'animo, come evidenziato nei titoli come "Pace" e "Riposo". Nel 1893, ottenne riconoscimento con "La campana della sera", un dipinto che rappresenta un suggestivo scorcio veneziano al tramonto.

    Negli anni Novanta, Fragiacomo cambiò il suo stile, adottando una pittura più materica e sperimentando l'uso della tempera con sovrapposizioni di velature a olio. Nel 1895, entrò nel comitato organizzatore della Biennale di Venezia, esponendo regolarmente alla manifestazione. Nel corso del Novecento, esplorò influenze dell'Art Nouveau e partecipò a esposizioni nazionali e internazionali.

    La sua vasta produzione, stimata in circa 500 opere, è oggi dispersa tra collezioni private e pubbliche. Pietro Fragiacomo morì a Venezia nel 1922. Anche sua sorella, Antonietta, fu una pittrice di paesaggi, partecipando attivamente alla Biennale di Venezia e continuando la sua carriera fino a data di morte sconosciuta.

    STIMA:
    min € 12000 - max € 15000
    Base Asta:
    € 7000

  • Lotto 7  

    Famiglia romana

    Francesco Ballesio Francesco Ballesio
    Torino 1860 - Tivoli 1923
    Olio su tela cm 70x130.5 firmato in basso dx F.Ballesio Roma

    Francesco Ballesio nacque a Torino nel 1860 in una famiglia borghese e mostrò fin da giovane una forte inclinazione per il disegno e la pittura. Studiò all’Accademia Albertina di Belle Arti, dove ricevette una solida formazione accademica, per poi trasferirsi a Roma, città nella quale completò gli studi e si stabilì definitivamente.
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    Nella capitale, aprì inizialmente uno studio in via Ripetta e successivamente in via Flaminia, entrando in contatto con l’ambiente artistico romano di fine Ottocento, vivace e cosmopolita.

    La sua prima affermazione pubblica avvenne nel 1884, quando partecipò all’Esposizione Generale di Torino con l’opera Ancora onesta. . . , che ricevette consensi per l’eleganza compositiva e la finezza dell’esecuzione. Da quel momento la sua produzione si concentrò su due filoni principali: le scene di genere ambientate nella vita quotidiana borghese e i soggetti di ispirazione orientalista, all’epoca molto richiesti dal mercato.

    Ballesio fu particolarmente apprezzato per la sua abilità nel rappresentare figure femminili in interni raffinati, momenti domestici, o piccoli episodi animati da un senso di grazia e leggerezza. Parallelamente, le sue opere di gusto orientale – raffiguranti mercanti, musicisti o danzatrici in ambienti esotici – rivelano un interesse più estetico che documentario, costruito attraverso uno sguardo colto e decorativo piuttosto che attraverso l’esperienza diretta dei luoghi. Nonostante non avesse viaggiato in Oriente, Ballesio riuscì a creare ambientazioni convincenti grazie all’uso di fotografie e incisioni, restituendo con equilibrio e maestria il fascino dell’esotico.

    Accanto alla pittura a olio, coltivò con particolare successo la tecnica dell’acquerello, che gli permise di rendere con leggerezza cromatica e precisione formale la delicatezza delle sue scene. Il suo stile, limpido e controllato, rispecchia il gusto borghese dell’epoca: una pittura elegante, narrativamente misurata, attenta ai dettagli e alla piacevolezza visiva.

    Nel 1874 sposò una donna piemontese e, trasferitosi poi a Tivoli nel 1912, vi trascorse gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi alla famiglia e alla pittura fino alla morte, avvenuta nel 1923. Ebbe dodici figli, e la sua casa divenne un luogo sereno dove continuò a lavorare in un clima domestico e raccolto.

    Le opere di Francesco Ballesio, molto apprezzate dal collezionismo inglese e americano, circolarono a lungo sul mercato internazionale.

    STIMA:
    min € 12000 - max € 15000
    Base Asta:
    € 5000

  • Angelo Protti Angelo Protti
    Attivo a Milano tra il 1835 - 1875
    Olio su tela cm 84.5x140 firmato in basso sx Protti Ang.1872

    Esposto e pubblicato catalogo: Esposizione di Belle Arti di Milano
    Angelo Protti fu un pittore lombardo attivo tra la metà e la fine dell’Ottocento, la cui figura, pur poco documentata, occupa un posto interessante nella tradizione del paesaggio italiano. Nato e formatosi con ogni probabilità a Milano, è attestato in attività tra il 1835 e il 1875.
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    I primi lavori noti mostrano una spiccata attenzione per la prospettiva e l’architettura, segno di un’influenza esercitata dalla scuola dei “Migliaristi”, pittori lombardi specializzati in vedute urbane e in interni prospettici.

    Con il passare degli anni, Protti si orientò verso una pittura più legata all’osservazione della natura. Le sue vedute dei laghi e delle campagne lombarde rivelano un interesse crescente per la luce e per la resa atmosferica, senza tuttavia abbandonare il rigore costruttivo appreso nella formazione accademica. Le opere dedicate ai paesaggi di Lecco, Pescarenico e Garlate testimoniano la capacità dell’artista di unire precisione descrittiva e sensibilità lirica, offrendo immagini tranquille e armoniose della Lombardia di metà secolo.

    Nel 1872 partecipò all’Esposizione di Belle Arti di Milano con i dipinti Veduta di Pescarenico, Veduta di Lecco e con un disegno a matita raffigurante Beatrice Cenci, opere che gli valsero l’attenzione della critica locale. La sua produzione, tuttavia, rimase lontana dalle correnti più sperimentali dell’epoca, conservando un tono sobrio e misurato, in linea con la tradizione brianzola e milanese del paesaggio realistico.

    Un piccolo ma significativo autoritratto, oggi conservato alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, mostra un volto attento e riflessivo, coerente con la discrezione della sua figura artistica. Di lui non si conoscono con certezza le date di nascita e di morte, ma la sua attività è documentata a Milano fino agli anni successivi al 1873, segno di una carriera coerente e legata all’ambiente lombardo.

    STIMA:
    min € 18000 - max € 20000
    Base Asta:
    € 6000

  • Achille Formis Achille Formis
    Napoli 1830 - Milano 1906
    Olio su tela cm 75x60 firmato in basso a sx A.Formis

    Achille Formis, nato Achille Befani l’15 settembre 1832 a Napoli e morto il 28 ottobre 1906 a Milano, fu un pittore italiano che seppe coniugare una formazione legata al canto lirico con una successiva e profonda dedizione alla pittura del paesaggio e delle vedute. In giovane età frequentò l’Accademia di Belle Arti di Napoli e inizialmente coltivò la carriera di basso nei teatri italiani sotto lo pseudonimo “Formis” — cognome materno — prima di dedicarsi definitivamente all’arte visiva negli anni Sessanta.
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    Trasferitosi a Milano, intraprese un nuovo percorso iscrivendosi all’Accademia di Brera e immergendosi nell’ambiente milanese del paesaggismo lombardo. In quegli anni avviò un intenso lavoro “dal vero” nelle campagne, lungo laghi e fiumi del Nord Italia, in cui emergeva la sua predilezione per la natura osservata direttamente: boschi, rive, laghi, ma anche ambienti orientali che aveva visitato durante viaggi in Egitto e Turchia. Questi soggiorni nel Levante gli permisero di introdurre nella sua pittura tematiche esotiche — villaggi arabi, scene turche, la luce nord-africana — che accrebbero la varietà del suo repertorio.

    Lo stile di Formis si caratterizza per un’adesione sincera al paesaggio, con pennellate spesso rapide e tattili, tavolozza luminosa ma equilibrata e composizioni che alternano vasti spazi aperti a dettagli di vita quotidiana. Pur non aderendo alle correnti più radicali del suo tempo, egli fu riconosciuto come figura di spicco del naturalismo lombardo, collaborando e dialogando con artisti quali Eugenio Gignous. Le sue opere testimoniano una capacità di cogliere l’atmosfera di un luogo: il riflesso luminoso sul lago, la nebbia mattutina sulla pianura, il fascino orientale di una luce sconosciuta.

    Formis partecipò con regolarità alle Esposizioni nazionali di Belle Arti, mostre della Permanente di Milano e manifestazioni internazionali, ottenendo apprezzamento per la freschezza della visione e per la tecnica matura. Tra le sue opere più note si segnalano paesaggi sul lago di Varese, scene agricole mantovane e marine lagunari. Nell’ultimo periodo della sua carriera si fece più sottile nella stesura della materia e più audace nei tagli prospettici, pur restando fedele al suo linguaggio visivo sobrio e ben calibrato.

    Morì a Milano nel 1906.

    STIMA:
    min € 5000 - max € 6000
    Base Asta:
    € 1500

  • Alessandro Milesi Alessandro Milesi
    Venezia 1856-1945
    Olio su tela cm 71x43 firmato in basso a sx Milesi

    Alessandro Milesi, figlio di Giovanni Maria, un commerciante all'ingrosso di granaglie, e della sua seconda moglie Lucia Viola, vide la luce a Venezia il 29 aprile 1856. Fu battezzato il 4 maggio nella parrocchia di S.
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    Trovaso, contribuendo così alla ricca tradizione artistica di questa città lagunare.

    La sua giovinezza fu segnata da sfide economiche a causa della malattia del padre, che lo spinsero a iniziare a lavorare come tabaccaio nei pressi di S. Simeone. Tuttavia, la sua passione per l'arte lo spinse a perseguire una carriera artistica.

    A soli tredici anni, il 15 novembre 1869, Alessandro si iscrisse all'Accademia di belle arti di Venezia, un importante passo nella sua formazione. Qui studiò con impegno e ottenne risultati lodevoli, come attestato dai documenti conservati negli Archivi dell'Accademia.

    Il suo percorso artistico lo portò successivamente a Verona, dove seguì il suo insegnante Napoleone Nani. Grazie all'aiuto di Nani, ottenne commissioni importanti, tra cui il dipinto del soffitto di una chiesa a Isola della Scala e altri lavori significativi.

    Tornato a Venezia, Alessandro Milesi creò opere notevoli, tra cui i ritratti del padre e della madre, esposti in importanti gallerie d'arte. Espose in diverse mostre nazionali ed internazionali, guadagnandosi una crescente reputazione.

    Le sue opere spesso rappresentavano scene di vita quotidiana veneziana, con gruppi di persone intente al lavoro o alla conversazione, influenzate dalla tendenza artistica di quegli anni. Le sue composizioni richiamavano l'attenzione di collezionisti e artisti stranieri.

    Nel 1886, Alessandro Milesi si sposò con Maria Ciardi, anch'essa proveniente da una famiglia di artisti. Continuò a dipingere con passione, realizzando ritratti e opere di grande impegno sociale.

    Partecipò regolarmente alla Biennale di Venezia, esponendo diverse opere che ottennero apprezzamento e premi. Il suo contributo all'arte veneziana fu significativo, con opere che riflettevano la vita e la cultura della città.

    Nel 1934, realizzò una pala d'altare per la chiesa di S. Teresa a Venezia, una delle rare opere a soggetto religioso della sua carriera.

    Alessandro Milesi trascorse gran parte della sua vita a Venezia, contribuendo in modo significativo alla scena artistica della città. Morì il 29 ottobre 1945 a Venezia, lasciando un eredità duratura nel mondo dell'arte veneziana. Le sue opere continuano a essere ammirate e studiate per la loro bellezza e autenticità.

    STIMA:
    min € 8000 - max € 10000
    Base Asta:
    € 2000

  • Lotto 11  

    Ritratto di Nobildonna

    Federico Zandomeneghi Federico Zandomeneghi
    Venezia 1841 - Parigi 1917
    Olio su tela cm 58,5x50 firmato in basso a dx F.Zandomeneghi

    Federico Zandomeneghi nacque a Venezia il 2 giugno 1841 in una famiglia d’artisti: il padre Pietro e il nonno Luigi erano scultori di fama, ma lui, fin da giovane, mostrò una naturale inclinazione per la pittura. Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, la sua carriera fu segnata dagli eventi storici del tempo.
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    Nel 1859, per sfuggire alla leva dell’esercito austriaco, lasciò la città natale e, l’anno successivo, partecipò come volontario all’impresa dei Mille di Garibaldi in Sicilia, esperienza che gli conferì un profondo senso di libertà e indipendenza.

    Nel 1862 si trasferì a Firenze, dove entrò in contatto con gli artisti del gruppo dei Macchiaioli, tra cui Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Giuseppe Abbati. L’incontro con questa cerchia fu decisivo: Zandomeneghi iniziò a dipingere all’aperto, a studiare la luce naturale e a usare il colore in modo più diretto e vibrante. La sua pittura di questi anni si caratterizza per l’attenzione alla vita quotidiana e per la rappresentazione realistica del paesaggio toscano, elementi che prefigurano la sua futura adesione all’Impressionismo.

    Nel 1874 partì per Parigi, città che divenne la sua nuova patria artistica. Lì frequentò gli ambienti più innovativi dell’epoca, incontrando Edgar Degas, con cui instaurò un’amicizia duratura, e partecipando alle mostre del gruppo impressionista tra il 1879 e il 1886. In Francia, Zandomeneghi trovò la piena maturità stilistica: la sua pittura si fece più luminosa, attenta agli effetti ottici e alle sfumature atmosferiche, ma mantenne sempre una compostezza e un equilibrio tipicamente italiani.

    I soggetti prediletti divennero le figure femminili colte nella vita di ogni giorno: donne che leggono, si pettinano, lavorano, conversano. In queste scene intime e silenziose, spesso realizzate con la tecnica del pastello, l’artista esprimeva una sensibilità poetica e un’osservazione acuta della realtà borghese. Il colore, morbido e trasparente, divenne il veicolo principale delle sue emozioni, conferendo alle sue opere un tono di dolcezza e di introspezione.

    Pur vivendo a Parigi, Zandomeneghi conservò sempre un legame profondo con le sue origini italiane. Nella luce delle sue tele e nella compostezza delle figure si ritrova l’eredità veneziana, unita alla libertà cromatica appresa in Francia. Questa fusione di discipline e culture fa di lui un ponte ideale tra la tradizione pittorica italiana e l’avanguardia europea.

    Morì a Parigi il 31 dicembre 1917, dopo una vita interamente dedicata alla pittura.

    STIMA:
    min € 10000 - max € 12000
    Base Asta:
    € 3500

  • Lotto 12  

    Lago di Como 1885

    Bartolomeo Giuliano Bartolomeo Giuliano
    Susa 1825 - Milano 1909
    Olio su tela cm 47,5x75 firmato in basso a sx B.Giuliano

    Bartolomeo Giuliano è stato un pittore italiano del XIX secolo, nato a Susa il 15 agosto 1825 e morto a Milano il 12 aprile 1909. La sua biografia rivela una carriera ricca di esperienze e riconoscimenti nel panorama artistico italiano.
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    Giuliano iniziò la sua formazione a Torino presso l'Accademia Albertina, dove fu allievo di artisti come G. B. Biscarra e C. Arienti. Dopo aver lavorato in Sardegna con il padre, medico, e aver prodotto disegni e acquerelli ispirati al paesaggio locale, si trasferì a Firenze e successivamente a Milano. Questi spostamenti geografici influenzarono profondamente il suo stile pittorico, che si evolse da una pittura di storia e paesaggio di impronta romantica a una più variegata esplorazione dei generi pittorici.

    Nel 1860 o 1861, Giuliano sposò Federica Giuseppina Gervasoni, anch'essa pittrice, e si trasferì definitivamente a Milano grazie all'incarico accademico del suocero. Qui, divenne primo aggiunto di R. Casnedi all'Accademia di Brera, insegnando fino al 1883 e partecipando attivamente alla vita accademica.

    La sua produzione artistica comprende dipinti di storia, paesaggi, ritratti e scene di genere. Tra le opere più celebri si annoverano "Passaggio travaglioso per Susa dell'imperatore Federico Barbarossa" e "Van Dyck dipinge i figli di Carlo I". Nel corso della sua carriera, Giuliano partecipò regolarmente alle esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo un notevole successo anche all'estero.

    Giuliano si distinse per un approccio pittorico che si adattava ai cambiamenti di gusto del suo tempo, spaziando dal romanticismo iniziale a un realismo più marcato verso la fine della sua carriera. Fu anche attivo nella ritrattistica e nella pittura decorativa, contribuendo anche con opere murali alla Galleria Vittorio Emanuele II di Milano.

    La sua eredità artistica è oggi conservata in numerose collezioni pubbliche e private, testimoniando il suo ruolo significativo nel panorama artistico italiano dell'Ottocento.

    STIMA:
    min € 8000 - max € 10000
    Base Asta:
    € 2500

  • Francesco Filippini Francesco Filippini
    Brescia 1853 - Milano 1895
    Olio su tavola cm 29,5x45 firmato in basso a dx F.Filippini

    Francesco Filippini nacque a Brescia il 18 settembre 1853 da Lorenzo, falegname, e Silvia Signoria, operaia cucitrice. A causa delle difficili condizioni familiari, sin da giovane iniziò a lavorare, dapprima come garzone in una pasticceria cittadina e successivamente come scrivano presso lo studio di un notaio.
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    Tuttavia, già da giovane manifestò il suo talento artistico realizzando alcuni ritratti della famiglia Chiappa, proprietaria della pasticceria dove lavorava (Nicodemi, 1933, p. 4).

    Per approfondire le sue competenze artistiche, si iscrisse alla civica scuola di disegno presso la Pinacoteca Tosio di Brescia, dove studiava Giuseppe Ariassi, un artista seguace dell'accademia classica. Il suo apprendistato presso Luigi Campini contribuì a solidificare le sue capacità nel rappresentare figure realistiche integrate nel paesaggio, uno stile che avrebbe caratterizzato tutto il suo percorso artistico.

    Il suo impegno negli studi e il suo talento attirarono l'attenzione della commissione di tutela della scuola, che nel 1872 propose un sussidio del Comune per lui e per l'amico coetaneo Luigi Lombardi. Questo sostegno finanziario permise a Filippini di continuare i suoi studi e di entrare nell'ambito dell'artista bresciano Benedetto Schermini, da cui acquisì un approccio sobrio alla pittura.

    Nel 1875, grazie all'aiuto di Paolo Da Ponte, ottenne una pensione che lo portò a Milano, dove studiò con Giuseppe Bertini e venne influenzato dalle opere di Tranquillo Cremona, Ottone Silvestri e Leonardo Bistolfi. Nonostante le speranze di entrare nel corpo delle guardie di finanza, Filippini non fu accettato per motivi di salute, decidendo così di concentrarsi completamente sulla pittura.

    A Milano, dove si stabilì definitivamente a partire dal 1880, Filippini divenne parte integrante della scena artistica, esponendo regolarmente alla mostra annuale dell'Accademia di Brera. La sua produzione artistica comprendeva principalmente paesaggi ispirati dalle sue estati trascorse a Gardone Val Trompia e altri luoghi naturali italiani.

    Il successo di Filippini lo portò a frequentare salotti e circoli mondani, dove fu apprezzato non solo per la sua arte, ma anche per il suo stile elegante e per i ritratti vivaci che dipinse. Espose con successo in numerose esposizioni nazionali e internazionali, guadagnandosi riconoscimenti come il premio Fumagalli per il paesaggio nel 1887 e diventando socio onorario dell'Accademia di Belle Arti di Brera nel 1888.

    Nel corso della sua carriera, Filippini mantenne legami con la sua città natale di Brescia e con altri artisti lombardi, inclusi i maestri del divisionismo come Giovanni Segantini. La sua pittura, influenzata dal realismo e dalle nuove tendenze impressioniste, si distinse per la sua tecnica sottile e lirica nel ritrarre l'atmosfera dei paesaggi naturali e urbani.

    Francesco Filippini morì a Milano il 6 marzo 1895, lasciando un'impronta significativa nella pittura italiana dell'Ottocento.

    STIMA:
    min € 10000 - max € 12000
    Base Asta:
    € 6000

  • Giovanni Renica Giovanni Renica
    Montirone 1808 - Brescia 1884
    Olio su tela cm 35x47,5 firmato in basso a dx G.Renica

    Giovanni Renica nacque a Montirone (Brescia) nel marzo 1808 e mostrò sin da giovane una forte inclinazione per la pittura, allontanandosi presto da una formazione limitata al disegno tecnico. Grazie all’intervento dell’architetto Rodolfo Vantini poté trasferirsi a Milano, dove frequentò la scuola del maestro Giovanni Migliara e affinò il suo linguaggio pittorico.
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    Negli anni Trenta dell’Ottocento Renica iniziò a farsi conoscere grazie a vedute panoramiche e urbane destinate alle esposizioni milanesi e bresciane e a committenze private. La sua sensibilità per la prospettiva e la luce lo collocava saldamente nella tradizione lombarda del vedutismo romantico, ma allo stesso tempo egli intraprese un viaggio straordinario che avrebbe segnato la sua produzione. Tra il 1839 e il 1840 attraversò il Mediterraneo: toccò la Grecia, l’Egitto, la Palestina, la Turchia e la Libia, annotando schizzi e impressioni da cui trasse poi tele di ambientazione orientale. Questa esperienza lo collocò tra i primi pittori italiani a esplorare visivamente il Medio Oriente, e lasciò tracce evidenti nella sua opera.

    Dopo il suo rientro in Italia continuò a lavorare prevalentemente come paesaggista, alternando vedute della Lombardia, laghi, campagne e scorci urbani a scene “esotiche” di ambientazione medio­orientale. Il suo stile, pur fondato sul rigore prospettico e sulla descrizione, si fece via via più attento alla luce, all’atmosfera e alla resa dei dettagli “visti dal vero”. Negli anni maturi lavorò anche a insegnare e a produrre numerosi studi, schizzi e bozzetti, segno di una produzione molto legata all’osservazione diretta.

    Verso la fine della sua vita, nel 1879 fece ritorno stabilmente a Brescia, dove assunse un ruolo di rilievo nella vita culturale cittadina e cedette agli Atenei locali una vasta raccolta di studi, tavole e opere donate alla sua città natale. Colpito da una progressiva perdita della vista, dovette ritirarsi dall'attività attiva e morì il 27 agosto 1884.

    STIMA:
    min € 8000 - max € 10000
    Base Asta:
    € 2000

  • Lotto 15  

    Gruppo di soldati

    Carlo Ademollo Carlo Ademollo
    Firenze 1824 - 1911
    Olio su tela cm 78x50 firmato in basso a dx C.Ademollo

    Carlo Ademollo nacque a Firenze il 9 ottobre 1824 in una famiglia d’artisti: era nipote del celebre pittore neoclassico Luigi Ademollo, che ne incoraggiò fin da subito la vocazione artistica. Nel 1838 si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove fu allievo di Giuseppe Bezzuoli, maestro di storia e di composizione, che gli trasmise una pittura rigorosa, saldamente ancorata ai principi accademici ma aperta all’osservazione del vero.
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    Fin dagli esordi Ademollo mostrò interesse per la rappresentazione della vita contemporanea e per i grandi temi della storia nazionale. Nel 1848 partecipò alla Promotrice fiorentina con scene di genere e soggetti di vita quotidiana, caratterizzati da una narrazione vivace e da un gusto realistico che lo distingueva all’interno della pittura toscana dell’epoca. Pur frequentando gli ambienti del “Caffè Michelangelo”, centro del dibattito artistico da cui nacque la scuola dei Macchiaioli, Ademollo non aderì pienamente a quella corrente. Rimase legato a una visione più tradizionale della pittura, basata sulla chiarezza compositiva, la precisione disegnativa e la costruzione narrativa dell’immagine.

    Il periodo del Risorgimento rappresentò per lui una svolta decisiva. Animato da forte spirito patriottico, seguì da vicino le campagne militari dell’indipendenza italiana, documentandone i momenti salienti con attenzione da cronista e sensibilità da artista. Le sue tele, come L’ultimo assalto di San Martino e La breccia di Porta Pia, restituiscono con partecipazione emotiva la tensione e l’eroismo di quegli eventi, diventando testimonianze visive della nascita dell’Italia unita. In queste opere la pittura si fa racconto storico, fondendo rigore compositivo e intensità drammatica.

    Oltre alle scene belliche, Ademollo dipinse ritratti, paesaggi dell’Appennino toscano e quadri di costume, mantenendo sempre una pittura attenta al disegno e alla resa realistica dei dettagli. Negli anni maturi ottenne importanti riconoscimenti e incarichi accademici: divenne professore all’Accademia di Belle Arti di Firenze e membro di diverse istituzioni artistiche italiane, consolidando la sua fama di pittore colto e coerente.

    Carlo Ademollo morì a Firenze il 15 luglio 1911

    STIMA:
    min € 7000 - max € 9000
    Base Asta:
    € 1500

  • Lotto 16  

    La poppata 1905

    Cesare Laurenti Cesare Laurenti
    Mesola (FE) 1854 - Venezia 1937
    Olio su tela cm 160x98 firmato in alto a dx C.Laurenti

    Cesare Laurenti nacque il 6 novembre 1854 a Mesola, un piccolo comune nel Ferrarese. La sua passione per l'arte emerse sin da giovane, nonostante le iniziali resistenze familiari.
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    A 18 anni si trasferì a Padova per studiare disegno sotto la guida dello scultore Luigi Ceccon, grazie anche al supporto del conte Leopoldo Ferri. Nel 1876 si spostò a Firenze per frequentare l'Accademia di Belle Arti, dove approfondì lo studio dei maestri rinascimentali. Due anni dopo, si trasferì a Napoli, dove lavorò con il pittore Domenico Morelli, uno dei principali innovatori della pittura italiana dell'Ottocento.

    Nel 1881 Laurenti ritornò a Padova, ma fu a Venezia che il suo stile si affinò sotto l'influenza di Giacomo Favretto, uno degli artisti più vivaci del periodo. Durante questo periodo, iniziò a concentrarsi su temi mitologici e letterari, ottenendo riconoscimenti significativi. Nel 1891, alla Prima Esposizione Triennale della Regia Accademia di Belle Arti di Brera, vinse il Premio Principe Umberto con l'opera "Le Parche". Il suo stile si evolse nel corso degli anni, avvicinandosi al simbolismo, come dimostra il suo lavoro "Fioritura Nova", conservato a Ca' Pesaro.

    Nel 1903, Laurenti realizzò il grande fregio "Le statue d'oro" per la ditta ceramica Gregorj di Treviso, che fu presentato alla Biennale di Venezia dello stesso anno. Nel 1907 gli fu dedicata una sala personale alla Biennale di Venezia e partecipò alla commissione per la ricostruzione del campanile di San Marco. Laurenti fu anche coinvolto nella realizzazione della Pescheria di Rialto, completata nel 1908, dove collaborò con l'architetto Domenico Rupolo.

    Cesare Laurenti morì a Venezia il 8 novembre 1936, lasciando un'impronta indelebile nel panorama artistico italiano, testimoniata dalle sue opere che continuano a essere apprezzate per la loro bellezza e profondità culturale.

    STIMA:
    min € 12000 - max € 15000
    Base Asta:
    € 4000

  • Francesco Netti Francesco Netti
    Santeramo In Colle (BA) 1832 - Napoli 1894
    Olio su tela cm 62x50 firmato in basso a dx F.Netti

    Nacque il 24 dicembre 1832 a Santeramo in Colle (Bari), figlio di Nicola, ricco possidente terriero, e di Giuseppa Vitale, originaria di Conversano.

    Dal 1843 frequentò a Napoli il collegio degli scolopi a S.
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    Carlo alle Mortelle, dove il rettore gli commissionò il primo quadro per la cappella dell’istituto, "La morte di s. Giuseppe Calasanzio", ancora oggi conservato lì. Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita per volontà della famiglia, nel 1855 si iscrisse al Reale Istituto di belle arti di Napoli, dove rimase solo un anno, mostrando insofferenza verso l’insegnamento accademico. Studiava già da tempo pittura, prima con Giuseppe Bonolis, poi con Michele De Napoli e Tommaso De Vivo. Tra il 1856 e il 1859 soggiornò a Roma con l’amico Pasquale De Crescito. Tornato a Napoli, nel 1860 frequentò l’atelier di Domenico Morelli e dipinse il "Ritratto del fratello Antonio". Nel 1861 presentò "Follia di Haidée" alla I Esposizione italiana di Firenze, cercando di distanziarsi dall’influenza di Morelli per trovare una propria individualità artistica. Nel 1862 partecipò alla I Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli con "Rimembranze del 15 maggio 1848".

    Da quell’anno, fino al 1866, prese parte a tutte le Promotrici napoletane e tra il 1862 e il 1864 frequentò la scuola di nudo di Filippo Palizzi. L’influenza dei macchiaioli toscani si riflette in opere come "La pioggia o Acquazzone" del 1864. Nel 1866 ottenne grande successo con "Una processione di penitenza al ponte della Maddalena durante l’eruzione del Vesuvio del 1794". Trasferitosi a Parigi nello stesso anno, vi rimase fino al 1871, soggiornando a Grez-sur-Loing, frequentato da vari artisti tra cui John Singer Sargent. In quel periodo dipinse opere en plein air come "Festa a Grez" e "L’onomastico".

    Durante la guerra franco-prussiana del 1870 fece ritorno a Parigi, aiutando la Croce Rossa Italiana e dipingendo poche opere come "Barricata in una strada". Altri lavori parigini includono "Orgia e lavoro" e "La sortie du bal, rue de l’Académie de Médecine", quest’ultimo concluso nel 1872 dopo il ritorno a Napoli.

    Nel 1871 tornò a Napoli, dove le opportunità artistiche erano scarse. Si dedicò alla preparazione del VII Congresso pedagogico e all’attività giornalistica. Nel 1874 intraprese un viaggio di studio a Padova, Ferrara e Venezia, che ispirò opere come "Suicidio nella calle". Negli anni napoletani, dipinse vari paesaggi ispirati a Santeramo e opere come "Sulla via di Santeramo". Tra il 1875 e il 1876 scrisse l’articolo "Il Vesuvio" e nel 1876 ricevette una commissione per una pala d’altare per la cattedrale di Altamura.

    Nel 1880 presentò "Lotta dei gladiatori durante una cena a Pompei" all’Esposizione artistica nazionale di Torino. Negli anni successivi, si concentrò su soggetti di storia contemporanea, come "In corte d’assise", ispirato al processo Fadda.

    Nel 1884, invitato in crociera da Giuseppe Caravita, principe di Sirignano, visitò Atene e la Turchia, realizzando numerosi disegni e acquerelli. Tornato a Napoli, arredò il suo studio in stile orientale. Nel 1885 iniziò a far uso della fotografia, influenzato da Francesco Paolo Michetti. Dal 1886 al 1890 lavorò a "Le ricamatrici levantine", mentre nel 1887, dopo la morte della cognata, dipinse "La crisi".

    Negli ultimi anni, partecipò solo alla Promotrice napoletana del 1888 e continuò a scrivere e tradurre opere di Schiller e Goethe. Si dedicò a scene agresti dipinte e fotografie, influenzato da Courbet e Millet. Dal 1890 alla morte dipinse quadri con protagonisti i mietitori, come "Riposo in mietitura" e "La messe".

    Nel 1891 eseguì decorazioni per il principe di Sirignano. Sofferente di malattia polmonare, visse perlopiù a Santeramo, dove morì il 28 agosto 1894.

    STIMA:
    min € 8000 - max € 10000
    Base Asta:
    € 2000

  • Francesco Netti Francesco Netti
    Santeramo In Colle (BA) 1832 - Napoli 1894
    Olio su cartone cm 30x21 firmato in basso a sx Netti

    Nacque il 24 dicembre 1832 a Santeramo in Colle (Bari), figlio di Nicola, ricco possidente terriero, e di Giuseppa Vitale, originaria di Conversano.

    Dal 1843 frequentò a Napoli il collegio degli scolopi a S.
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    Carlo alle Mortelle, dove il rettore gli commissionò il primo quadro per la cappella dell’istituto, "La morte di s. Giuseppe Calasanzio", ancora oggi conservato lì. Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita per volontà della famiglia, nel 1855 si iscrisse al Reale Istituto di belle arti di Napoli, dove rimase solo un anno, mostrando insofferenza verso l’insegnamento accademico. Studiava già da tempo pittura, prima con Giuseppe Bonolis, poi con Michele De Napoli e Tommaso De Vivo. Tra il 1856 e il 1859 soggiornò a Roma con l’amico Pasquale De Crescito. Tornato a Napoli, nel 1860 frequentò l’atelier di Domenico Morelli e dipinse il "Ritratto del fratello Antonio". Nel 1861 presentò "Follia di Haidée" alla I Esposizione italiana di Firenze, cercando di distanziarsi dall’influenza di Morelli per trovare una propria individualità artistica. Nel 1862 partecipò alla I Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli con "Rimembranze del 15 maggio 1848".

    Da quell’anno, fino al 1866, prese parte a tutte le Promotrici napoletane e tra il 1862 e il 1864 frequentò la scuola di nudo di Filippo Palizzi. L’influenza dei macchiaioli toscani si riflette in opere come "La pioggia o Acquazzone" del 1864. Nel 1866 ottenne grande successo con "Una processione di penitenza al ponte della Maddalena durante l’eruzione del Vesuvio del 1794". Trasferitosi a Parigi nello stesso anno, vi rimase fino al 1871, soggiornando a Grez-sur-Loing, frequentato da vari artisti tra cui John Singer Sargent. In quel periodo dipinse opere en plein air come "Festa a Grez" e "L’onomastico".

    Durante la guerra franco-prussiana del 1870 fece ritorno a Parigi, aiutando la Croce Rossa Italiana e dipingendo poche opere come "Barricata in una strada". Altri lavori parigini includono "Orgia e lavoro" e "La sortie du bal, rue de l’Académie de Médecine", quest’ultimo concluso nel 1872 dopo il ritorno a Napoli.

    Nel 1871 tornò a Napoli, dove le opportunità artistiche erano scarse. Si dedicò alla preparazione del VII Congresso pedagogico e all’attività giornalistica. Nel 1874 intraprese un viaggio di studio a Padova, Ferrara e Venezia, che ispirò opere come "Suicidio nella calle". Negli anni napoletani, dipinse vari paesaggi ispirati a Santeramo e opere come "Sulla via di Santeramo". Tra il 1875 e il 1876 scrisse l’articolo "Il Vesuvio" e nel 1876 ricevette una commissione per una pala d’altare per la cattedrale di Altamura.

    Nel 1880 presentò "Lotta dei gladiatori durante una cena a Pompei" all’Esposizione artistica nazionale di Torino. Negli anni successivi, si concentrò su soggetti di storia contemporanea, come "In corte d’assise", ispirato al processo Fadda.

    Nel 1884, invitato in crociera da Giuseppe Caravita, principe di Sirignano, visitò Atene e la Turchia, realizzando numerosi disegni e acquerelli. Tornato a Napoli, arredò il suo studio in stile orientale. Nel 1885 iniziò a far uso della fotografia, influenzato da Francesco Paolo Michetti. Dal 1886 al 1890 lavorò a "Le ricamatrici levantine", mentre nel 1887, dopo la morte della cognata, dipinse "La crisi".

    Negli ultimi anni, partecipò solo alla Promotrice napoletana del 1888 e continuò a scrivere e tradurre opere di Schiller e Goethe. Si dedicò a scene agresti dipinte e fotografie, influenzato da Courbet e Millet. Dal 1890 alla morte dipinse quadri con protagonisti i mietitori, come "Riposo in mietitura" e "La messe".

    Nel 1891 eseguì decorazioni per il principe di Sirignano. Sofferente di malattia polmonare, visse perlopiù a Santeramo, dove morì il 28 agosto 1894.

    STIMA:
    min € 2000 - max € 2500
    Base Asta:
    € 900

  • Lotto 19  

    Scena d'interno

    Enrico Castellaneta Enrico Castellaneta
    Gioia del Colle 1862 - Bari 1953
    Olio su tela cm 37x50 firmato in basso a dx E.Castellaneta

    Enrico Castellaneta nacque a Gioia del Colle, in provincia di Bari, il 27 maggio 1862, in una famiglia colta e benestante: il padre Vincenzo, architetto e sindaco della città, e la madre Maria Labriola, originaria di Altamura. Fin da giovanissimo mostrò una naturale inclinazione per il disegno, tanto che, nonostante le aspettative paterne di una carriera tecnica, scelse di dedicarsi alla pittura.
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    Dopo aver frequentato le scuole tecniche di Altamura e l’Istituto Tecnico della sua città, decise di proseguire gli studi artistici a Napoli, allora uno dei centri più vivaci della pittura italiana.

    All’Accademia di Belle Arti partenopea seguì i corsi di maestri come Domenico Morelli, Filippo Palizzi e Gioacchino Toma, dai quali apprese l’importanza dell’osservazione diretta e la sensibilità luminosa tipica della scuola napoletana. Nel 1891 esordì alla Promotrice di Napoli con alcune opere di genere e d’interni, tra cui In chiesa e Interno, che furono accolte positivamente dalla critica. Due anni più tardi ottenne il diploma di insegnante di disegno, affermandosi come pittore maturo e tecnico competente.

    A partire dal 1894 si trasferì a Capri, dove rimase per oltre un decennio. L’isola esercitò su di lui un fascino profondo: la luce, i colori e la vita quotidiana di quel luogo divennero temi centrali della sua arte. Durante questo periodo realizzò numerosi oli e acquerelli che raffigurano scorci mediterranei, paesaggi costieri e scene di vita popolare. Le sue opere, dal tono poetico e luminoso, furono acquistate da collezionisti italiani e stranieri, tra i quali lo scrittore russo Maksim Gorkij e l’industriale tedesco Friedrich Alfred Krupp. La pittura di Castellaneta si arricchì in questi anni di una tavolozza più vibrante e di una pennellata libera, attenta alle variazioni atmosferiche e alla resa del colore naturale.

    Nel 1906 tornò a Gioia del Colle, dove si dedicò non solo alla pittura ma anche alla promozione culturale. Fondò una scuola di disegno e nel 1911 organizzò la “Mostra d’Arte Moderna” del Comune, contribuendo alla crescita artistica del territorio. In questo periodo la sua produzione si concentrò sui paesaggi pugliesi, sui mercati, sui vicoli assolati e sulla vita contadina, raccontati con una delicatezza cromatica che unisce rigore formale e sentimento.

    La sua arte, fedele alla tradizione figurativa ma aperta a influssi moderni, si distingue per il senso di armonia e per l’intima attenzione alla luce. Attraverso la pittura a olio, il pastello e l’acquerello, Castellaneta riuscì a esprimere una visione pacata e poetica del mondo, in cui la natura e l’uomo convivono in equilibrio.

    Enrico Castellaneta morì a Bari nel 1953Enrico Castellaneta nacque a Gioia del Colle, in provincia di Bari, il 27 maggio 1862, in una famiglia colta e benestante: il padre Vincenzo, architetto e sindaco della città, e la madre Maria Labriola, originaria di Altamura. Fin da giovanissimo mostrò una naturale inclinazione per il disegno, tanto che, nonostante le aspettative paterne di una carriera tecnica, scelse di dedicarsi alla pittura. Dopo aver frequentato le scuole tecniche di Altamura e l’Istituto Tecnico della sua città, decise di proseguire gli studi artistici a Napoli, allora uno dei centri più vivaci della pittura italiana.

    All’Accademia di Belle Arti partenopea seguì i corsi di maestri come Domenico Morelli, Filippo Palizzi e Gioacchino Toma, dai quali apprese l’importanza dell’osservazione diretta e la sensibilità luminosa tipica della scuola napoletana. Nel 1891 esordì alla Promotrice di Napoli con alcune opere di genere e d’interni, tra cui In chiesa e Interno, che furono accolte positivamente dalla critica. Due anni più tardi ottenne il diploma di insegnante di disegno, affermandosi come pittore maturo e tecnico competente.

    A partire dal 1894 si trasferì a Capri, dove rimase per oltre un decennio. L’isola esercitò su di lui un fascino profondo: la luce, i colori e la vita quotidiana di quel luogo divennero temi centrali della sua arte. Durante questo periodo realizzò numerosi oli e acquerelli che raffigurano scorci mediterranei, paesaggi costieri e scene di vita popolare. Le sue opere, dal tono poetico e luminoso, furono acquistate da collezionisti italiani e stranieri, tra i quali lo scrittore russo Maksim Gorkij e l’industriale tedesco Friedrich Alfred Krupp. La pittura di Castellaneta si arricchì in questi anni di una tavolozza più vibrante e di una pennellata libera, attenta alle variazioni atmosferiche e alla resa del colore naturale.

    Nel 1906 tornò a Gioia del Colle, dove si dedicò non solo alla pittura ma anche alla promozione culturale. Fondò una scuola di disegno e nel 1911 organizzò la “Mostra d’Arte Moderna” del Comune, contribuendo alla crescita artistica del territorio. In questo periodo la sua produzione si concentrò sui paesaggi pugliesi, sui mercati, sui vicoli assolati e sulla vita contadina, raccontati con una delicatezza cromatica che unisce rigore formale e sentimento.

    La sua arte, fedele alla tradizione figurativa ma aperta a influssi moderni, si distingue per il senso di armonia e per l’intima attenzione alla luce. Attraverso la pittura a olio, il pastello e l’acquerello, Castellaneta riuscì a esprimere una visione pacata e poetica del mondo, in cui la natura e l’uomo convivono in equilibrio.

    Enrico Castellaneta morì a Bari nel 1953.

    STIMA:
    min € 2500 - max € 3000
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  • Lotto 20  

    Filando la lana

    Luigi Arbarello Luigi Arbarello
    Borgaro, 1860 - Torino, 1923
    Olio su tela cm 81,5x111 firmato in basso a dx L.Arbarello

    Luigi Arbarello nacque a Borgaro Torinese nel 1860. Inizialmente intraprese gli studi giuridici e ottenne una laurea in legge, esercitando per un breve periodo la professione di avvocato.
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    Tuttavia, parallelamente coltivava la passione per la pittura e, sentendosi sempre più attratto dall’arte, decise di dedicarsi completamente alla vita artistica.

    Avviato lo studio della pittura all’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Giacomo Grosso, Arbarello volle ampliare i propri orizzonti formativi con viaggi nelle capitali europee: soggiornò a Parigi e a Londra, visitò mostre internazionali e assorbì stimoli dal panorama artistico continentale. Questo percorso contribuì a plasmare il suo stile, che si fece via via riconoscibile nel paesaggismo.

    Arbarello si affermò soprattutto come pittore di paesaggio, concentrandosi sulle valli alpine piemontesi, sul lago d’Orta e sulle vedute di Chioggia e Venezia. Alle esposizioni torinesi partecipò con opere quali Dintorni di Torino e Piove sul lago d’Orta, presentate alla Mostra Generale di Torino nel 1884. L’artista espose anche all’estero, tra cui Vienna, nel 1887, consolidando la propria presenza nel panorama ottocentesco italiano. Nelle sue opere emerge una sensibilità per la luce, l’atmosfera e la quiete del paesaggio, che egli tradusse con una pittura misurata, attenta ai riflessi sull’acqua, ai colori della sera e alle figure spesso integrate negli scorci naturali.

    Pur restando lontano dalle correnti più radicali del suo tempo, Arbarello seppe dare alla tradizione del paesaggio piemontese un’impronta personale, combinando rigore descrittivo e accenti lirici. La sua carriera, sebbene non ampiamente documentata nei dettagli, dimostra un impegno costante nell’osservazione del territorio e nella resa pittorica del "vero". Morì a Torino nel 1923,Luigi Arbarello nacque a Borgaro Torinese nel 1860. Inizialmente intraprese gli studi giuridici e ottenne una laurea in legge, esercitando per un breve periodo la professione di avvocato. Tuttavia, parallelamente coltivava la passione per la pittura e, sentendosi sempre più attratto dall’arte, decise di dedicarsi completamente alla vita artistica.

    Avviato lo studio della pittura all’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Giacomo Grosso, Arbarello volle ampliare i propri orizzonti formativi con viaggi nelle capitali europee: soggiornò a Parigi e a Londra, visitò mostre internazionali e assorbì stimoli dal panorama artistico continentale. Questo percorso contribuì a plasmare il suo stile, che si fece via via riconoscibile nel paesaggismo.

    Arbarello si affermò soprattutto come pittore di paesaggio, concentrandosi sulle valli alpine piemontesi, sul lago d’Orta e sulle vedute di Chioggia e Venezia. Alle esposizioni torinesi partecipò con opere quali Dintorni di Torino e Piove sul lago d’Orta, presentate alla Mostra Generale di Torino nel 1884. L’artista espose anche all’estero, tra cui Vienna, nel 1887, consolidando la propria presenza nel panorama ottocentesco italiano. Nelle sue opere emerge una sensibilità per la luce, l’atmosfera e la quiete del paesaggio, che egli tradusse con una pittura misurata, attenta ai riflessi sull’acqua, ai colori della sera e alle figure spesso integrate negli scorci naturali.

    Pur restando lontano dalle correnti più radicali del suo tempo, Arbarello seppe dare alla tradizione del paesaggio piemontese un’impronta personale, combinando rigore descrittivo e accenti lirici. La sua carriera, sebbene non ampiamente documentata nei dettagli, dimostra un impegno costante nell’osservazione del territorio e nella resa pittorica del "vero". Morì a Torino nel 1923.

    STIMA:
    min € 4000 - max € 5000
    Base Asta:
    € 1500

  • Lotto 21  

    Scena pompeiana

    Rodolfo Morgari Rodolfo Morgari
    Torino 1827 - 1909
    Olio su tela cm 162x85 firmato in basso a sx R.Morgari

    Rodolfo Morgari nacque a Torino nel 1827 in una famiglia interamente dedita all’arte. Il padre, Giuseppe Morgari, era pittore alla corte sabauda, mentre il fratello Paolo Emilio e il nipote Luigi seguirono anch’essi la carriera artistica, dando vita a una vera e propria dinastia di pittori piemontesi dell’Ottocento.
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    Fin da giovane Rodolfo mostrò un grande talento per il disegno e si formò all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove entrò in contatto con la tradizione accademica e con i maestri che avrebbero influenzato la sua produzione successiva.

    La sua carriera si sviluppò lungo due percorsi complementari: quello del pittore e quello del decoratore-restauratore. Nel 1858 Vittorio Emanuele II lo nominò “pittore e restauratore dei Regi Palazzi”, riconoscendone la competenza tecnica e l’affidabilità professionale. In tale veste, Morgari si occupò del restauro di affreschi e tele di importanti residenze sabaude, distinguendosi per l’equilibrio tra rispetto filologico e sensibilità pittorica. Parallelamente, portò avanti un’intensa attività artistica personale, dedicandosi a soggetti religiosi, storici e allegorici, ma anche al ritratto e alla pittura di genere.

    Le sue opere più note sono gli affreschi per il Palazzo del Quirinale a Roma, realizzati nel 1888, e le grandi tele per l’Ordine Mauriziano a Torino, dove rappresentò episodi legati alla storia della Casa Savoia. In questi lavori emerge il suo stile decorativo raffinato, caratterizzato da una tavolozza calda, un disegno preciso e un gusto per la monumentalità scenica. La sua pittura, pur saldamente ancorata ai principi accademici, mostra una capacità narrativa e una ricercatezza cromatica che lo collocano tra i principali interpreti del gusto ufficiale del secondo Ottocento piemontese.

    Nel 1884 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Torino, riconoscimento che ne consacrò il prestigio come artista e restauratore. Negli ultimi anni continuò a operare con costanza, anche se con minore intensità, dedicandosi soprattutto a lavori di restauro e decorazione per chiese e palazzi.

    Rodolfo Morgari morì a Torino nel 1909Rodolfo Morgari nacque a Torino nel 1827 in una famiglia interamente dedita all’arte. Il padre, Giuseppe Morgari, era pittore alla corte sabauda, mentre il fratello Paolo Emilio e il nipote Luigi seguirono anch’essi la carriera artistica, dando vita a una vera e propria dinastia di pittori piemontesi dell’Ottocento. Fin da giovane Rodolfo mostrò un grande talento per il disegno e si formò all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove entrò in contatto con la tradizione accademica e con i maestri che avrebbero influenzato la sua produzione successiva.

    La sua carriera si sviluppò lungo due percorsi complementari: quello del pittore e quello del decoratore-restauratore. Nel 1858 Vittorio Emanuele II lo nominò “pittore e restauratore dei Regi Palazzi”, riconoscendone la competenza tecnica e l’affidabilità professionale. In tale veste, Morgari si occupò del restauro di affreschi e tele di importanti residenze sabaude, distinguendosi per l’equilibrio tra rispetto filologico e sensibilità pittorica. Parallelamente, portò avanti un’intensa attività artistica personale, dedicandosi a soggetti religiosi, storici e allegorici, ma anche al ritratto e alla pittura di genere.

    Le sue opere più note sono gli affreschi per il Palazzo del Quirinale a Roma, realizzati nel 1888, e le grandi tele per l’Ordine Mauriziano a Torino, dove rappresentò episodi legati alla storia della Casa Savoia. In questi lavori emerge il suo stile decorativo raffinato, caratterizzato da una tavolozza calda, un disegno preciso e un gusto per la monumentalità scenica. La sua pittura, pur saldamente ancorata ai principi accademici, mostra una capacità narrativa e una ricercatezza cromatica che lo collocano tra i principali interpreti del gusto ufficiale del secondo Ottocento piemontese.

    Nel 1884 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Torino, riconoscimento che ne consacrò il prestigio come artista e restauratore. Negli ultimi anni continuò a operare con costanza, anche se con minore intensità, dedicandosi soprattutto a lavori di restauro e decorazione per chiese e palazzi.

    Rodolfo Morgari morì a Torino nel 1909.

    STIMA:
    min € 10000 - max € 12000
    Base Asta:
    € 2500

  • Lotto 22  

    Tevere a Roma 1886

    Lorenzo Delleani Lorenzo Delleani
    Pollone (VC) 1840 - Torino 1908
    Olio su tavola cm 37x25 firmato in basso a dx L.Delleani

    Lorenzo Delleani nacque il 17 gennaio 1840 a Pollone Biellese, terzo figlio di Agostino, "misuratore competente" nel Corpo reale del genio civile, e di Maddalena Billotti. Durante gli anni di formazione presso il collegio di Saint-Jean-de-Maurienne sviluppò un interesse per la musica e il violino, ma fu lo zio materno, Pietro Antonio Billotti (1792-1878), a indirizzarlo verso la pittura, passione condivisa anche dal fratello minore Cesare.
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    Nel 1854 si iscrisse all'Accademia Albertina di Torino, studiando con E. Gamba e successivamente con C. Arienti e A. Gastaldi. Esordì nel 1855 alla mostra della Società Promotrice di Belle Arti con l'acquarello "Testa di vecchio". Durante questi anni, si distinse con opere di soggetto storico come "Episodio dell'assedio di Ancona" (1860) e "Ulisse riconosciuto dal suo vecchio cane Argo". Nel 1863 vinse il primo premio dell'Albertina con "Studio di figura dal vero rappresentante Sordello", consolidando la sua reputazione.

    Le sue prime opere rispecchiano uno stile accademico-romantico con tagli scenografici e attenzione alla ricostruzione storica. Tuttavia, dal 1868 si orientò verso il paesaggio en plein air, con opere come "Spiaggia presso Genova", caratterizzate da un approccio più immediato e da un tocco pittorico meno rigido.

    Attivo nella vita culturale torinese, nel 1869 aderì alla società d'artisti "L'Acquaforte" e strinse amicizia con il poeta G. Camerana. Il suo viaggio a Venezia nel 1873 rafforzò l'interesse per la pittura tonale e la lezione dei maestri veneziani, influenze che si riflettono nelle sue opere degli anni Settanta. Durante questo periodo produsse sia vedute paesaggistiche sia opere di gusto orientalista, come "Tappeti da vendere" (1880) e "Fuciliere arabo a cavallo" (1881), dimostrando un interesse per l'esotismo in linea con la moda dell'epoca.

    Nel 1883 visitò l'Olanda con Camerana, un'esperienza che influenzò la sua tavolozza e il suo approccio alla luce. Da allora, incrementò la produzione di tavolette e paesaggi ispirati alle campagne piemontesi e alle vedute liguri. Senza un netto distacco dalla pittura storica, si concentrò progressivamente su scene di vita quotidiana e paesaggi vibranti di luce.

    Partecipò a numerose esposizioni: la III Esposizione nazionale italiana di Napoli (1877), la I Triennale di Milano (1891) e la I Biennale di Venezia (1895), continuando a esporre fino al 1907. Nel 1900 due sue opere furono presentate alla Mostra Universale di Parigi. Nel 1902 fu tra i promotori dell'Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino.

    Morì a Torino il 13 novembre 1908. La sua ultima opera, "Cuneo dalla Madonna della Riva", fu autenticata dall'amico scultore Leonardo Bistolfi, che gli dedicò anche un ritratto in gesso e una lapide commemorativa nel cimitero di Pollone Biellese.

    STIMA:
    min € 7000 - max € 9000
    Base Asta:
    € 2000

  • Lotto 23  

    Rose

    Giovanni Sottocornola Giovanni Sottocornola
    Milano 1855 - 1917
    Olio su tela cm 49x79 firmato in basso a sx G.Sottocornola

    Giovanni Sottocornola, nato a Milano il 1° agosto 1855, proveniva da umili origini e, rimasto orfano di padre, si iscrisse all'Accademia di belle arti di Brera nel 1875. In questo periodo, influenzato dal divisionismo, dipinse ritratti e nature morte.
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    La cultura italiana viveva un periodo di cambiamento, e Sottocornola si unì a un gruppo di innovatori che vedeva nel divisionismo una via di rinnovamento tecnico e linguistico.

    Nei primi anni Ottanta, l'artista eseguì opere divisioniste, ma la sua attenzione ai temi sociali crebbe negli anni successivi. Nel 1886, all'Esposizione nazionale di belle arti, presentò la "Frutera", testimonianza della sua transizione dalle influenze accademiche al realismo sociale. L'interesse per il lavoro divenne centrale nella sua produzione, ma senza intenti di denuncia evidenti.

    Il decennio tra il 1888 e le cannonate di Bava Beccaris (1898) fu il periodo più creativo per Sottocornola, evidenziato dalla sua partecipazione alla Triennale di Brera del 1891. Qui espose opere divisioniste come "Fuori porta" e "Il muratore". La sua pittura abbracciò un "divisionismo ideista", influenzato da Segantini e Previati, con un focus coraggioso sui temi sociali.

    La sua attenzione al lavoro femminile, evidente in opere come "Le operaie" e "Chiacchiere a Corso Garibaldi", caratterizzò la sua produzione. Sottocornola mantenne un approccio centrato sulla luce e le sue vibrazioni tonali, anche quando si avvicinò alla pittura a fresco e al restauro.

    Dopo le repressioni del 1898, Sottocornola si orientò verso l'intimismo familiare e paesaggistico, con un'evoluzione stilistica verso un divisionismo più delicato. Morì nel 1917, e la sua eredità artistica fu onorata con una mostra postuma. La sua carriera riflette il passaggio da influenze accademiche al realismo sociale e al divisionismo, con una sensibilità particolare verso i temi sociali e l'evoluzione delle condizioni di vita nella Milano industriale.

    STIMA:
    min € 7000 - max € 9000
    Base Asta:
    € 2000

  • Lotto 24  

    Le rose

    Licinio Barzanti Licinio Barzanti
    Forli 1857 - Como 1944
    Olio su tela cm 147x109 firmato in basso a sx L.Barzanti

    Licinio Barzanti nacque a Forlì il 29 ottobre 1857 e morì a Menaggio il 17 gennaio 1945. Cresciuto in un ambiente che favoriva la formazione artistica, si formò all'Accademia di Belle Arti di Firenze, sebbene gran parte del suo sviluppo artistico fosse autodidatta.
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    Fu principalmente attratto dalla pittura dal vero e dal ritratto, ma trovò la sua vera espressione nelle composizioni floreali e nei paesaggi, che divennero il suo principale campo di indagine.

    Il suo stile si distingue per la fusione di tradizione classica e tendenze veriste, unendo un realismo attento ai dettagli a una sensibilità per le luci e i colori. Le sue opere erano caratterizzate da una delicata armonia cromatica e atmosfere che spesso richiamano una visione romantica della natura. Barzanti partecipò a numerose mostre in Italia e all'estero, guadagnandosi consensi anche in Russia, dove le sue opere furono particolarmente apprezzate.

    Nel corso della sua carriera, Barzanti ebbe modo di esporre in importanti gallerie, e nel 1931 organizzò una mostra personale presso la Galleria Micheli di Milano. Nonostante il successo ottenuto durante la sua vita, fu solo successivamente, in occasione di una retrospettiva dedicata a lui nel 2014 a Forlì, che venne riconosciuto pienamente il valore del suo contributo alla pittura.

    STIMA:
    min € 5000 - max € 6000
    Base Asta:
    € 1000

  • Lotto 25  

    Giornata uggiosa 1918

    Carlo Arpini Carlo Arpini
    Ancona 1866 Monza 1922
    Olio su tela cm 62x102 firmato in basso a dx C.Arpini

    Carlo Arpini nacque ad Ancona il 10 marzo 1866 e, dopo un primo avvio agli studi commerciali, decise di seguire la sua inclinazione per l’arte iscrivendosi all’Accademia di Brera a Milano. In questo ambiente formativo ricco di stimoli affinò il proprio linguaggio pittorico e iniziò presto a esporre alle mostre milanesi, ottenendo già negli anni Novanta dell’Ottocento i primi riconoscimenti con opere come Inverno, I reietti e Il figlio della colpa.
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    La sua carriera fu segnata da numerosi soggiorni all’estero, che gli consentirono di ampliare la propria visione artistica. Il contatto con differenti paesaggi e atmosfere influenzò profondamente la sua pittura, rendendola sempre più attenta alla luce, al colore e alle variazioni atmosferiche. Arpini si dedicò soprattutto al paesaggio, privilegiando soggetti come fiumi, rive innevate, barche da pesca, cieli crepuscolari e scorci immersi nel silenzio. La sua tavolozza, spesso fredda e velata, restituisce sensazioni di quiete contemplativa.

    Tra le esposizioni più significative della sua carriera si ricordano quella torinese del 1908, in cui presentò Barche da pesca, Pace e Vespero, e la mostra di Brera dello stesso anno con Prima neve. Nel 1910 espose a Milano Ora mistica, una delle opere che meglio esprimono la sua maturità stilistica, fatta di equilibrio compositivo e intensa resa luminosa.

    Arpini mostrò nel corso degli anni una costante ricerca espressiva, lontana dalle avanguardie più radicali ma capace di evolvere verso un linguaggio personale, in bilico tra la tradizione del paesaggismo ottocentesco e le nuove sensibilità atmosferiche del primo Novecento.

    Morì a Monza il 1 aprile 1922, lasciando una produzione coerente e poetica, in cui la natura è osservata con partecipazione emotiva e restituita attraverso una pittura silenziosa, fatta di luci soffuse e di paesaggi sospesi nel tempo.

    STIMA:
    min € 3000 - max € 3500
    Base Asta:
    € 900

  • Lotto 26  

    Il ritorno dalla pesca

    Gaetano Fasanotti Gaetano Fasanotti
    Milano 1831 -1882
    Olio su tela cm 33x52 firmato in basso a dx G.Fasanotti

    Gaetano Fasanotti nacque a Milano nel 1831 e si distinse nel panorama artistico del XIX secolo per la sua dedizione alla pittura di paesaggio. Inizialmente influenzato dalla pittura storica, a partire dal 1856 cominciò a orientarsi verso la rappresentazione della natura, un cambiamento che segnò l'inizio di una carriera ricca di successi.
    Clicca per espandere

    La sua passione per il paesaggio lo portò a sviluppare uno stile che coniugava una resa naturale e luminosa dei soggetti con un approccio molto attento alla realtà.

    Nel 1860, Fasanotti divenne professore di pittura di paesaggio all'Accademia di Brera, dove ebbe un'influenza decisiva sulla formazione di nuove generazioni di artisti. Fu uno dei pionieri della pratica della pittura en plein air in Italia, insegnando ai suoi allievi l'importanza di dipingere all'aperto, direttamente dalla natura. Questa innovazione portò alla rinascita della scuola lombarda di paesaggio, contribuendo a un rinnovato interesse per le bellezze naturali italiane.

    Le sue opere più celebri includono vedute della Lombardia e delle Alpi, in cui riusciva a catturare l'atmosfera unica dei luoghi con una vivace resa dei colori e delle luci naturali. Opere come "Veduta dal vero nell'Oberland", "Un'Alpe in Lombardia" e "Marina con pescatori" sono ancora oggi testimonianze del suo talento e della sua capacità di fondere tradizione e modernità.

    Fasanotti morì nel 1882 a Milano,Gaetano Fasanotti nacque a Milano nel 1831 e si distinse nel panorama artistico del XIX secolo per la sua dedizione alla pittura di paesaggio. Inizialmente influenzato dalla pittura storica, a partire dal 1856 cominciò a orientarsi verso la rappresentazione della natura, un cambiamento che segnò l'inizio di una carriera ricca di successi. La sua passione per il paesaggio lo portò a sviluppare uno stile che coniugava una resa naturale e luminosa dei soggetti con un approccio molto attento alla realtà.

    Nel 1860, Fasanotti divenne professore di pittura di paesaggio all'Accademia di Brera, dove ebbe un'influenza decisiva sulla formazione di nuove generazioni di artisti. Fu uno dei pionieri della pratica della pittura en plein air in Italia, insegnando ai suoi allievi l'importanza di dipingere all'aperto, direttamente dalla natura. Questa innovazione portò alla rinascita della scuola lombarda di paesaggio, contribuendo a un rinnovato interesse per le bellezze naturali italiane.

    Le sue opere più celebri includono vedute della Lombardia e delle Alpi, in cui riusciva a catturare l'atmosfera unica dei luoghi con una vivace resa dei colori e delle luci naturali. Opere come "Veduta dal vero nell'Oberland", "Un'Alpe in Lombardia" e "Marina con pescatori" sono ancora oggi testimonianze del suo talento e della sua capacità di fondere tradizione e modernità.

    Fasanotti morì nel 1882 a Milano.

    STIMA:
    min € 3500 - max € 4000
    Base Asta:
    € 1000

  • Giovanni Battista Carpanetto Giovanni Battista Carpanetto
    Torino 1863 - Torino 1928
    Olio su tavola cm 32x48 firmato in basso a dx G.Carpanetto

    Giovanni Battista Carpanetto nacque a Torino il 30 settembre 1863. Fin da giovanissimo mostrò inclinazione per la pittura e, dopo aver studiato all’Accademia Albertina sotto maestros rigorosi, esordì ufficialmente nel 1881 con una tela storica che segnò l’inizio di un’attività artistica intensa.
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    Inizialmente attivo nel genere storico, su consiglio del pittore Marco Calderini egli abbracciò ben presto la pittura “dal vero”, muovendosi verso paesaggi, figure e ambienti caratterizzati da immediata leggibilità, viva sensibilità emotiva e talvolta da un accento narrativo o simbolista. Durante il suo percorso partecipò a mostre prestigiose, come la Nazionale di Venezia del 1887, dove presentò un’opera che suscitò polemiche: dimostrazione della sua capacità di provocare attenzione.
    Con il passare degli anni Carpanetto estese il suo raggio d’azione alla grafica pubblicitaria e all’illustrazione, realizzando manifesti per importanti aziende e occupandosi di illustrazioni di riviste: questa doppia carriera testimonia una sua versatilità tra pittura “alta” e applicazioni pratiche dell’arte. La sua produzione, basata su oli e pastelli, si distingue per la raffigurazione di figure inserite in paesaggi e per l’attenzione alla luce, alla rappresentazione del vero e alla narrazione visiva. Verso la fine della sua vita la partecipazione espositiva si ridusse e egli si concentrò sull’insegnamento e sulla grafica. Morì a Torino il 26 luglio 1928, lasciando un corpus che riflette le tensioni e le evoluzioni della pittura piemontese tra Otto e Novecento.

    STIMA:
    min € 2500 - max € 3000
    Base Asta:
    € 800

  • Lotto 28  

    In taverna

    Nazareno Orlandi Nazareno Orlandi
    Ascoli Piceno 1861 - Buenos Aires 1952
    Olio su tela cm 32x46 firmato in basso a dx N.Orlandi

    Nazzareno Orlandi nacque ad Ascoli Piceno il 29 maggio 1861 e fin dagli anni giovanili mostrò un talento naturale per il disegno. Dopo i primi studi nella sua città, si trasferì a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove affinò la tecnica e ricevette i primi riconoscimenti.
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    Durante il servizio militare, che durò alcuni anni, cominciò a rappresentare temi legati alla vita militare, un filone che rimase presente in parte della sua produzione successiva.

    Negli anni ottanta dell’Ottocento prese parte alle esposizioni italiane presentando ritratti e scene di genere che rivelavano una crescente attenzione alla narrazione e all’osservazione diretta della realtà. Opere come In mercato a Firenze, Pro Patria e Ricordi d’Ascoli attestano la sua inclinazione per una pittura vivace, attenta ai gesti e alla dimensione quotidiana.

    Nel 1889 accettò l’invito del governo argentino a trasferirsi a Buenos Aires. Questo passaggio segnò una svolta decisiva. In Argentina Orlandi divenne un apprezzato decoratore di grandi edifici pubblici e religiosi. Lavorò alla decorazione della cupola della Cattedrale di Córdoba, collaborò con vari teatri, istituzioni culturali e chiese di Buenos Aires, e firmò numerosi cicli ad affresco che univano precisione tecnica e forte senso scenografico. La sua capacità di adattarsi a spazi monumentali lo rese uno degli artisti più richiesti della città.

    Pur vivendo stabilmente in America Latina, mantenne rapporti con l’Italia e partecipò a esposizioni internazionali come quella di Chicago del 1893. Nel 1910 venne nominato Accademico Onorario dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, riconoscimento che premiava la qualità del suo percorso artistico e la fama raggiunta all’estero.

    Accanto alle grandi decorazioni, Orlandi continuò a produrre dipinti da cavalletto, ritratti e paesaggi che mostrano un gusto raffinato per la composizione e per la resa della luce. La varietà della sua produzione testimonia una personalità versatile, capace di coniugare tradizione italiana e sensibilità maturate nel contesto argentino.

    Nazzareno Orlandi morì a Buenos Aires nel 1952Nazzareno Orlandi nacque ad Ascoli Piceno il 29 maggio 1861 e fin dagli anni giovanili mostrò un talento naturale per il disegno. Dopo i primi studi nella sua città, si trasferì a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove affinò la tecnica e ricevette i primi riconoscimenti. Durante il servizio militare, che durò alcuni anni, cominciò a rappresentare temi legati alla vita militare, un filone che rimase presente in parte della sua produzione successiva.

    Negli anni ottanta dell’Ottocento prese parte alle esposizioni italiane presentando ritratti e scene di genere che rivelavano una crescente attenzione alla narrazione e all’osservazione diretta della realtà. Opere come In mercato a Firenze, Pro Patria e Ricordi d’Ascoli attestano la sua inclinazione per una pittura vivace, attenta ai gesti e alla dimensione quotidiana.

    Nel 1889 accettò l’invito del governo argentino a trasferirsi a Buenos Aires. Questo passaggio segnò una svolta decisiva. In Argentina Orlandi divenne un apprezzato decoratore di grandi edifici pubblici e religiosi. Lavorò alla decorazione della cupola della Cattedrale di Córdoba, collaborò con vari teatri, istituzioni culturali e chiese di Buenos Aires, e firmò numerosi cicli ad affresco che univano precisione tecnica e forte senso scenografico. La sua capacità di adattarsi a spazi monumentali lo rese uno degli artisti più richiesti della città.

    Pur vivendo stabilmente in America Latina, mantenne rapporti con l’Italia e partecipò a esposizioni internazionali come quella di Chicago del 1893. Nel 1910 venne nominato Accademico Onorario dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, riconoscimento che premiava la qualità del suo percorso artistico e la fama raggiunta all’estero.

    Accanto alle grandi decorazioni, Orlandi continuò a produrre dipinti da cavalletto, ritratti e paesaggi che mostrano un gusto raffinato per la composizione e per la resa della luce. La varietà della sua produzione testimonia una personalità versatile, capace di coniugare tradizione italiana e sensibilità maturate nel contesto argentino.

    Nazzareno Orlandi morì a Buenos Aires nel 1952.

    STIMA:
    min € 3000 - max € 3500
    Base Asta:
    € 800

  • Lotto 29  

    Amore materno

    Carlo Facchinetti Carlo Facchinetti
    Firenze 1870 - Firenze 1935
    Olio su tela cm 41x59,5 firmato in basso a dx C.Facchinetti

    Carlo Facchinetti nacque a Firenze nel 1870 e vi trascorse gran parte della vita, morendo nella stessa città nel 1935. Studiò all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove ebbe come maestro Giuseppe Ciaranfi, e avviò una carriera legata soprattutto alla rappresentazione della vita quotidiana, con particolare predilezione per le figure di giovani donne e bambini.
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    Le sue opere furono presentate in varie esposizioni fiorentine, come l’VIII Esposizione dell’Associazione degli Artisti Italiani nel 1913, in cui figurò con acquerelli e dipinti ad olio. Lo stile di Facchinetti, pur radicato nella tradizione accademica, mostra una sensibilità verso il movimento moderno, e nelle sue tele emergono atmosfere tranquille e intime, ben lontane dalla tensione delle avanguardie più radicali. Tra i suoi lavori riferiti in cataloghi d’asta figurano titoli come Ore liete in famiglia, olio su tela firmato “C. Facchinetti”.

    STIMA:
    min € 4000 - max € 5000
    Base Asta:
    € 1500

  • Lotto 30  

    Pensieri Natale 1924

    Giovanni Giani Giovanni Giani
    Torino 1866 - 1936
    Olio su cartone cm 47,5x28 firmato in alto a dx G.Giani

    Giovanni Giani nacque a Torino l’11 gennaio 1866 in una famiglia legata alle arti figurative, poiché il padre Giuseppe era anch’egli pittore. La sua formazione avvenne all’Accademia Albertina, dove studiò con maestri come Enrico Gamba e Andrea Gastaldi, assorbendo una solida impostazione accademica e una grande cura per il disegno.
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    Fin dagli anni Ottanta dell’Ottocento iniziò a dedicarsi al paesaggio e alle scene di vita rurale, lavorando spesso in Val d’Intelvi, in Valle d’Aosta e nel Biellese. In queste opere emerse un linguaggio vicino al verismo piemontese, caratterizzato da un’attenzione rigorosa alla figura e da una resa luminosa dell’ambiente naturale.

    L’attività espositiva di Giani fu costante e prestigiosa: a partire dal 1903 partecipò più volte alla Biennale di Venezia, ottenendo buoni consensi e importanti riconoscimenti pubblici e privati. In questi anni la sua produzione si ampliò, includendo scene d’interno ambientate in epoche eleganti o borghesi, spesso molto apprezzate dal mercato per il gusto raffinato e decorativo. Alcune opere ricevettero particolare attenzione, come “Il mattino delle rose”, acquistato dalla regina Margherita, e “Ultima foglia”, oggi al Museo Revoltella di Trieste.

    Col tempo Giani alternò il paesaggio a composizioni di genere più ricercate, pur mantenendo costante la precisione formale e l’interesse per la costruzione della scena. Morì nella sua città natale, Torino, il 14 dicembre 1936Giovanni Giani nacque a Torino l’11 gennaio 1866 in una famiglia legata alle arti figurative, poiché il padre Giuseppe era anch’egli pittore. La sua formazione avvenne all’Accademia Albertina, dove studiò con maestri come Enrico Gamba e Andrea Gastaldi, assorbendo una solida impostazione accademica e una grande cura per il disegno. Fin dagli anni Ottanta dell’Ottocento iniziò a dedicarsi al paesaggio e alle scene di vita rurale, lavorando spesso in Val d’Intelvi, in Valle d’Aosta e nel Biellese. In queste opere emerse un linguaggio vicino al verismo piemontese, caratterizzato da un’attenzione rigorosa alla figura e da una resa luminosa dell’ambiente naturale.

    L’attività espositiva di Giani fu costante e prestigiosa: a partire dal 1903 partecipò più volte alla Biennale di Venezia, ottenendo buoni consensi e importanti riconoscimenti pubblici e privati. In questi anni la sua produzione si ampliò, includendo scene d’interno ambientate in epoche eleganti o borghesi, spesso molto apprezzate dal mercato per il gusto raffinato e decorativo. Alcune opere ricevettero particolare attenzione, come “Il mattino delle rose”, acquistato dalla regina Margherita, e “Ultima foglia”, oggi al Museo Revoltella di Trieste.

    Col tempo Giani alternò il paesaggio a composizioni di genere più ricercate, pur mantenendo costante la precisione formale e l’interesse per la costruzione della scena. Morì nella sua città natale, Torino, il 14 dicembre 1936.

    STIMA:
    min € 2000 - max € 2500
    Base Asta:
    € 800

  • Lotto 31  

    Nudo femminile

    Many Benner Many Benner
    Capri 1873 - Parigi 1965
    Olio su tela cm 74x93 firmato in basso a sx Many Benner

    STIMA:
    min € 2500 - max € 3000
    Base Asta:
    € 800

  • Lotto 32  

    Spiaggia di Bordighera

    Giuseppe Ferdinando Piana Giuseppe Ferdinando Piana
    Bordighera 1864-1956
    Olio su tela cm 70x100 firmato in basso a dx G.Piana

    ​Giuseppe Ferdinando Piana nacque il 3 dicembre 1864 a Ceriana, un pittoresco borgo nell'entroterra di Sanremo, e morì il 29 aprile 1956 a Bordighera, cittadina costiera della Liguria. Fin da giovane, Piana mostrò una spiccata inclinazione per l'arte pittorica.
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    Durante uno dei suoi soggiorni a Bordighera, il celebre pittore Ernest Meissonier suggerì ai genitori di Giuseppe di avviarlo agli studi artistici. Nel 1882, Piana si trasferì a Torino per frequentare l'Accademia Albertina, dove fu allievo dei maestri Francesco Gamba e Andrea Gastaldi. ​
    Il suo debutto artistico avvenne a Torino con opere come "A ponente di Bordighera, campagna ligure" e "Politica rustica". Nel 1898, realizzò "Studio d'artista", un dipinto che attirò l'attenzione del governo, che lo acquisì. Nel 1903, Piana si trasferì a Sesto San Giovanni e partecipò all'Esposizione Permanente di Milano, presentando l'opera "Pace", che ricevette elogi dalla critica, in particolare da parte di Gaetano Previati. Sempre nel 1906, fu invitato alla Mostra Nazionale di Milano, dove espose "Cortile dei leoni in Granada", "La danza delle olive" e "Mare dopo la pioggia"; quest'ultime due opere furono acquistate dalla Galleria d'Arte Moderna di Milano.

    STIMA:
    min € 5000 - max € 6000
    Base Asta:
    € 2500

  • Leonardo Roda Leonardo Roda
    Racconigi 1868 - Torino 1933
    Olio su tela cm 100x140 firmato in basso a dx L.Roda

    Leonardo Roda è nato nel 1868 a Racconigi, Italia. Cresciuto in una famiglia di alpinisti e artisti botanici, ha coltivato sin da giovane l'amore per la montagna e l'arte.
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    Ha iniziato la sua carriera artistica nel 1889, esponendo opere presso la Promotrice di Torino.

    Roda era noto per i suoi dipinti di paesaggi alpini e scene della vita di montagna, spesso ritraendo il maestoso Cervino. Ha anche dipinto paesaggi della pianura padana e del mare ligure. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto riconoscimenti e premi per le sue opere, ma verso la fine degli anni '20 ha abbandonato l'attività espositiva e si è ritirato dall'ambiente artistico.

    La sua pittura è stata descritta come un equilibrio tra realismo e espressionismo, con un'attenzione particolare alla luce e ai cambiamenti atmosferici. Roda è stato elogiato per la sua capacità di catturare la bellezza della natura, sia nelle montagne che nella campagna.

    La sua salute ha iniziato a declinare negli anni '30, e Roda è morto nel 1933. Sebbene la critica dell'epoca non sia stata sempre gentile con lui, le sue opere sono ancora oggi ammirate e conservate in collezioni private e musei.

    STIMA:
    min € 3500 - max € 4000
    Base Asta:
    € 1500

  • Enrico Sottili Enrico Sottili
    Reggio Emilia 1890 - Sala Comacina (CO) 1977
    Olio su tela cm 98x140 firmato in basso a dx E.Sottili

    Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio.
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    Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio. Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977.

    STIMA:
    min € 2500 - max € 3000
    Base Asta:
    € 900

  • Lotto 35  

    Vista sulla valle 1924

    Enrico Sottili Enrico Sottili
    Reggio Emilia 1890 - Sala Comacina (CO) 1977
    Olio su tela cm 98x140 firmato in basso a dx E.Sottili

    Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio.
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    Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio. Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977.

    STIMA:
    min € 2500 - max € 3000
    Base Asta:
    € 900

  • Mario Moretti Foggia Mario Moretti Foggia
    Mantova 1882 - Novara 1954
    Olio su tela cm 60x80 firmato in basso a dx Moretti Foggia

    Mario Moretti Foggia è stato un rinomato pittore italiano nato il 25 dicembre 1882 a Mantova. La sua formazione artistica lo ha portato ad apprendere presso prestigiose istituzioni, tra cui l'Accademia Cignaroli a Verona e l'Accademia di Brera a Milano.
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    Durante il suo percorso formativo, ha avuto la fortuna di essere istruito da eminenti maestri dell'arte come Mosè Bianchi, Giuseppe Mentessi e Cesare Tallone.

    Foggia si è distinto come un abile paesaggista e ritrattista, utilizzando varie tecniche pittoriche come olio, tempera, acquarello e fresco per esprimere la sua creatività. Il suo debutto ufficiale nel mondo dell'arte è avvenuto a Milano nel 1902. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui medaglie d'oro all'Esposizione di Mantova per l'insieme delle sue opere nel 1902, a Milano nel 1908 con l'opera "Fratellanza" e a Como nel 1909 grazie al dipinto "Fresca Mattinata". Nel 1925, ha ottenuto il prestigioso Premio Cassani a Milano per il dipinto "L'ora del rosario".

    Tra il 1920 e il 1926, Foggia ha esposto con successo a Venezia, presentando opere come "Nel cantuccio di Venezia", "Nel Campiello", "Nevicata" e "Compiacenze materne". Nel 1927, a Firenze, in occasione dell'ottantesima Esposizione Nazionale di Palazzo Pitti, ha presentato le opere "Vera" e "Sole invernale". Tra le sue opere più celebri si trova il "Trittico dei Magi" (Ecce sidus, Imus, Adoremus), conservato presso la Galleria d'Arte Moderna di Milano, e "Danza la circassa", esposta presso la Galleria del Palazzo Ducale di Mantova.

    Le opere di Mario Moretti Foggia sono state incluse in importanti collezioni, tra cui quella del Quirinale, e sono state esposte in gallerie pubbliche e private in Italia, Svizzera, Stati Uniti e America Latina. Foggia era un instancabile viaggiatore, che trascorreva lunghi periodi in Oriente per studiare costumi e paesaggi, le cui ricerche sono state esposte con successo a Londra, Parigi e Bruxelles.

    Partecipando a numerose mostre collettive nazionali e internazionali, Mario Moretti Foggia ha consolidato la sua reputazione come uno dei pittori più influenti della sua epoca. Nel corso della sua carriera, ha realizzato dieci mostre personali, tutte accolte con entusiasmo da parte di pubblico e critica.

    Mario Moretti Foggia si è spento nel 1954 a Pecetto di Macugnaga, lasciando dietro di sé un prezioso e duraturo contributo all'arte italiana.

    STIMA:
    min € 3000 - max € 3500
    Base Asta:
    € 1000

  • Lotto 37  

    Livorno Medicea 1925

    Gino Romiti Gino Romiti
    Livorno 1881 - 1967
    Olio su tavola cm 27x37,5 firmato in basso a dx Gino Romiti

    La vita di Gino Romiti, nato a Livorno nel 1881 e scomparso nel 1967, è una storia di determinazione e passione che ha attraversato il mondo dell'arte con notevole impatto. Cresciuto in una famiglia modesta, Romiti si trovò presto ad affrontare le sfide finanziarie, ma non abbandonò mai la sua innata passione per la pittura.
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    A soli sedici anni, riuscì a entrare alla Scuola di Guglielmo Micheli a Livorno, una vera e propria fucina d'arte, dove ebbe l'opportunità di interagire con artisti di spicco come Llewelyn Lloyd, Amedeo Modigliani e Giovanni Fattori. Questo periodo formativo fu fondamentale per plasmare la sua carriera artistica.

    Sin dall'inizio, Romiti partecipò a importanti esposizioni, tra cui la Permanente di Milano, la Biennale di Venezia e l'Internazionale di Bruxelles. Nel 1920 fu uno dei fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione artistica che nacque proprio nel suo studio e di cui fu presidente dal 1943 al 1967. Durante questo periodo, le sue opere subirono un'importante influenza dall'esperienza divisionista, concentrandosi su tematiche legate alla sua città natale, come le pinete di Ardenza e i paesaggi marini. Grazie al suo profondo interesse per il mare, creò anche opere singolari che ritraevano il fondo marino.

    Purtroppo, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo portò ad arruolarsi e combattere in Albania, dove realizzò numerosi disegni ispirati al paesaggio e alla vita militare. La sua intensa attività espositiva continuò nel 1922 con la partecipazione alla prima edizione della Primavera Fiorentina. L'ultima sua personale, la quarantacinquesima, si tenne a Siena presso la Galleria "La Balzana" nel 1964, e molte furono le sue retrospettive.

    Gino Romiti era non solo un talentuoso artista ma anche un uomo di profonda spiritualità e religiosità. La sua interpretazione pittorica della vita rifletteva il suo spirito cristiano di accettazione e fede. Le sue opere trasmettevano una luce "vera" che eguagliava la luce di Dio. La natura era la sua fonte d'ispirazione, e in essa trovava purezza, pace e serenità, rappresentando con semplicità ed entusiasmo ogni aspetto cromatico.

    I suoi quadri erano spesso caratterizzati da luminosità e cromatismi intensi. La rappresentazione della luce era centrale in tutte le sue opere, rendendo ogni forma e contenuto dorati e vibranti. Questi giochi di luce e colori si fondevano in una sinfonia che invitava alla riflessione e talvolta alla preghiera. La sua abilità nel catturare la luce in modo magistrale induceva alla meditazione e suggeriva una pausa nell'agitazione umana, incoraggiando le persone a riflettere sulla loro esistenza in rapporto all'Universo. Questo Universo era simbolicamente rappresentato dalla bellezza della natura, vista come l'elemento perfetto e sublime della creazione divina, e Romiti, con umiltà, portava rispetto a questa grandezza. Le opere di Gino Romiti erano veri e propri inno alla vita, una testimonianza della sua profonda connessione con il mondo che lo circondava e con la spiritualità che permeava ogni aspetto della sua arte.

    STIMA:
    min € 2000 - max € 2500
    Base Asta:
    € 800

  • Lotto 38  

    Livorno Medicea 1925

    Gino Romiti Gino Romiti
    Livorno 1881 - 1967
    Olio su tavola cm 27x37,5 firmato in basso a sx Gino Romiti

    La vita di Gino Romiti, nato a Livorno nel 1881 e scomparso nel 1967, è una storia di determinazione e passione che ha attraversato il mondo dell'arte con notevole impatto. Cresciuto in una famiglia modesta, Romiti si trovò presto ad affrontare le sfide finanziarie, ma non abbandonò mai la sua innata passione per la pittura.
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    A soli sedici anni, riuscì a entrare alla Scuola di Guglielmo Micheli a Livorno, una vera e propria fucina d'arte, dove ebbe l'opportunità di interagire con artisti di spicco come Llewelyn Lloyd, Amedeo Modigliani e Giovanni Fattori. Questo periodo formativo fu fondamentale per plasmare la sua carriera artistica.

    Sin dall'inizio, Romiti partecipò a importanti esposizioni, tra cui la Permanente di Milano, la Biennale di Venezia e l'Internazionale di Bruxelles. Nel 1920 fu uno dei fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione artistica che nacque proprio nel suo studio e di cui fu presidente dal 1943 al 1967. Durante questo periodo, le sue opere subirono un'importante influenza dall'esperienza divisionista, concentrandosi su tematiche legate alla sua città natale, come le pinete di Ardenza e i paesaggi marini. Grazie al suo profondo interesse per il mare, creò anche opere singolari che ritraevano il fondo marino.

    Purtroppo, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo portò ad arruolarsi e combattere in Albania, dove realizzò numerosi disegni ispirati al paesaggio e alla vita militare. La sua intensa attività espositiva continuò nel 1922 con la partecipazione alla prima edizione della Primavera Fiorentina. L'ultima sua personale, la quarantacinquesima, si tenne a Siena presso la Galleria "La Balzana" nel 1964, e molte furono le sue retrospettive.

    Gino Romiti era non solo un talentuoso artista ma anche un uomo di profonda spiritualità e religiosità. La sua interpretazione pittorica della vita rifletteva il suo spirito cristiano di accettazione e fede. Le sue opere trasmettevano una luce "vera" che eguagliava la luce di Dio. La natura era la sua fonte d'ispirazione, e in essa trovava purezza, pace e serenità, rappresentando con semplicità ed entusiasmo ogni aspetto cromatico.

    I suoi quadri erano spesso caratterizzati da luminosità e cromatismi intensi. La rappresentazione della luce era centrale in tutte le sue opere, rendendo ogni forma e contenuto dorati e vibranti. Questi giochi di luce e colori si fondevano in una sinfonia che invitava alla riflessione e talvolta alla preghiera. La sua abilità nel catturare la luce in modo magistrale induceva alla meditazione e suggeriva una pausa nell'agitazione umana, incoraggiando le persone a riflettere sulla loro esistenza in rapporto all'Universo. Questo Universo era simbolicamente rappresentato dalla bellezza della natura, vista come l'elemento perfetto e sublime della creazione divina, e Romiti, con umiltà, portava rispetto a questa grandezza. Le opere di Gino Romiti erano veri e propri inno alla vita, una testimonianza della sua profonda connessione con il mondo che lo circondava e con la spiritualità che permeava ogni aspetto della sua arte.

    STIMA:
    min € 2000 - max € 2500
    Base Asta:
    € 800

  • Giovanni March Giovanni March
    Tunisi 1894 - Livorno 1974
    Olio su tavola cm 33x51 firmato in basso a sx G.March

    Giovanni March nacque a Tunisi nel 1894 da una famiglia livornese che pochi anni più tardi rientrò in Italia dopo la morte del padre. Crebbe quindi a Livorno in un ambiente modesto che lo costrinse giovanissimo a lavorare come imbianchino e decoratore.
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    In quegli anni iniziò a dipingere da autodidatta, attirato dalla luce e dai paesaggi delle colline toscane. Frequentò gli artisti attivi a Campolecciano, in particolare Ludovico Tommasi, che ne riconobbe il talento e lo incoraggiò a proseguire gli studi.

    Negli anni successivi March si avvicinò alla tradizione post macchiaiola, guardando a figure come Mario Puccini e Plinio Nomellini. Pur partendo da questo solido riferimento locale, cercò presto un linguaggio più personale fondato su una pennellata libera e su una tavolozza luminosa. La sua prima importante affermazione fu la mostra personale del 1921 alla Galleria Gonnelli di Firenze, evento che gli aprì le porte della critica e dell’ambiente artistico nazionale.

    Tra gli anni venti e i primi anni trenta March soggiornò spesso in Francia, soprattutto a Nizza e a Parigi. Qui venne a contatto con atmosfere europee più aperte e con una pittura vicina al post impressionismo, esperienza che affinò ulteriormente il suo uso della luce e il suo modo di sintetizzare la forma. Tornato in Italia, visse tra Roma, Firenze e Livorno, città nelle quali continuò a esporre e a sviluppare la propria ricerca pittorica. Fu anche membro dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.

    La parte più matura della sua produzione ruota attorno al paesaggio toscano, ai porti, ai litorali e alle vedute costiere. In questi dipinti March raggiunse la sua voce più riconoscibile, fatta di equilibrio tonale, luminosità chiara e una pacata intensità emotiva. Negli anni più tardi si dedicò anche alla natura morta, trattata con la stessa attenzione per la luce e per la costruzione armoniosa della scena.

    Giovanni March morì a Livorno nel 1974.

    STIMA:
    min € 1000 - max € 1200
    Base Asta:
    € 350

  • Lotto 40  

    I capricci 1930

    Carlo Domenici Carlo Domenici
    Livorno 1897 - Portoferraio (LI) 1981
    Olio su tavola cm 41x53 firmato in basso a dx C.Domenici

    Carlo Domenici nacque a Livorno il 18 marzo 1897, in una famiglia modesta ma culturalmente vivace: il padre Cesare era marmista e suonava nella Filarmonica cittadina, mentre la madre, Matilde, proveniva da una famiglia di artigiani. Fin da giovane, Domenici mostrò un talento naturale per il disegno, che fu incoraggiato dal poeta e giornalista Giosuè Borsi, amico di famiglia, il quale lo spinse a intraprendere un percorso artistico.
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    A tredici anni, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove studiò disegno, acquaforte e litografia, avvicinandosi allo stile dei macchiaioli.

    Nel 1913, a soli sedici anni, Domenici realizzò il suo primo dipinto, "Figura di Bambina", e lo espose alla Mostra della Secessione presso la Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma. Nel 1917, il celebre compositore Pietro Mascagni acquistò una sua opera intitolata "Venezia Livornese", riconoscendo il talento del giovane pittore. Nello stesso anno, Domenici si sposò con Bianca.

    Nel 1920, fu tra i fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione di artisti livornesi che si riunivano al Caffè Bardi, condividendo l'amore per la pittura en plein air e per i paesaggi toscani. Domenici partecipò attivamente alle esposizioni del gruppo e, nel 1979, alla morte di Renato Natali, ne divenne presidente, mantenendo la carica fino alla sua scomparsa.
    La sua produzione artistica si concentrò principalmente su paesaggi e scene di vita rurale, con particolare attenzione alla Maremma, all'Isola d'Elba e alle marine toscane. Le sue opere, spesso realizzate su piccole tavolette, si distinguono per l'uso di colori caldi e per la capacità di cogliere la luce e l'atmosfera dei luoghi rappresentati. Tra i soggetti preferiti vi erano contadini al lavoro, buoi al pascolo e vedute di borghi e porti.

    Domenici espose le sue opere in numerose mostre, sia in Italia che all'estero, tra cui la Quadriennale d'Arte di Roma nel 1924, l'Esposizione dell'America del Sud nel 1926, la Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, l'Internazionale di Tokyo e una personale a Manila. Nel 1950, partecipò alla Mostra di Cinquant'anni di Pittura Toscana a Firenze e, nel 1957, all'Esposizione Nazionale al Maschio Angioino.

    Nel 1946, fondò il Gruppo Artisti Elbani e istituì il Premio Llewelyn Lloyd a Portoferraio, in memoria del pittore che visse e lavorò sull'Isola d'Elba. Domenici si interessò anche alla politica locale, ricoprendo la carica di consigliere comunale a Portoferraio. Dopo la morte della prima moglie, si unì a Plava Cioni, con la quale ebbe un figlio, Claudio, che seguì le orme paterne diventando pittore con il nome d'arte Claudio da Firenze.

    Carlo Domenici morì a Portoferraio nel 1981.

    STIMA:
    min € 800 - max € 1000
    Base Asta:
    € 350

  • Mosè Bianchi
    Monza 1840 - 1904
    Tempera su carta cm 65x41 firmato in basso a dx Mose Bianchi

    Mosè Bianchi nacque a Monza il 13 ottobre 1840 in una famiglia di artisti: il padre, Giosuè, era insegnante di disegno e pittore dilettante, e trasmise al figlio la passione per l’arte. Dopo gli studi tecnici, Mosè si iscrisse nel 1856 all’Accademia di Brera a Milano, dove studiò con Albert Zimmermann e Giuseppe Bertini, affiancando compagni come Filippo Carcano, Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni.
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    Nel 1859, spinto dal fervore risorgimentale, partecipò come volontario ai Cacciatori delle Alpi nella seconda guerra d’indipendenza, esperienza che lasciò in lui un’impronta profonda.

    Terminati gli studi nel 1864, si dedicò alle prime opere di soggetto storico e religioso, caratterizzate da un linguaggio ancora legato al gusto romantico e accademico. Nel 1867 vinse il prestigioso pensionato Oggioni con l’opera La visione di Saul, che gli permise di soggiornare a Venezia e successivamente a Parigi. A Venezia studiò i maestri del Settecento, in particolare Tiepolo, mentre a Parigi entrò in contatto con la pittura brillante e luminosa di Mariano Fortuny. Queste esperienze lo spinsero verso una visione più libera e moderna, incentrata sul colore e sulla luce.

    Rientrato a Milano, Bianchi divenne presto una figura di spicco nell’ambiente artistico lombardo. Si dedicò a diversi generi: ritratti, scene di genere, affreschi e paesaggi. Tra i suoi lavori più noti figurano gli affreschi di Villa Giovanelli a Lonigo. Negli anni Settanta e Ottanta la sua pittura raggiunse la piena maturità, con opere che uniscono delicatezza atmosferica e sensibilità luministica. Le vedute di Venezia, Chioggia e Milano sotto la neve, come Laguna in burrasca, testimoniano la sua capacità di rendere la vibrazione dell’aria e la poesia della luce.

    Pur non appartenendo ai movimenti d’avanguardia, Bianchi mostrò un’attenzione moderna per la vita quotidiana e per gli effetti della luce naturale. La sua pennellata libera e la sensibilità cromatica lo posero come anello di congiunzione tra la tradizione accademica e le nuove tendenze pittoriche dell’Ottocento. Fu inoltre consigliere dell’Accademia di Brera e nel 1898 venne nominato direttore dell’Accademia Cignaroli di Verona, segno del grande prestigio raggiunto.

    Negli ultimi anni la salute precaria lo costrinse a ritirarsi nella sua città natale, dove morì il 15 marzo 1904. L’opera di Mosè Bianchi, vasta e coerente, comprende ritratti, affreschi, acquerelli, incisioni e vedute, tutte attraversate da una profonda attenzione alla luce e alla realtà osservata con sensibilità poetica. È considerato uno dei protagonisti più importanti della pittura lombarda dell’Ottocento, capace di fondere rigore tecnico e intima emozione.

    STIMA min € 8000 - max € 10000

    Mosè Bianchi Mosè Bianchi
    Monza 1840 - 1904
    Tempera su carta cm 65x41 firmato in basso a dx Mose Bianchi

    Mosè Bianchi nacque a Monza il 13 ottobre 1840 in una famiglia di artisti: il padre, Giosuè, era insegnante di disegno e pittore dilettante, e trasmise al figlio la passione per l’arte. Dopo gli studi tecnici, Mosè si iscrisse nel 1856 all’Accademia di Brera a Milano, dove studiò con Albert Zimmermann e Giuseppe Bertini, affiancando compagni come Filippo Carcano, Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni.
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    Nel 1859, spinto dal fervore risorgimentale, partecipò come volontario ai Cacciatori delle Alpi nella seconda guerra d’indipendenza, esperienza che lasciò in lui un’impronta profonda.

    Terminati gli studi nel 1864, si dedicò alle prime opere di soggetto storico e religioso, caratterizzate da un linguaggio ancora legato al gusto romantico e accademico. Nel 1867 vinse il prestigioso pensionato Oggioni con l’opera La visione di Saul, che gli permise di soggiornare a Venezia e successivamente a Parigi. A Venezia studiò i maestri del Settecento, in particolare Tiepolo, mentre a Parigi entrò in contatto con la pittura brillante e luminosa di Mariano Fortuny. Queste esperienze lo spinsero verso una visione più libera e moderna, incentrata sul colore e sulla luce.

    Rientrato a Milano, Bianchi divenne presto una figura di spicco nell’ambiente artistico lombardo. Si dedicò a diversi generi: ritratti, scene di genere, affreschi e paesaggi. Tra i suoi lavori più noti figurano gli affreschi di Villa Giovanelli a Lonigo. Negli anni Settanta e Ottanta la sua pittura raggiunse la piena maturità, con opere che uniscono delicatezza atmosferica e sensibilità luministica. Le vedute di Venezia, Chioggia e Milano sotto la neve, come Laguna in burrasca, testimoniano la sua capacità di rendere la vibrazione dell’aria e la poesia della luce.

    Pur non appartenendo ai movimenti d’avanguardia, Bianchi mostrò un’attenzione moderna per la vita quotidiana e per gli effetti della luce naturale. La sua pennellata libera e la sensibilità cromatica lo posero come anello di congiunzione tra la tradizione accademica e le nuove tendenze pittoriche dell’Ottocento. Fu inoltre consigliere dell’Accademia di Brera e nel 1898 venne nominato direttore dell’Accademia Cignaroli di Verona, segno del grande prestigio raggiunto.

    Negli ultimi anni la salute precaria lo costrinse a ritirarsi nella sua città natale, dove morì il 15 marzo 1904. L’opera di Mosè Bianchi, vasta e coerente, comprende ritratti, affreschi, acquerelli, incisioni e vedute, tutte attraversate da una profonda attenzione alla luce e alla realtà osservata con sensibilità poetica. È considerato uno dei protagonisti più importanti della pittura lombarda dell’Ottocento, capace di fondere rigore tecnico e intima emozione.



    3 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 2  

    In Laguna

    Guglielmo Ciardi
    Venezia 1842-1917
    Olio su tela cm 65,5x111 firmato in basso a sx Ciardi

    Guglielmo Ciardi nacque a Venezia il 13 settembre 1842 da Giuseppe, funzionario statale, e da Teresa De Bei. Dopo aver completato gli studi al collegio di Santa Caterina, decise di dedicarsi alla pittura e si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove fu allievo di Federico Moja per la prospettiva e di Domenico Bresolin per il paesaggio.
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    L’insegnamento di Bresolin, attento alla resa diretta della natura e all’osservazione dal vero, segnò profondamente la sua formazione.

    Nel 1868 intraprese un viaggio fondamentale che lo portò prima a Firenze, poi a Roma e a Napoli. A Firenze venne a contatto con l’ambiente dei Macchiaioli e con artisti come Telemaco Signorini, che lo influenzarono nella ricerca di una pittura più libera e luminosa. A Napoli conobbe la Scuola di Posillipo e quella di Resina, che gli offrirono nuovi spunti per un naturalismo di impronta verista. Al suo ritorno a Venezia, Ciardi trovò nella laguna e nelle campagne del Veneto un inesauribile motivo d’ispirazione, ritraendo scorci di vita rurale, riflessi d’acqua, cieli ariosi e atmosfere vibranti di luce.

    Nel 1874 sposò Linda Locatelli, con la quale ebbe quattro figli, tra cui Beppe ed Emma, entrambi destinati a seguire la sua strada artistica. La sua carriera proseguì con grande successo: partecipò a numerose esposizioni in Italia e all’estero, ottenendo premi e riconoscimenti, tra cui la medaglia d’oro all’Esposizione di Nizza del 1883 e quella di Berlino nel 1886 con il dipinto Messidoro, oggi conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

    Nel 1894 fu nominato docente di vedute di paese e di mare all’Accademia di Belle Arti di Venezia, succedendo al suo maestro Bresolin, e divenne membro della commissione della Biennale di Venezia, ruolo che ne consacrò l’autorevolezza nel panorama artistico italiano. La sua pittura, pur radicata nella tradizione veneta del vedutismo, seppe rinnovarsi attraverso una sensibilità luministica moderna: i suoi paesaggi della laguna, delle colline trevigiane e delle montagne venete si distinguono per la freschezza cromatica e la capacità di restituire la verità dell’atmosfera.

    Negli ultimi anni, nonostante problemi di salute che lo colpirono duramente, continuò a dipingere con coerenza e passione. Nel 1915 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di San Francisco, ulteriore riconoscimento alla sua lunga carriera. Morì a Venezia il 5 ottobre 1917, dopo una vita interamente dedicata all’arte e alla natura.

    Guglielmo Ciardi rimane una delle figure centrali della pittura veneta dell’Ottocento. La sua opera, sospesa tra tradizione e modernità, traduce con autenticità e poesia l’incontro fra la luce e l’acqua, tra l’osservazione quotidiana e la visione lirica del paesaggio. Le sue tele, oggi conservate nei principali musei e collezioni italiane, continuano a testimoniare la grandezza di un artista che seppe trasformare la laguna e la campagna veneta in un linguaggio universale di luce e silenzio.

    STIMA min € 15000 - max € 18000

    Lotto 2  

    In Laguna

    Guglielmo Ciardi Guglielmo Ciardi
    Venezia 1842-1917
    Olio su tela cm 65,5x111 firmato in basso a sx Ciardi

    Guglielmo Ciardi nacque a Venezia il 13 settembre 1842 da Giuseppe, funzionario statale, e da Teresa De Bei. Dopo aver completato gli studi al collegio di Santa Caterina, decise di dedicarsi alla pittura e si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove fu allievo di Federico Moja per la prospettiva e di Domenico Bresolin per il paesaggio.
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    L’insegnamento di Bresolin, attento alla resa diretta della natura e all’osservazione dal vero, segnò profondamente la sua formazione.

    Nel 1868 intraprese un viaggio fondamentale che lo portò prima a Firenze, poi a Roma e a Napoli. A Firenze venne a contatto con l’ambiente dei Macchiaioli e con artisti come Telemaco Signorini, che lo influenzarono nella ricerca di una pittura più libera e luminosa. A Napoli conobbe la Scuola di Posillipo e quella di Resina, che gli offrirono nuovi spunti per un naturalismo di impronta verista. Al suo ritorno a Venezia, Ciardi trovò nella laguna e nelle campagne del Veneto un inesauribile motivo d’ispirazione, ritraendo scorci di vita rurale, riflessi d’acqua, cieli ariosi e atmosfere vibranti di luce.

    Nel 1874 sposò Linda Locatelli, con la quale ebbe quattro figli, tra cui Beppe ed Emma, entrambi destinati a seguire la sua strada artistica. La sua carriera proseguì con grande successo: partecipò a numerose esposizioni in Italia e all’estero, ottenendo premi e riconoscimenti, tra cui la medaglia d’oro all’Esposizione di Nizza del 1883 e quella di Berlino nel 1886 con il dipinto Messidoro, oggi conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

    Nel 1894 fu nominato docente di vedute di paese e di mare all’Accademia di Belle Arti di Venezia, succedendo al suo maestro Bresolin, e divenne membro della commissione della Biennale di Venezia, ruolo che ne consacrò l’autorevolezza nel panorama artistico italiano. La sua pittura, pur radicata nella tradizione veneta del vedutismo, seppe rinnovarsi attraverso una sensibilità luministica moderna: i suoi paesaggi della laguna, delle colline trevigiane e delle montagne venete si distinguono per la freschezza cromatica e la capacità di restituire la verità dell’atmosfera.

    Negli ultimi anni, nonostante problemi di salute che lo colpirono duramente, continuò a dipingere con coerenza e passione. Nel 1915 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di San Francisco, ulteriore riconoscimento alla sua lunga carriera. Morì a Venezia il 5 ottobre 1917, dopo una vita interamente dedicata all’arte e alla natura.

    Guglielmo Ciardi rimane una delle figure centrali della pittura veneta dell’Ottocento. La sua opera, sospesa tra tradizione e modernità, traduce con autenticità e poesia l’incontro fra la luce e l’acqua, tra l’osservazione quotidiana e la visione lirica del paesaggio. Le sue tele, oggi conservate nei principali musei e collezioni italiane, continuano a testimoniare la grandezza di un artista che seppe trasformare la laguna e la campagna veneta in un linguaggio universale di luce e silenzio.



    6 offerte pre-asta Dettaglio
  • Leonardo Bazzaro
    Milano 1853 - 1937
    Olio su tela cm 71,5x100 firmato in basso a dx L.Bazzaro

    Leonardo Bazzaro fu un pittore italiano attivo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, noto soprattutto per i suoi paesaggi, i ritratti e le scene di vita quotidiana. La sua formazione artistica ebbe inizio in un periodo di fermento culturale, in cui le correnti del realismo e del verismo esercitarono una notevole influenza sui giovani artisti italiani.
    Clicca per espandere

    Durante la sua carriera, Bazzaro si distinse per la capacità di catturare la luce e l'atmosfera, elementi che rendono le sue opere particolarmente evocative e ricche di dettagli naturalistici .

    Il percorso espositivo del pittore lo vide protagonista in numerose mostre sia in Italia che all’estero, contribuendo così a diffondere il suo stile personale e a consolidare la sua reputazione nell’ambito della pittura di genere e del paesaggio. Pur rimanendo ancorato ai canoni del realismo, Bazzaro sperimentò progressivamente nuove tecniche e linguaggi pittorici, integrando elementi modernisti che evidenziarono la sua capacità di interpretare in chiave personale la realtà circostante .

    Oggi, le opere di Leonardo Bazzaro sono apprezzate non solo per la loro bellezza formale, ma anche per il valore storico e culturale che rappresentano, testimonianza di un’epoca di importanti trasformazioni artistiche e sociali in Italia. Molte delle sue creazioni sono custodite in collezioni museali e private, continuando a suscitare interesse e ammirazione tra collezionisti e studiosi d’arte.

    Questa breve biografia intende offrire una panoramica della vita e dell’opera di un artista che, pur essendo stato apprezzato nel suo tempo, oggi rappresenta un importante capitolo della storia della pittura italiana.

    STIMA min € 5000 - max € 6000

    Leonardo Bazzaro Leonardo Bazzaro
    Milano 1853 - 1937
    Olio su tela cm 71,5x100 firmato in basso a dx L.Bazzaro

    Leonardo Bazzaro fu un pittore italiano attivo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, noto soprattutto per i suoi paesaggi, i ritratti e le scene di vita quotidiana. La sua formazione artistica ebbe inizio in un periodo di fermento culturale, in cui le correnti del realismo e del verismo esercitarono una notevole influenza sui giovani artisti italiani.
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    Durante la sua carriera, Bazzaro si distinse per la capacità di catturare la luce e l'atmosfera, elementi che rendono le sue opere particolarmente evocative e ricche di dettagli naturalistici .

    Il percorso espositivo del pittore lo vide protagonista in numerose mostre sia in Italia che all’estero, contribuendo così a diffondere il suo stile personale e a consolidare la sua reputazione nell’ambito della pittura di genere e del paesaggio. Pur rimanendo ancorato ai canoni del realismo, Bazzaro sperimentò progressivamente nuove tecniche e linguaggi pittorici, integrando elementi modernisti che evidenziarono la sua capacità di interpretare in chiave personale la realtà circostante .

    Oggi, le opere di Leonardo Bazzaro sono apprezzate non solo per la loro bellezza formale, ma anche per il valore storico e culturale che rappresentano, testimonianza di un’epoca di importanti trasformazioni artistiche e sociali in Italia. Molte delle sue creazioni sono custodite in collezioni museali e private, continuando a suscitare interesse e ammirazione tra collezionisti e studiosi d’arte.

    Questa breve biografia intende offrire una panoramica della vita e dell’opera di un artista che, pur essendo stato apprezzato nel suo tempo, oggi rappresenta un importante capitolo della storia della pittura italiana.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 4  

    Alba mistica

    Luigi Nono
    Fusina (VE) 1850 - Venezia 1918
    Olio su tela cm 44,5x34,5 firmato in basso a dx L.Nono

    Luigi Nono nacque a Fusina (Venezia) l'8 dicembre 1850, figlio di Francesco Luigi, ricevitore di dogana, e Rosa Della Savia. Fu battezzato il 5 gennaio 1851 a Gambarare di Mira.
    Clicca per espandere

    Nel 1851 la famiglia si trasferì a Sacile, sul Livenza in Friuli. Dopo aver iniziato studi tecnici a Treviso, nel 1865 fu iscritto dal padre all'Accademia di belle arti di Venezia, dove ottenne numerosi premi e si diplomò nel 1871 con un dipinto lodato da Camillo Boito.

    Nel 1873 espose con successo all'Esposizione di Brera, dove presentò opere come "Le sorgenti del Gorgazzo". Partecipò a numerose mostre braidensi e nel 1875 fu tra i fondatori del Circolo artistico veneziano. Nel 1876 fece un viaggio di studio tra Firenze, Roma e Napoli. Tra il 1877 e il 1878 partecipò a diverse esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo riconoscimenti per opere come "Il mattino della sagra".

    Dopo la morte del padre nel 1879, si trasferì definitivamente a Venezia. Nel 1881 iniziò le escursioni a Chioggia, dove creò capolavori come "Refugium peccatorum" e "Ave Maria". Partecipò a numerose esposizioni internazionali, vincendo premi e ottenendo grande successo, come la medaglia d'oro a Monaco di Baviera nel 1884 per "Refugium peccatorum".

    Nel 1887 fu nominato cavaliere della Corona d'Italia. Sposò Rina Priuli Bon nel 1888, trasferendosi alle Zattere di Venezia. Nel 1891 fu nominato socio onorario di Brera. Partecipò alla prima Biennale di Venezia nel 1895 e ad altre mostre internazionali, continuando a produrre opere di grande successo.

    Durante la prima guerra mondiale, Nono si trasferì a Bologna e continuò a dipingere per mercanti d'arte. Nominato commendatore nel 1915, tornò a Venezia gravemente malato nel 1918 e morì il 15 ottobre nella sua casa alle Zattere. Le sue opere sono oggi conservate in varie collezioni e musei, segno del suo duraturo contributo all'arte italiana.

    STIMA min € 12000 - max € 15000

    Lotto 4  

    Alba mistica

    Luigi Nono Luigi Nono
    Fusina (VE) 1850 - Venezia 1918
    Olio su tela cm 44,5x34,5 firmato in basso a dx L.Nono

    Luigi Nono nacque a Fusina (Venezia) l'8 dicembre 1850, figlio di Francesco Luigi, ricevitore di dogana, e Rosa Della Savia. Fu battezzato il 5 gennaio 1851 a Gambarare di Mira.
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    Nel 1851 la famiglia si trasferì a Sacile, sul Livenza in Friuli. Dopo aver iniziato studi tecnici a Treviso, nel 1865 fu iscritto dal padre all'Accademia di belle arti di Venezia, dove ottenne numerosi premi e si diplomò nel 1871 con un dipinto lodato da Camillo Boito.

    Nel 1873 espose con successo all'Esposizione di Brera, dove presentò opere come "Le sorgenti del Gorgazzo". Partecipò a numerose mostre braidensi e nel 1875 fu tra i fondatori del Circolo artistico veneziano. Nel 1876 fece un viaggio di studio tra Firenze, Roma e Napoli. Tra il 1877 e il 1878 partecipò a diverse esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo riconoscimenti per opere come "Il mattino della sagra".

    Dopo la morte del padre nel 1879, si trasferì definitivamente a Venezia. Nel 1881 iniziò le escursioni a Chioggia, dove creò capolavori come "Refugium peccatorum" e "Ave Maria". Partecipò a numerose esposizioni internazionali, vincendo premi e ottenendo grande successo, come la medaglia d'oro a Monaco di Baviera nel 1884 per "Refugium peccatorum".

    Nel 1887 fu nominato cavaliere della Corona d'Italia. Sposò Rina Priuli Bon nel 1888, trasferendosi alle Zattere di Venezia. Nel 1891 fu nominato socio onorario di Brera. Partecipò alla prima Biennale di Venezia nel 1895 e ad altre mostre internazionali, continuando a produrre opere di grande successo.

    Durante la prima guerra mondiale, Nono si trasferì a Bologna e continuò a dipingere per mercanti d'arte. Nominato commendatore nel 1915, tornò a Venezia gravemente malato nel 1918 e morì il 15 ottobre nella sua casa alle Zattere. Le sue opere sono oggi conservate in varie collezioni e musei, segno del suo duraturo contributo all'arte italiana.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Luigi Nono
    Fusina (VE) 1850 - Venezia 1918
    Olio su tavola cm 21x32,5 firmato in basso a sx L.Nono

    Luigi Nono nacque a Fusina (Venezia) l'8 dicembre 1850, figlio di Francesco Luigi, ricevitore di dogana, e Rosa Della Savia. Fu battezzato il 5 gennaio 1851 a Gambarare di Mira.
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    Nel 1851 la famiglia si trasferì a Sacile, sul Livenza in Friuli. Dopo aver iniziato studi tecnici a Treviso, nel 1865 fu iscritto dal padre all'Accademia di belle arti di Venezia, dove ottenne numerosi premi e si diplomò nel 1871 con un dipinto lodato da Camillo Boito.

    Nel 1873 espose con successo all'Esposizione di Brera, dove presentò opere come "Le sorgenti del Gorgazzo". Partecipò a numerose mostre braidensi e nel 1875 fu tra i fondatori del Circolo artistico veneziano. Nel 1876 fece un viaggio di studio tra Firenze, Roma e Napoli. Tra il 1877 e il 1878 partecipò a diverse esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo riconoscimenti per opere come "Il mattino della sagra".

    Dopo la morte del padre nel 1879, si trasferì definitivamente a Venezia. Nel 1881 iniziò le escursioni a Chioggia, dove creò capolavori come "Refugium peccatorum" e "Ave Maria". Partecipò a numerose esposizioni internazionali, vincendo premi e ottenendo grande successo, come la medaglia d'oro a Monaco di Baviera nel 1884 per "Refugium peccatorum".

    Nel 1887 fu nominato cavaliere della Corona d'Italia. Sposò Rina Priuli Bon nel 1888, trasferendosi alle Zattere di Venezia. Nel 1891 fu nominato socio onorario di Brera. Partecipò alla prima Biennale di Venezia nel 1895 e ad altre mostre internazionali, continuando a produrre opere di grande successo.

    Durante la prima guerra mondiale, Nono si trasferì a Bologna e continuò a dipingere per mercanti d'arte. Nominato commendatore nel 1915, tornò a Venezia gravemente malato nel 1918 e morì il 15 ottobre nella sua casa alle Zattere. Le sue opere sono oggi conservate in varie collezioni e musei, segno del suo duraturo contributo all'arte italiana.

    STIMA min € 8000 - max € 10000

    Luigi Nono Luigi Nono
    Fusina (VE) 1850 - Venezia 1918
    Olio su tavola cm 21x32,5 firmato in basso a sx L.Nono

    Luigi Nono nacque a Fusina (Venezia) l'8 dicembre 1850, figlio di Francesco Luigi, ricevitore di dogana, e Rosa Della Savia. Fu battezzato il 5 gennaio 1851 a Gambarare di Mira.
    Clicca per espandere

    Nel 1851 la famiglia si trasferì a Sacile, sul Livenza in Friuli. Dopo aver iniziato studi tecnici a Treviso, nel 1865 fu iscritto dal padre all'Accademia di belle arti di Venezia, dove ottenne numerosi premi e si diplomò nel 1871 con un dipinto lodato da Camillo Boito.

    Nel 1873 espose con successo all'Esposizione di Brera, dove presentò opere come "Le sorgenti del Gorgazzo". Partecipò a numerose mostre braidensi e nel 1875 fu tra i fondatori del Circolo artistico veneziano. Nel 1876 fece un viaggio di studio tra Firenze, Roma e Napoli. Tra il 1877 e il 1878 partecipò a diverse esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo riconoscimenti per opere come "Il mattino della sagra".

    Dopo la morte del padre nel 1879, si trasferì definitivamente a Venezia. Nel 1881 iniziò le escursioni a Chioggia, dove creò capolavori come "Refugium peccatorum" e "Ave Maria". Partecipò a numerose esposizioni internazionali, vincendo premi e ottenendo grande successo, come la medaglia d'oro a Monaco di Baviera nel 1884 per "Refugium peccatorum".

    Nel 1887 fu nominato cavaliere della Corona d'Italia. Sposò Rina Priuli Bon nel 1888, trasferendosi alle Zattere di Venezia. Nel 1891 fu nominato socio onorario di Brera. Partecipò alla prima Biennale di Venezia nel 1895 e ad altre mostre internazionali, continuando a produrre opere di grande successo.

    Durante la prima guerra mondiale, Nono si trasferì a Bologna e continuò a dipingere per mercanti d'arte. Nominato commendatore nel 1915, tornò a Venezia gravemente malato nel 1918 e morì il 15 ottobre nella sua casa alle Zattere. Le sue opere sono oggi conservate in varie collezioni e musei, segno del suo duraturo contributo all'arte italiana.



    5 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 6  

    Venezia

    Pietro Fragiacomo
    Trieste 1856 - Venezia 1922
    Olio su tela cm 25x52 firmato in basso a dx P.Fragiacomo

    Pietro Fragiacomo, nato a Trieste nel 1856, si trasferì a Venezia da giovane e iniziò a lavorare presso la Società Veneta di Costruzioni Meccaniche. Dopo aver abbandonato gli studi all'Accademia di Belle Arti, continuò a dipingere sotto l'influenza di artisti come Giacomo Favretto ed Ettore Tito.
    Clicca per espandere

    Nel 1880, espose alla mostra nazionale di Torino e successivamente partecipò a varie esposizioni nazionali e internazionali.

    La sua pittura si concentrò sul paesaggio dell'entroterra lagunare veneziano, privilegiando vedute meno convenzionali e popolari rispetto ai suoi contemporanei. Nei suoi dipinti, la veduta diventava un mezzo per esprimere il suo stato d'animo, come evidenziato nei titoli come "Pace" e "Riposo". Nel 1893, ottenne riconoscimento con "La campana della sera", un dipinto che rappresenta un suggestivo scorcio veneziano al tramonto.

    Negli anni Novanta, Fragiacomo cambiò il suo stile, adottando una pittura più materica e sperimentando l'uso della tempera con sovrapposizioni di velature a olio. Nel 1895, entrò nel comitato organizzatore della Biennale di Venezia, esponendo regolarmente alla manifestazione. Nel corso del Novecento, esplorò influenze dell'Art Nouveau e partecipò a esposizioni nazionali e internazionali.

    La sua vasta produzione, stimata in circa 500 opere, è oggi dispersa tra collezioni private e pubbliche. Pietro Fragiacomo morì a Venezia nel 1922. Anche sua sorella, Antonietta, fu una pittrice di paesaggi, partecipando attivamente alla Biennale di Venezia e continuando la sua carriera fino a data di morte sconosciuta.

    STIMA min € 12000 - max € 15000

    Lotto 6  

    Venezia

    Pietro Fragiacomo Pietro Fragiacomo
    Trieste 1856 - Venezia 1922
    Olio su tela cm 25x52 firmato in basso a dx P.Fragiacomo

    Pietro Fragiacomo, nato a Trieste nel 1856, si trasferì a Venezia da giovane e iniziò a lavorare presso la Società Veneta di Costruzioni Meccaniche. Dopo aver abbandonato gli studi all'Accademia di Belle Arti, continuò a dipingere sotto l'influenza di artisti come Giacomo Favretto ed Ettore Tito.
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    Nel 1880, espose alla mostra nazionale di Torino e successivamente partecipò a varie esposizioni nazionali e internazionali.

    La sua pittura si concentrò sul paesaggio dell'entroterra lagunare veneziano, privilegiando vedute meno convenzionali e popolari rispetto ai suoi contemporanei. Nei suoi dipinti, la veduta diventava un mezzo per esprimere il suo stato d'animo, come evidenziato nei titoli come "Pace" e "Riposo". Nel 1893, ottenne riconoscimento con "La campana della sera", un dipinto che rappresenta un suggestivo scorcio veneziano al tramonto.

    Negli anni Novanta, Fragiacomo cambiò il suo stile, adottando una pittura più materica e sperimentando l'uso della tempera con sovrapposizioni di velature a olio. Nel 1895, entrò nel comitato organizzatore della Biennale di Venezia, esponendo regolarmente alla manifestazione. Nel corso del Novecento, esplorò influenze dell'Art Nouveau e partecipò a esposizioni nazionali e internazionali.

    La sua vasta produzione, stimata in circa 500 opere, è oggi dispersa tra collezioni private e pubbliche. Pietro Fragiacomo morì a Venezia nel 1922. Anche sua sorella, Antonietta, fu una pittrice di paesaggi, partecipando attivamente alla Biennale di Venezia e continuando la sua carriera fino a data di morte sconosciuta.



    0 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 7  

    Famiglia romana

    Francesco Ballesio
    Torino 1860 - Tivoli 1923
    Olio su tela cm 70x130.5 firmato in basso dx F.Ballesio Roma

    Francesco Ballesio nacque a Torino nel 1860 in una famiglia borghese e mostrò fin da giovane una forte inclinazione per il disegno e la pittura. Studiò all’Accademia Albertina di Belle Arti, dove ricevette una solida formazione accademica, per poi trasferirsi a Roma, città nella quale completò gli studi e si stabilì definitivamente.
    Clicca per espandere

    Nella capitale, aprì inizialmente uno studio in via Ripetta e successivamente in via Flaminia, entrando in contatto con l’ambiente artistico romano di fine Ottocento, vivace e cosmopolita.

    La sua prima affermazione pubblica avvenne nel 1884, quando partecipò all’Esposizione Generale di Torino con l’opera Ancora onesta. . . , che ricevette consensi per l’eleganza compositiva e la finezza dell’esecuzione. Da quel momento la sua produzione si concentrò su due filoni principali: le scene di genere ambientate nella vita quotidiana borghese e i soggetti di ispirazione orientalista, all’epoca molto richiesti dal mercato.

    Ballesio fu particolarmente apprezzato per la sua abilità nel rappresentare figure femminili in interni raffinati, momenti domestici, o piccoli episodi animati da un senso di grazia e leggerezza. Parallelamente, le sue opere di gusto orientale – raffiguranti mercanti, musicisti o danzatrici in ambienti esotici – rivelano un interesse più estetico che documentario, costruito attraverso uno sguardo colto e decorativo piuttosto che attraverso l’esperienza diretta dei luoghi. Nonostante non avesse viaggiato in Oriente, Ballesio riuscì a creare ambientazioni convincenti grazie all’uso di fotografie e incisioni, restituendo con equilibrio e maestria il fascino dell’esotico.

    Accanto alla pittura a olio, coltivò con particolare successo la tecnica dell’acquerello, che gli permise di rendere con leggerezza cromatica e precisione formale la delicatezza delle sue scene. Il suo stile, limpido e controllato, rispecchia il gusto borghese dell’epoca: una pittura elegante, narrativamente misurata, attenta ai dettagli e alla piacevolezza visiva.

    Nel 1874 sposò una donna piemontese e, trasferitosi poi a Tivoli nel 1912, vi trascorse gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi alla famiglia e alla pittura fino alla morte, avvenuta nel 1923. Ebbe dodici figli, e la sua casa divenne un luogo sereno dove continuò a lavorare in un clima domestico e raccolto.

    Le opere di Francesco Ballesio, molto apprezzate dal collezionismo inglese e americano, circolarono a lungo sul mercato internazionale.

    STIMA min € 12000 - max € 15000

    Lotto 7  

    Famiglia romana

    Francesco Ballesio Francesco Ballesio
    Torino 1860 - Tivoli 1923
    Olio su tela cm 70x130.5 firmato in basso dx F.Ballesio Roma

    Francesco Ballesio nacque a Torino nel 1860 in una famiglia borghese e mostrò fin da giovane una forte inclinazione per il disegno e la pittura. Studiò all’Accademia Albertina di Belle Arti, dove ricevette una solida formazione accademica, per poi trasferirsi a Roma, città nella quale completò gli studi e si stabilì definitivamente.
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    Nella capitale, aprì inizialmente uno studio in via Ripetta e successivamente in via Flaminia, entrando in contatto con l’ambiente artistico romano di fine Ottocento, vivace e cosmopolita.

    La sua prima affermazione pubblica avvenne nel 1884, quando partecipò all’Esposizione Generale di Torino con l’opera Ancora onesta. . . , che ricevette consensi per l’eleganza compositiva e la finezza dell’esecuzione. Da quel momento la sua produzione si concentrò su due filoni principali: le scene di genere ambientate nella vita quotidiana borghese e i soggetti di ispirazione orientalista, all’epoca molto richiesti dal mercato.

    Ballesio fu particolarmente apprezzato per la sua abilità nel rappresentare figure femminili in interni raffinati, momenti domestici, o piccoli episodi animati da un senso di grazia e leggerezza. Parallelamente, le sue opere di gusto orientale – raffiguranti mercanti, musicisti o danzatrici in ambienti esotici – rivelano un interesse più estetico che documentario, costruito attraverso uno sguardo colto e decorativo piuttosto che attraverso l’esperienza diretta dei luoghi. Nonostante non avesse viaggiato in Oriente, Ballesio riuscì a creare ambientazioni convincenti grazie all’uso di fotografie e incisioni, restituendo con equilibrio e maestria il fascino dell’esotico.

    Accanto alla pittura a olio, coltivò con particolare successo la tecnica dell’acquerello, che gli permise di rendere con leggerezza cromatica e precisione formale la delicatezza delle sue scene. Il suo stile, limpido e controllato, rispecchia il gusto borghese dell’epoca: una pittura elegante, narrativamente misurata, attenta ai dettagli e alla piacevolezza visiva.

    Nel 1874 sposò una donna piemontese e, trasferitosi poi a Tivoli nel 1912, vi trascorse gli ultimi anni della sua vita, dedicandosi alla famiglia e alla pittura fino alla morte, avvenuta nel 1923. Ebbe dodici figli, e la sua casa divenne un luogo sereno dove continuò a lavorare in un clima domestico e raccolto.

    Le opere di Francesco Ballesio, molto apprezzate dal collezionismo inglese e americano, circolarono a lungo sul mercato internazionale.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Angelo Protti
    Attivo a Milano tra il 1835 - 1875
    Olio su tela cm 84.5x140 firmato in basso sx Protti Ang.1872

    Esposto e pubblicato catalogo: Esposizione di Belle Arti di Milano
    Angelo Protti fu un pittore lombardo attivo tra la metà e la fine dell’Ottocento, la cui figura, pur poco documentata, occupa un posto interessante nella tradizione del paesaggio italiano. Nato e formatosi con ogni probabilità a Milano, è attestato in attività tra il 1835 e il 1875.
    Clicca per espandere

    I primi lavori noti mostrano una spiccata attenzione per la prospettiva e l’architettura, segno di un’influenza esercitata dalla scuola dei “Migliaristi”, pittori lombardi specializzati in vedute urbane e in interni prospettici.

    Con il passare degli anni, Protti si orientò verso una pittura più legata all’osservazione della natura. Le sue vedute dei laghi e delle campagne lombarde rivelano un interesse crescente per la luce e per la resa atmosferica, senza tuttavia abbandonare il rigore costruttivo appreso nella formazione accademica. Le opere dedicate ai paesaggi di Lecco, Pescarenico e Garlate testimoniano la capacità dell’artista di unire precisione descrittiva e sensibilità lirica, offrendo immagini tranquille e armoniose della Lombardia di metà secolo.

    Nel 1872 partecipò all’Esposizione di Belle Arti di Milano con i dipinti Veduta di Pescarenico, Veduta di Lecco e con un disegno a matita raffigurante Beatrice Cenci, opere che gli valsero l’attenzione della critica locale. La sua produzione, tuttavia, rimase lontana dalle correnti più sperimentali dell’epoca, conservando un tono sobrio e misurato, in linea con la tradizione brianzola e milanese del paesaggio realistico.

    Un piccolo ma significativo autoritratto, oggi conservato alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, mostra un volto attento e riflessivo, coerente con la discrezione della sua figura artistica. Di lui non si conoscono con certezza le date di nascita e di morte, ma la sua attività è documentata a Milano fino agli anni successivi al 1873, segno di una carriera coerente e legata all’ambiente lombardo.

    STIMA min € 18000 - max € 20000

    Angelo Protti Angelo Protti
    Attivo a Milano tra il 1835 - 1875
    Olio su tela cm 84.5x140 firmato in basso sx Protti Ang.1872

    Esposto e pubblicato catalogo: Esposizione di Belle Arti di Milano
    Angelo Protti fu un pittore lombardo attivo tra la metà e la fine dell’Ottocento, la cui figura, pur poco documentata, occupa un posto interessante nella tradizione del paesaggio italiano. Nato e formatosi con ogni probabilità a Milano, è attestato in attività tra il 1835 e il 1875.
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    I primi lavori noti mostrano una spiccata attenzione per la prospettiva e l’architettura, segno di un’influenza esercitata dalla scuola dei “Migliaristi”, pittori lombardi specializzati in vedute urbane e in interni prospettici.

    Con il passare degli anni, Protti si orientò verso una pittura più legata all’osservazione della natura. Le sue vedute dei laghi e delle campagne lombarde rivelano un interesse crescente per la luce e per la resa atmosferica, senza tuttavia abbandonare il rigore costruttivo appreso nella formazione accademica. Le opere dedicate ai paesaggi di Lecco, Pescarenico e Garlate testimoniano la capacità dell’artista di unire precisione descrittiva e sensibilità lirica, offrendo immagini tranquille e armoniose della Lombardia di metà secolo.

    Nel 1872 partecipò all’Esposizione di Belle Arti di Milano con i dipinti Veduta di Pescarenico, Veduta di Lecco e con un disegno a matita raffigurante Beatrice Cenci, opere che gli valsero l’attenzione della critica locale. La sua produzione, tuttavia, rimase lontana dalle correnti più sperimentali dell’epoca, conservando un tono sobrio e misurato, in linea con la tradizione brianzola e milanese del paesaggio realistico.

    Un piccolo ma significativo autoritratto, oggi conservato alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano, mostra un volto attento e riflessivo, coerente con la discrezione della sua figura artistica. Di lui non si conoscono con certezza le date di nascita e di morte, ma la sua attività è documentata a Milano fino agli anni successivi al 1873, segno di una carriera coerente e legata all’ambiente lombardo.



    4 offerte pre-asta Dettaglio
  • Achille Formis
    Napoli 1830 - Milano 1906
    Olio su tela cm 75x60 firmato in basso a sx A.Formis

    Achille Formis, nato Achille Befani l’15 settembre 1832 a Napoli e morto il 28 ottobre 1906 a Milano, fu un pittore italiano che seppe coniugare una formazione legata al canto lirico con una successiva e profonda dedizione alla pittura del paesaggio e delle vedute. In giovane età frequentò l’Accademia di Belle Arti di Napoli e inizialmente coltivò la carriera di basso nei teatri italiani sotto lo pseudonimo “Formis” — cognome materno — prima di dedicarsi definitivamente all’arte visiva negli anni Sessanta.
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    Trasferitosi a Milano, intraprese un nuovo percorso iscrivendosi all’Accademia di Brera e immergendosi nell’ambiente milanese del paesaggismo lombardo. In quegli anni avviò un intenso lavoro “dal vero” nelle campagne, lungo laghi e fiumi del Nord Italia, in cui emergeva la sua predilezione per la natura osservata direttamente: boschi, rive, laghi, ma anche ambienti orientali che aveva visitato durante viaggi in Egitto e Turchia. Questi soggiorni nel Levante gli permisero di introdurre nella sua pittura tematiche esotiche — villaggi arabi, scene turche, la luce nord-africana — che accrebbero la varietà del suo repertorio.

    Lo stile di Formis si caratterizza per un’adesione sincera al paesaggio, con pennellate spesso rapide e tattili, tavolozza luminosa ma equilibrata e composizioni che alternano vasti spazi aperti a dettagli di vita quotidiana. Pur non aderendo alle correnti più radicali del suo tempo, egli fu riconosciuto come figura di spicco del naturalismo lombardo, collaborando e dialogando con artisti quali Eugenio Gignous. Le sue opere testimoniano una capacità di cogliere l’atmosfera di un luogo: il riflesso luminoso sul lago, la nebbia mattutina sulla pianura, il fascino orientale di una luce sconosciuta.

    Formis partecipò con regolarità alle Esposizioni nazionali di Belle Arti, mostre della Permanente di Milano e manifestazioni internazionali, ottenendo apprezzamento per la freschezza della visione e per la tecnica matura. Tra le sue opere più note si segnalano paesaggi sul lago di Varese, scene agricole mantovane e marine lagunari. Nell’ultimo periodo della sua carriera si fece più sottile nella stesura della materia e più audace nei tagli prospettici, pur restando fedele al suo linguaggio visivo sobrio e ben calibrato.

    Morì a Milano nel 1906.

    STIMA min € 5000 - max € 6000

    Achille Formis Achille Formis
    Napoli 1830 - Milano 1906
    Olio su tela cm 75x60 firmato in basso a sx A.Formis

    Achille Formis, nato Achille Befani l’15 settembre 1832 a Napoli e morto il 28 ottobre 1906 a Milano, fu un pittore italiano che seppe coniugare una formazione legata al canto lirico con una successiva e profonda dedizione alla pittura del paesaggio e delle vedute. In giovane età frequentò l’Accademia di Belle Arti di Napoli e inizialmente coltivò la carriera di basso nei teatri italiani sotto lo pseudonimo “Formis” — cognome materno — prima di dedicarsi definitivamente all’arte visiva negli anni Sessanta.
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    Trasferitosi a Milano, intraprese un nuovo percorso iscrivendosi all’Accademia di Brera e immergendosi nell’ambiente milanese del paesaggismo lombardo. In quegli anni avviò un intenso lavoro “dal vero” nelle campagne, lungo laghi e fiumi del Nord Italia, in cui emergeva la sua predilezione per la natura osservata direttamente: boschi, rive, laghi, ma anche ambienti orientali che aveva visitato durante viaggi in Egitto e Turchia. Questi soggiorni nel Levante gli permisero di introdurre nella sua pittura tematiche esotiche — villaggi arabi, scene turche, la luce nord-africana — che accrebbero la varietà del suo repertorio.

    Lo stile di Formis si caratterizza per un’adesione sincera al paesaggio, con pennellate spesso rapide e tattili, tavolozza luminosa ma equilibrata e composizioni che alternano vasti spazi aperti a dettagli di vita quotidiana. Pur non aderendo alle correnti più radicali del suo tempo, egli fu riconosciuto come figura di spicco del naturalismo lombardo, collaborando e dialogando con artisti quali Eugenio Gignous. Le sue opere testimoniano una capacità di cogliere l’atmosfera di un luogo: il riflesso luminoso sul lago, la nebbia mattutina sulla pianura, il fascino orientale di una luce sconosciuta.

    Formis partecipò con regolarità alle Esposizioni nazionali di Belle Arti, mostre della Permanente di Milano e manifestazioni internazionali, ottenendo apprezzamento per la freschezza della visione e per la tecnica matura. Tra le sue opere più note si segnalano paesaggi sul lago di Varese, scene agricole mantovane e marine lagunari. Nell’ultimo periodo della sua carriera si fece più sottile nella stesura della materia e più audace nei tagli prospettici, pur restando fedele al suo linguaggio visivo sobrio e ben calibrato.

    Morì a Milano nel 1906.



    2 offerte pre-asta Dettaglio
  • Alessandro Milesi
    Venezia 1856-1945
    Olio su tela cm 71x43 firmato in basso a sx Milesi

    Alessandro Milesi, figlio di Giovanni Maria, un commerciante all'ingrosso di granaglie, e della sua seconda moglie Lucia Viola, vide la luce a Venezia il 29 aprile 1856. Fu battezzato il 4 maggio nella parrocchia di S.
    Clicca per espandere

    Trovaso, contribuendo così alla ricca tradizione artistica di questa città lagunare.

    La sua giovinezza fu segnata da sfide economiche a causa della malattia del padre, che lo spinsero a iniziare a lavorare come tabaccaio nei pressi di S. Simeone. Tuttavia, la sua passione per l'arte lo spinse a perseguire una carriera artistica.

    A soli tredici anni, il 15 novembre 1869, Alessandro si iscrisse all'Accademia di belle arti di Venezia, un importante passo nella sua formazione. Qui studiò con impegno e ottenne risultati lodevoli, come attestato dai documenti conservati negli Archivi dell'Accademia.

    Il suo percorso artistico lo portò successivamente a Verona, dove seguì il suo insegnante Napoleone Nani. Grazie all'aiuto di Nani, ottenne commissioni importanti, tra cui il dipinto del soffitto di una chiesa a Isola della Scala e altri lavori significativi.

    Tornato a Venezia, Alessandro Milesi creò opere notevoli, tra cui i ritratti del padre e della madre, esposti in importanti gallerie d'arte. Espose in diverse mostre nazionali ed internazionali, guadagnandosi una crescente reputazione.

    Le sue opere spesso rappresentavano scene di vita quotidiana veneziana, con gruppi di persone intente al lavoro o alla conversazione, influenzate dalla tendenza artistica di quegli anni. Le sue composizioni richiamavano l'attenzione di collezionisti e artisti stranieri.

    Nel 1886, Alessandro Milesi si sposò con Maria Ciardi, anch'essa proveniente da una famiglia di artisti. Continuò a dipingere con passione, realizzando ritratti e opere di grande impegno sociale.

    Partecipò regolarmente alla Biennale di Venezia, esponendo diverse opere che ottennero apprezzamento e premi. Il suo contributo all'arte veneziana fu significativo, con opere che riflettevano la vita e la cultura della città.

    Nel 1934, realizzò una pala d'altare per la chiesa di S. Teresa a Venezia, una delle rare opere a soggetto religioso della sua carriera.

    Alessandro Milesi trascorse gran parte della sua vita a Venezia, contribuendo in modo significativo alla scena artistica della città. Morì il 29 ottobre 1945 a Venezia, lasciando un eredità duratura nel mondo dell'arte veneziana. Le sue opere continuano a essere ammirate e studiate per la loro bellezza e autenticità.

    STIMA min € 8000 - max € 10000

    Alessandro Milesi Alessandro Milesi
    Venezia 1856-1945
    Olio su tela cm 71x43 firmato in basso a sx Milesi

    Alessandro Milesi, figlio di Giovanni Maria, un commerciante all'ingrosso di granaglie, e della sua seconda moglie Lucia Viola, vide la luce a Venezia il 29 aprile 1856. Fu battezzato il 4 maggio nella parrocchia di S.
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    Trovaso, contribuendo così alla ricca tradizione artistica di questa città lagunare.

    La sua giovinezza fu segnata da sfide economiche a causa della malattia del padre, che lo spinsero a iniziare a lavorare come tabaccaio nei pressi di S. Simeone. Tuttavia, la sua passione per l'arte lo spinse a perseguire una carriera artistica.

    A soli tredici anni, il 15 novembre 1869, Alessandro si iscrisse all'Accademia di belle arti di Venezia, un importante passo nella sua formazione. Qui studiò con impegno e ottenne risultati lodevoli, come attestato dai documenti conservati negli Archivi dell'Accademia.

    Il suo percorso artistico lo portò successivamente a Verona, dove seguì il suo insegnante Napoleone Nani. Grazie all'aiuto di Nani, ottenne commissioni importanti, tra cui il dipinto del soffitto di una chiesa a Isola della Scala e altri lavori significativi.

    Tornato a Venezia, Alessandro Milesi creò opere notevoli, tra cui i ritratti del padre e della madre, esposti in importanti gallerie d'arte. Espose in diverse mostre nazionali ed internazionali, guadagnandosi una crescente reputazione.

    Le sue opere spesso rappresentavano scene di vita quotidiana veneziana, con gruppi di persone intente al lavoro o alla conversazione, influenzate dalla tendenza artistica di quegli anni. Le sue composizioni richiamavano l'attenzione di collezionisti e artisti stranieri.

    Nel 1886, Alessandro Milesi si sposò con Maria Ciardi, anch'essa proveniente da una famiglia di artisti. Continuò a dipingere con passione, realizzando ritratti e opere di grande impegno sociale.

    Partecipò regolarmente alla Biennale di Venezia, esponendo diverse opere che ottennero apprezzamento e premi. Il suo contributo all'arte veneziana fu significativo, con opere che riflettevano la vita e la cultura della città.

    Nel 1934, realizzò una pala d'altare per la chiesa di S. Teresa a Venezia, una delle rare opere a soggetto religioso della sua carriera.

    Alessandro Milesi trascorse gran parte della sua vita a Venezia, contribuendo in modo significativo alla scena artistica della città. Morì il 29 ottobre 1945 a Venezia, lasciando un eredità duratura nel mondo dell'arte veneziana. Le sue opere continuano a essere ammirate e studiate per la loro bellezza e autenticità.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 11  

    Ritratto di Nobildonna

    Federico Zandomeneghi
    Venezia 1841 - Parigi 1917
    Olio su tela cm 58,5x50 firmato in basso a dx F.Zandomeneghi

    Federico Zandomeneghi nacque a Venezia il 2 giugno 1841 in una famiglia d’artisti: il padre Pietro e il nonno Luigi erano scultori di fama, ma lui, fin da giovane, mostrò una naturale inclinazione per la pittura. Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, la sua carriera fu segnata dagli eventi storici del tempo.
    Clicca per espandere

    Nel 1859, per sfuggire alla leva dell’esercito austriaco, lasciò la città natale e, l’anno successivo, partecipò come volontario all’impresa dei Mille di Garibaldi in Sicilia, esperienza che gli conferì un profondo senso di libertà e indipendenza.

    Nel 1862 si trasferì a Firenze, dove entrò in contatto con gli artisti del gruppo dei Macchiaioli, tra cui Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Giuseppe Abbati. L’incontro con questa cerchia fu decisivo: Zandomeneghi iniziò a dipingere all’aperto, a studiare la luce naturale e a usare il colore in modo più diretto e vibrante. La sua pittura di questi anni si caratterizza per l’attenzione alla vita quotidiana e per la rappresentazione realistica del paesaggio toscano, elementi che prefigurano la sua futura adesione all’Impressionismo.

    Nel 1874 partì per Parigi, città che divenne la sua nuova patria artistica. Lì frequentò gli ambienti più innovativi dell’epoca, incontrando Edgar Degas, con cui instaurò un’amicizia duratura, e partecipando alle mostre del gruppo impressionista tra il 1879 e il 1886. In Francia, Zandomeneghi trovò la piena maturità stilistica: la sua pittura si fece più luminosa, attenta agli effetti ottici e alle sfumature atmosferiche, ma mantenne sempre una compostezza e un equilibrio tipicamente italiani.

    I soggetti prediletti divennero le figure femminili colte nella vita di ogni giorno: donne che leggono, si pettinano, lavorano, conversano. In queste scene intime e silenziose, spesso realizzate con la tecnica del pastello, l’artista esprimeva una sensibilità poetica e un’osservazione acuta della realtà borghese. Il colore, morbido e trasparente, divenne il veicolo principale delle sue emozioni, conferendo alle sue opere un tono di dolcezza e di introspezione.

    Pur vivendo a Parigi, Zandomeneghi conservò sempre un legame profondo con le sue origini italiane. Nella luce delle sue tele e nella compostezza delle figure si ritrova l’eredità veneziana, unita alla libertà cromatica appresa in Francia. Questa fusione di discipline e culture fa di lui un ponte ideale tra la tradizione pittorica italiana e l’avanguardia europea.

    Morì a Parigi il 31 dicembre 1917, dopo una vita interamente dedicata alla pittura.

    STIMA min € 10000 - max € 12000

    Lotto 11  

    Ritratto di Nobildonna

    Federico Zandomeneghi Federico Zandomeneghi
    Venezia 1841 - Parigi 1917
    Olio su tela cm 58,5x50 firmato in basso a dx F.Zandomeneghi

    Federico Zandomeneghi nacque a Venezia il 2 giugno 1841 in una famiglia d’artisti: il padre Pietro e il nonno Luigi erano scultori di fama, ma lui, fin da giovane, mostrò una naturale inclinazione per la pittura. Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, la sua carriera fu segnata dagli eventi storici del tempo.
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    Nel 1859, per sfuggire alla leva dell’esercito austriaco, lasciò la città natale e, l’anno successivo, partecipò come volontario all’impresa dei Mille di Garibaldi in Sicilia, esperienza che gli conferì un profondo senso di libertà e indipendenza.

    Nel 1862 si trasferì a Firenze, dove entrò in contatto con gli artisti del gruppo dei Macchiaioli, tra cui Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Giuseppe Abbati. L’incontro con questa cerchia fu decisivo: Zandomeneghi iniziò a dipingere all’aperto, a studiare la luce naturale e a usare il colore in modo più diretto e vibrante. La sua pittura di questi anni si caratterizza per l’attenzione alla vita quotidiana e per la rappresentazione realistica del paesaggio toscano, elementi che prefigurano la sua futura adesione all’Impressionismo.

    Nel 1874 partì per Parigi, città che divenne la sua nuova patria artistica. Lì frequentò gli ambienti più innovativi dell’epoca, incontrando Edgar Degas, con cui instaurò un’amicizia duratura, e partecipando alle mostre del gruppo impressionista tra il 1879 e il 1886. In Francia, Zandomeneghi trovò la piena maturità stilistica: la sua pittura si fece più luminosa, attenta agli effetti ottici e alle sfumature atmosferiche, ma mantenne sempre una compostezza e un equilibrio tipicamente italiani.

    I soggetti prediletti divennero le figure femminili colte nella vita di ogni giorno: donne che leggono, si pettinano, lavorano, conversano. In queste scene intime e silenziose, spesso realizzate con la tecnica del pastello, l’artista esprimeva una sensibilità poetica e un’osservazione acuta della realtà borghese. Il colore, morbido e trasparente, divenne il veicolo principale delle sue emozioni, conferendo alle sue opere un tono di dolcezza e di introspezione.

    Pur vivendo a Parigi, Zandomeneghi conservò sempre un legame profondo con le sue origini italiane. Nella luce delle sue tele e nella compostezza delle figure si ritrova l’eredità veneziana, unita alla libertà cromatica appresa in Francia. Questa fusione di discipline e culture fa di lui un ponte ideale tra la tradizione pittorica italiana e l’avanguardia europea.

    Morì a Parigi il 31 dicembre 1917, dopo una vita interamente dedicata alla pittura.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 12  

    Lago di Como 1885

    Bartolomeo Giuliano
    Susa 1825 - Milano 1909
    Olio su tela cm 47,5x75 firmato in basso a sx B.Giuliano

    Bartolomeo Giuliano è stato un pittore italiano del XIX secolo, nato a Susa il 15 agosto 1825 e morto a Milano il 12 aprile 1909. La sua biografia rivela una carriera ricca di esperienze e riconoscimenti nel panorama artistico italiano.
    Clicca per espandere



    Giuliano iniziò la sua formazione a Torino presso l'Accademia Albertina, dove fu allievo di artisti come G. B. Biscarra e C. Arienti. Dopo aver lavorato in Sardegna con il padre, medico, e aver prodotto disegni e acquerelli ispirati al paesaggio locale, si trasferì a Firenze e successivamente a Milano. Questi spostamenti geografici influenzarono profondamente il suo stile pittorico, che si evolse da una pittura di storia e paesaggio di impronta romantica a una più variegata esplorazione dei generi pittorici.

    Nel 1860 o 1861, Giuliano sposò Federica Giuseppina Gervasoni, anch'essa pittrice, e si trasferì definitivamente a Milano grazie all'incarico accademico del suocero. Qui, divenne primo aggiunto di R. Casnedi all'Accademia di Brera, insegnando fino al 1883 e partecipando attivamente alla vita accademica.

    La sua produzione artistica comprende dipinti di storia, paesaggi, ritratti e scene di genere. Tra le opere più celebri si annoverano "Passaggio travaglioso per Susa dell'imperatore Federico Barbarossa" e "Van Dyck dipinge i figli di Carlo I". Nel corso della sua carriera, Giuliano partecipò regolarmente alle esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo un notevole successo anche all'estero.

    Giuliano si distinse per un approccio pittorico che si adattava ai cambiamenti di gusto del suo tempo, spaziando dal romanticismo iniziale a un realismo più marcato verso la fine della sua carriera. Fu anche attivo nella ritrattistica e nella pittura decorativa, contribuendo anche con opere murali alla Galleria Vittorio Emanuele II di Milano.

    La sua eredità artistica è oggi conservata in numerose collezioni pubbliche e private, testimoniando il suo ruolo significativo nel panorama artistico italiano dell'Ottocento.

    STIMA min € 8000 - max € 10000

    Lotto 12  

    Lago di Como 1885

    Bartolomeo Giuliano Bartolomeo Giuliano
    Susa 1825 - Milano 1909
    Olio su tela cm 47,5x75 firmato in basso a sx B.Giuliano

    Bartolomeo Giuliano è stato un pittore italiano del XIX secolo, nato a Susa il 15 agosto 1825 e morto a Milano il 12 aprile 1909. La sua biografia rivela una carriera ricca di esperienze e riconoscimenti nel panorama artistico italiano.
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    Giuliano iniziò la sua formazione a Torino presso l'Accademia Albertina, dove fu allievo di artisti come G. B. Biscarra e C. Arienti. Dopo aver lavorato in Sardegna con il padre, medico, e aver prodotto disegni e acquerelli ispirati al paesaggio locale, si trasferì a Firenze e successivamente a Milano. Questi spostamenti geografici influenzarono profondamente il suo stile pittorico, che si evolse da una pittura di storia e paesaggio di impronta romantica a una più variegata esplorazione dei generi pittorici.

    Nel 1860 o 1861, Giuliano sposò Federica Giuseppina Gervasoni, anch'essa pittrice, e si trasferì definitivamente a Milano grazie all'incarico accademico del suocero. Qui, divenne primo aggiunto di R. Casnedi all'Accademia di Brera, insegnando fino al 1883 e partecipando attivamente alla vita accademica.

    La sua produzione artistica comprende dipinti di storia, paesaggi, ritratti e scene di genere. Tra le opere più celebri si annoverano "Passaggio travaglioso per Susa dell'imperatore Federico Barbarossa" e "Van Dyck dipinge i figli di Carlo I". Nel corso della sua carriera, Giuliano partecipò regolarmente alle esposizioni nazionali e internazionali, ottenendo un notevole successo anche all'estero.

    Giuliano si distinse per un approccio pittorico che si adattava ai cambiamenti di gusto del suo tempo, spaziando dal romanticismo iniziale a un realismo più marcato verso la fine della sua carriera. Fu anche attivo nella ritrattistica e nella pittura decorativa, contribuendo anche con opere murali alla Galleria Vittorio Emanuele II di Milano.

    La sua eredità artistica è oggi conservata in numerose collezioni pubbliche e private, testimoniando il suo ruolo significativo nel panorama artistico italiano dell'Ottocento.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Francesco Filippini
    Brescia 1853 - Milano 1895
    Olio su tavola cm 29,5x45 firmato in basso a dx F.Filippini

    Francesco Filippini nacque a Brescia il 18 settembre 1853 da Lorenzo, falegname, e Silvia Signoria, operaia cucitrice. A causa delle difficili condizioni familiari, sin da giovane iniziò a lavorare, dapprima come garzone in una pasticceria cittadina e successivamente come scrivano presso lo studio di un notaio.
    Clicca per espandere

    Tuttavia, già da giovane manifestò il suo talento artistico realizzando alcuni ritratti della famiglia Chiappa, proprietaria della pasticceria dove lavorava (Nicodemi, 1933, p. 4).

    Per approfondire le sue competenze artistiche, si iscrisse alla civica scuola di disegno presso la Pinacoteca Tosio di Brescia, dove studiava Giuseppe Ariassi, un artista seguace dell'accademia classica. Il suo apprendistato presso Luigi Campini contribuì a solidificare le sue capacità nel rappresentare figure realistiche integrate nel paesaggio, uno stile che avrebbe caratterizzato tutto il suo percorso artistico.

    Il suo impegno negli studi e il suo talento attirarono l'attenzione della commissione di tutela della scuola, che nel 1872 propose un sussidio del Comune per lui e per l'amico coetaneo Luigi Lombardi. Questo sostegno finanziario permise a Filippini di continuare i suoi studi e di entrare nell'ambito dell'artista bresciano Benedetto Schermini, da cui acquisì un approccio sobrio alla pittura.

    Nel 1875, grazie all'aiuto di Paolo Da Ponte, ottenne una pensione che lo portò a Milano, dove studiò con Giuseppe Bertini e venne influenzato dalle opere di Tranquillo Cremona, Ottone Silvestri e Leonardo Bistolfi. Nonostante le speranze di entrare nel corpo delle guardie di finanza, Filippini non fu accettato per motivi di salute, decidendo così di concentrarsi completamente sulla pittura.

    A Milano, dove si stabilì definitivamente a partire dal 1880, Filippini divenne parte integrante della scena artistica, esponendo regolarmente alla mostra annuale dell'Accademia di Brera. La sua produzione artistica comprendeva principalmente paesaggi ispirati dalle sue estati trascorse a Gardone Val Trompia e altri luoghi naturali italiani.

    Il successo di Filippini lo portò a frequentare salotti e circoli mondani, dove fu apprezzato non solo per la sua arte, ma anche per il suo stile elegante e per i ritratti vivaci che dipinse. Espose con successo in numerose esposizioni nazionali e internazionali, guadagnandosi riconoscimenti come il premio Fumagalli per il paesaggio nel 1887 e diventando socio onorario dell'Accademia di Belle Arti di Brera nel 1888.

    Nel corso della sua carriera, Filippini mantenne legami con la sua città natale di Brescia e con altri artisti lombardi, inclusi i maestri del divisionismo come Giovanni Segantini. La sua pittura, influenzata dal realismo e dalle nuove tendenze impressioniste, si distinse per la sua tecnica sottile e lirica nel ritrarre l'atmosfera dei paesaggi naturali e urbani.

    Francesco Filippini morì a Milano il 6 marzo 1895, lasciando un'impronta significativa nella pittura italiana dell'Ottocento.

    STIMA min € 10000 - max € 12000

    Francesco Filippini Francesco Filippini
    Brescia 1853 - Milano 1895
    Olio su tavola cm 29,5x45 firmato in basso a dx F.Filippini

    Francesco Filippini nacque a Brescia il 18 settembre 1853 da Lorenzo, falegname, e Silvia Signoria, operaia cucitrice. A causa delle difficili condizioni familiari, sin da giovane iniziò a lavorare, dapprima come garzone in una pasticceria cittadina e successivamente come scrivano presso lo studio di un notaio.
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    Tuttavia, già da giovane manifestò il suo talento artistico realizzando alcuni ritratti della famiglia Chiappa, proprietaria della pasticceria dove lavorava (Nicodemi, 1933, p. 4).

    Per approfondire le sue competenze artistiche, si iscrisse alla civica scuola di disegno presso la Pinacoteca Tosio di Brescia, dove studiava Giuseppe Ariassi, un artista seguace dell'accademia classica. Il suo apprendistato presso Luigi Campini contribuì a solidificare le sue capacità nel rappresentare figure realistiche integrate nel paesaggio, uno stile che avrebbe caratterizzato tutto il suo percorso artistico.

    Il suo impegno negli studi e il suo talento attirarono l'attenzione della commissione di tutela della scuola, che nel 1872 propose un sussidio del Comune per lui e per l'amico coetaneo Luigi Lombardi. Questo sostegno finanziario permise a Filippini di continuare i suoi studi e di entrare nell'ambito dell'artista bresciano Benedetto Schermini, da cui acquisì un approccio sobrio alla pittura.

    Nel 1875, grazie all'aiuto di Paolo Da Ponte, ottenne una pensione che lo portò a Milano, dove studiò con Giuseppe Bertini e venne influenzato dalle opere di Tranquillo Cremona, Ottone Silvestri e Leonardo Bistolfi. Nonostante le speranze di entrare nel corpo delle guardie di finanza, Filippini non fu accettato per motivi di salute, decidendo così di concentrarsi completamente sulla pittura.

    A Milano, dove si stabilì definitivamente a partire dal 1880, Filippini divenne parte integrante della scena artistica, esponendo regolarmente alla mostra annuale dell'Accademia di Brera. La sua produzione artistica comprendeva principalmente paesaggi ispirati dalle sue estati trascorse a Gardone Val Trompia e altri luoghi naturali italiani.

    Il successo di Filippini lo portò a frequentare salotti e circoli mondani, dove fu apprezzato non solo per la sua arte, ma anche per il suo stile elegante e per i ritratti vivaci che dipinse. Espose con successo in numerose esposizioni nazionali e internazionali, guadagnandosi riconoscimenti come il premio Fumagalli per il paesaggio nel 1887 e diventando socio onorario dell'Accademia di Belle Arti di Brera nel 1888.

    Nel corso della sua carriera, Filippini mantenne legami con la sua città natale di Brescia e con altri artisti lombardi, inclusi i maestri del divisionismo come Giovanni Segantini. La sua pittura, influenzata dal realismo e dalle nuove tendenze impressioniste, si distinse per la sua tecnica sottile e lirica nel ritrarre l'atmosfera dei paesaggi naturali e urbani.

    Francesco Filippini morì a Milano il 6 marzo 1895, lasciando un'impronta significativa nella pittura italiana dell'Ottocento.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Giovanni Renica
    Montirone 1808 - Brescia 1884
    Olio su tela cm 35x47,5 firmato in basso a dx G.Renica

    Giovanni Renica nacque a Montirone (Brescia) nel marzo 1808 e mostrò sin da giovane una forte inclinazione per la pittura, allontanandosi presto da una formazione limitata al disegno tecnico. Grazie all’intervento dell’architetto Rodolfo Vantini poté trasferirsi a Milano, dove frequentò la scuola del maestro Giovanni Migliara e affinò il suo linguaggio pittorico.
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    Negli anni Trenta dell’Ottocento Renica iniziò a farsi conoscere grazie a vedute panoramiche e urbane destinate alle esposizioni milanesi e bresciane e a committenze private. La sua sensibilità per la prospettiva e la luce lo collocava saldamente nella tradizione lombarda del vedutismo romantico, ma allo stesso tempo egli intraprese un viaggio straordinario che avrebbe segnato la sua produzione. Tra il 1839 e il 1840 attraversò il Mediterraneo: toccò la Grecia, l’Egitto, la Palestina, la Turchia e la Libia, annotando schizzi e impressioni da cui trasse poi tele di ambientazione orientale. Questa esperienza lo collocò tra i primi pittori italiani a esplorare visivamente il Medio Oriente, e lasciò tracce evidenti nella sua opera.

    Dopo il suo rientro in Italia continuò a lavorare prevalentemente come paesaggista, alternando vedute della Lombardia, laghi, campagne e scorci urbani a scene “esotiche” di ambientazione medio­orientale. Il suo stile, pur fondato sul rigore prospettico e sulla descrizione, si fece via via più attento alla luce, all’atmosfera e alla resa dei dettagli “visti dal vero”. Negli anni maturi lavorò anche a insegnare e a produrre numerosi studi, schizzi e bozzetti, segno di una produzione molto legata all’osservazione diretta.

    Verso la fine della sua vita, nel 1879 fece ritorno stabilmente a Brescia, dove assunse un ruolo di rilievo nella vita culturale cittadina e cedette agli Atenei locali una vasta raccolta di studi, tavole e opere donate alla sua città natale. Colpito da una progressiva perdita della vista, dovette ritirarsi dall'attività attiva e morì il 27 agosto 1884.

    STIMA min € 8000 - max € 10000

    Giovanni Renica Giovanni Renica
    Montirone 1808 - Brescia 1884
    Olio su tela cm 35x47,5 firmato in basso a dx G.Renica

    Giovanni Renica nacque a Montirone (Brescia) nel marzo 1808 e mostrò sin da giovane una forte inclinazione per la pittura, allontanandosi presto da una formazione limitata al disegno tecnico. Grazie all’intervento dell’architetto Rodolfo Vantini poté trasferirsi a Milano, dove frequentò la scuola del maestro Giovanni Migliara e affinò il suo linguaggio pittorico.
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    Negli anni Trenta dell’Ottocento Renica iniziò a farsi conoscere grazie a vedute panoramiche e urbane destinate alle esposizioni milanesi e bresciane e a committenze private. La sua sensibilità per la prospettiva e la luce lo collocava saldamente nella tradizione lombarda del vedutismo romantico, ma allo stesso tempo egli intraprese un viaggio straordinario che avrebbe segnato la sua produzione. Tra il 1839 e il 1840 attraversò il Mediterraneo: toccò la Grecia, l’Egitto, la Palestina, la Turchia e la Libia, annotando schizzi e impressioni da cui trasse poi tele di ambientazione orientale. Questa esperienza lo collocò tra i primi pittori italiani a esplorare visivamente il Medio Oriente, e lasciò tracce evidenti nella sua opera.

    Dopo il suo rientro in Italia continuò a lavorare prevalentemente come paesaggista, alternando vedute della Lombardia, laghi, campagne e scorci urbani a scene “esotiche” di ambientazione medio­orientale. Il suo stile, pur fondato sul rigore prospettico e sulla descrizione, si fece via via più attento alla luce, all’atmosfera e alla resa dei dettagli “visti dal vero”. Negli anni maturi lavorò anche a insegnare e a produrre numerosi studi, schizzi e bozzetti, segno di una produzione molto legata all’osservazione diretta.

    Verso la fine della sua vita, nel 1879 fece ritorno stabilmente a Brescia, dove assunse un ruolo di rilievo nella vita culturale cittadina e cedette agli Atenei locali una vasta raccolta di studi, tavole e opere donate alla sua città natale. Colpito da una progressiva perdita della vista, dovette ritirarsi dall'attività attiva e morì il 27 agosto 1884.



    0 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 15  

    Gruppo di soldati

    Carlo Ademollo
    Firenze 1824 - 1911
    Olio su tela cm 78x50 firmato in basso a dx C.Ademollo

    Carlo Ademollo nacque a Firenze il 9 ottobre 1824 in una famiglia d’artisti: era nipote del celebre pittore neoclassico Luigi Ademollo, che ne incoraggiò fin da subito la vocazione artistica. Nel 1838 si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove fu allievo di Giuseppe Bezzuoli, maestro di storia e di composizione, che gli trasmise una pittura rigorosa, saldamente ancorata ai principi accademici ma aperta all’osservazione del vero.
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    Fin dagli esordi Ademollo mostrò interesse per la rappresentazione della vita contemporanea e per i grandi temi della storia nazionale. Nel 1848 partecipò alla Promotrice fiorentina con scene di genere e soggetti di vita quotidiana, caratterizzati da una narrazione vivace e da un gusto realistico che lo distingueva all’interno della pittura toscana dell’epoca. Pur frequentando gli ambienti del “Caffè Michelangelo”, centro del dibattito artistico da cui nacque la scuola dei Macchiaioli, Ademollo non aderì pienamente a quella corrente. Rimase legato a una visione più tradizionale della pittura, basata sulla chiarezza compositiva, la precisione disegnativa e la costruzione narrativa dell’immagine.

    Il periodo del Risorgimento rappresentò per lui una svolta decisiva. Animato da forte spirito patriottico, seguì da vicino le campagne militari dell’indipendenza italiana, documentandone i momenti salienti con attenzione da cronista e sensibilità da artista. Le sue tele, come L’ultimo assalto di San Martino e La breccia di Porta Pia, restituiscono con partecipazione emotiva la tensione e l’eroismo di quegli eventi, diventando testimonianze visive della nascita dell’Italia unita. In queste opere la pittura si fa racconto storico, fondendo rigore compositivo e intensità drammatica.

    Oltre alle scene belliche, Ademollo dipinse ritratti, paesaggi dell’Appennino toscano e quadri di costume, mantenendo sempre una pittura attenta al disegno e alla resa realistica dei dettagli. Negli anni maturi ottenne importanti riconoscimenti e incarichi accademici: divenne professore all’Accademia di Belle Arti di Firenze e membro di diverse istituzioni artistiche italiane, consolidando la sua fama di pittore colto e coerente.

    Carlo Ademollo morì a Firenze il 15 luglio 1911

    STIMA min € 7000 - max € 9000

    Lotto 15  

    Gruppo di soldati

    Carlo Ademollo Carlo Ademollo
    Firenze 1824 - 1911
    Olio su tela cm 78x50 firmato in basso a dx C.Ademollo

    Carlo Ademollo nacque a Firenze il 9 ottobre 1824 in una famiglia d’artisti: era nipote del celebre pittore neoclassico Luigi Ademollo, che ne incoraggiò fin da subito la vocazione artistica. Nel 1838 si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove fu allievo di Giuseppe Bezzuoli, maestro di storia e di composizione, che gli trasmise una pittura rigorosa, saldamente ancorata ai principi accademici ma aperta all’osservazione del vero.
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    Fin dagli esordi Ademollo mostrò interesse per la rappresentazione della vita contemporanea e per i grandi temi della storia nazionale. Nel 1848 partecipò alla Promotrice fiorentina con scene di genere e soggetti di vita quotidiana, caratterizzati da una narrazione vivace e da un gusto realistico che lo distingueva all’interno della pittura toscana dell’epoca. Pur frequentando gli ambienti del “Caffè Michelangelo”, centro del dibattito artistico da cui nacque la scuola dei Macchiaioli, Ademollo non aderì pienamente a quella corrente. Rimase legato a una visione più tradizionale della pittura, basata sulla chiarezza compositiva, la precisione disegnativa e la costruzione narrativa dell’immagine.

    Il periodo del Risorgimento rappresentò per lui una svolta decisiva. Animato da forte spirito patriottico, seguì da vicino le campagne militari dell’indipendenza italiana, documentandone i momenti salienti con attenzione da cronista e sensibilità da artista. Le sue tele, come L’ultimo assalto di San Martino e La breccia di Porta Pia, restituiscono con partecipazione emotiva la tensione e l’eroismo di quegli eventi, diventando testimonianze visive della nascita dell’Italia unita. In queste opere la pittura si fa racconto storico, fondendo rigore compositivo e intensità drammatica.

    Oltre alle scene belliche, Ademollo dipinse ritratti, paesaggi dell’Appennino toscano e quadri di costume, mantenendo sempre una pittura attenta al disegno e alla resa realistica dei dettagli. Negli anni maturi ottenne importanti riconoscimenti e incarichi accademici: divenne professore all’Accademia di Belle Arti di Firenze e membro di diverse istituzioni artistiche italiane, consolidando la sua fama di pittore colto e coerente.

    Carlo Ademollo morì a Firenze il 15 luglio 1911



    2 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 16  

    La poppata 1905

    Cesare Laurenti
    Mesola (FE) 1854 - Venezia 1937
    Olio su tela cm 160x98 firmato in alto a dx C.Laurenti

    Cesare Laurenti nacque il 6 novembre 1854 a Mesola, un piccolo comune nel Ferrarese. La sua passione per l'arte emerse sin da giovane, nonostante le iniziali resistenze familiari.
    Clicca per espandere

    A 18 anni si trasferì a Padova per studiare disegno sotto la guida dello scultore Luigi Ceccon, grazie anche al supporto del conte Leopoldo Ferri. Nel 1876 si spostò a Firenze per frequentare l'Accademia di Belle Arti, dove approfondì lo studio dei maestri rinascimentali. Due anni dopo, si trasferì a Napoli, dove lavorò con il pittore Domenico Morelli, uno dei principali innovatori della pittura italiana dell'Ottocento.

    Nel 1881 Laurenti ritornò a Padova, ma fu a Venezia che il suo stile si affinò sotto l'influenza di Giacomo Favretto, uno degli artisti più vivaci del periodo. Durante questo periodo, iniziò a concentrarsi su temi mitologici e letterari, ottenendo riconoscimenti significativi. Nel 1891, alla Prima Esposizione Triennale della Regia Accademia di Belle Arti di Brera, vinse il Premio Principe Umberto con l'opera "Le Parche". Il suo stile si evolse nel corso degli anni, avvicinandosi al simbolismo, come dimostra il suo lavoro "Fioritura Nova", conservato a Ca' Pesaro.

    Nel 1903, Laurenti realizzò il grande fregio "Le statue d'oro" per la ditta ceramica Gregorj di Treviso, che fu presentato alla Biennale di Venezia dello stesso anno. Nel 1907 gli fu dedicata una sala personale alla Biennale di Venezia e partecipò alla commissione per la ricostruzione del campanile di San Marco. Laurenti fu anche coinvolto nella realizzazione della Pescheria di Rialto, completata nel 1908, dove collaborò con l'architetto Domenico Rupolo.

    Cesare Laurenti morì a Venezia il 8 novembre 1936, lasciando un'impronta indelebile nel panorama artistico italiano, testimoniata dalle sue opere che continuano a essere apprezzate per la loro bellezza e profondità culturale.

    STIMA min € 12000 - max € 15000

    Lotto 16  

    La poppata 1905

    Cesare Laurenti Cesare Laurenti
    Mesola (FE) 1854 - Venezia 1937
    Olio su tela cm 160x98 firmato in alto a dx C.Laurenti

    Cesare Laurenti nacque il 6 novembre 1854 a Mesola, un piccolo comune nel Ferrarese. La sua passione per l'arte emerse sin da giovane, nonostante le iniziali resistenze familiari.
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    A 18 anni si trasferì a Padova per studiare disegno sotto la guida dello scultore Luigi Ceccon, grazie anche al supporto del conte Leopoldo Ferri. Nel 1876 si spostò a Firenze per frequentare l'Accademia di Belle Arti, dove approfondì lo studio dei maestri rinascimentali. Due anni dopo, si trasferì a Napoli, dove lavorò con il pittore Domenico Morelli, uno dei principali innovatori della pittura italiana dell'Ottocento.

    Nel 1881 Laurenti ritornò a Padova, ma fu a Venezia che il suo stile si affinò sotto l'influenza di Giacomo Favretto, uno degli artisti più vivaci del periodo. Durante questo periodo, iniziò a concentrarsi su temi mitologici e letterari, ottenendo riconoscimenti significativi. Nel 1891, alla Prima Esposizione Triennale della Regia Accademia di Belle Arti di Brera, vinse il Premio Principe Umberto con l'opera "Le Parche". Il suo stile si evolse nel corso degli anni, avvicinandosi al simbolismo, come dimostra il suo lavoro "Fioritura Nova", conservato a Ca' Pesaro.

    Nel 1903, Laurenti realizzò il grande fregio "Le statue d'oro" per la ditta ceramica Gregorj di Treviso, che fu presentato alla Biennale di Venezia dello stesso anno. Nel 1907 gli fu dedicata una sala personale alla Biennale di Venezia e partecipò alla commissione per la ricostruzione del campanile di San Marco. Laurenti fu anche coinvolto nella realizzazione della Pescheria di Rialto, completata nel 1908, dove collaborò con l'architetto Domenico Rupolo.

    Cesare Laurenti morì a Venezia il 8 novembre 1936, lasciando un'impronta indelebile nel panorama artistico italiano, testimoniata dalle sue opere che continuano a essere apprezzate per la loro bellezza e profondità culturale.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Francesco Netti
    Santeramo In Colle (BA) 1832 - Napoli 1894
    Olio su tela cm 62x50 firmato in basso a dx F.Netti

    Nacque il 24 dicembre 1832 a Santeramo in Colle (Bari), figlio di Nicola, ricco possidente terriero, e di Giuseppa Vitale, originaria di Conversano.

    Dal 1843 frequentò a Napoli il collegio degli scolopi a S.
    Clicca per espandere

    Carlo alle Mortelle, dove il rettore gli commissionò il primo quadro per la cappella dell’istituto, "La morte di s. Giuseppe Calasanzio", ancora oggi conservato lì. Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita per volontà della famiglia, nel 1855 si iscrisse al Reale Istituto di belle arti di Napoli, dove rimase solo un anno, mostrando insofferenza verso l’insegnamento accademico. Studiava già da tempo pittura, prima con Giuseppe Bonolis, poi con Michele De Napoli e Tommaso De Vivo. Tra il 1856 e il 1859 soggiornò a Roma con l’amico Pasquale De Crescito. Tornato a Napoli, nel 1860 frequentò l’atelier di Domenico Morelli e dipinse il "Ritratto del fratello Antonio". Nel 1861 presentò "Follia di Haidée" alla I Esposizione italiana di Firenze, cercando di distanziarsi dall’influenza di Morelli per trovare una propria individualità artistica. Nel 1862 partecipò alla I Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli con "Rimembranze del 15 maggio 1848".

    Da quell’anno, fino al 1866, prese parte a tutte le Promotrici napoletane e tra il 1862 e il 1864 frequentò la scuola di nudo di Filippo Palizzi. L’influenza dei macchiaioli toscani si riflette in opere come "La pioggia o Acquazzone" del 1864. Nel 1866 ottenne grande successo con "Una processione di penitenza al ponte della Maddalena durante l’eruzione del Vesuvio del 1794". Trasferitosi a Parigi nello stesso anno, vi rimase fino al 1871, soggiornando a Grez-sur-Loing, frequentato da vari artisti tra cui John Singer Sargent. In quel periodo dipinse opere en plein air come "Festa a Grez" e "L’onomastico".

    Durante la guerra franco-prussiana del 1870 fece ritorno a Parigi, aiutando la Croce Rossa Italiana e dipingendo poche opere come "Barricata in una strada". Altri lavori parigini includono "Orgia e lavoro" e "La sortie du bal, rue de l’Académie de Médecine", quest’ultimo concluso nel 1872 dopo il ritorno a Napoli.

    Nel 1871 tornò a Napoli, dove le opportunità artistiche erano scarse. Si dedicò alla preparazione del VII Congresso pedagogico e all’attività giornalistica. Nel 1874 intraprese un viaggio di studio a Padova, Ferrara e Venezia, che ispirò opere come "Suicidio nella calle". Negli anni napoletani, dipinse vari paesaggi ispirati a Santeramo e opere come "Sulla via di Santeramo". Tra il 1875 e il 1876 scrisse l’articolo "Il Vesuvio" e nel 1876 ricevette una commissione per una pala d’altare per la cattedrale di Altamura.

    Nel 1880 presentò "Lotta dei gladiatori durante una cena a Pompei" all’Esposizione artistica nazionale di Torino. Negli anni successivi, si concentrò su soggetti di storia contemporanea, come "In corte d’assise", ispirato al processo Fadda.

    Nel 1884, invitato in crociera da Giuseppe Caravita, principe di Sirignano, visitò Atene e la Turchia, realizzando numerosi disegni e acquerelli. Tornato a Napoli, arredò il suo studio in stile orientale. Nel 1885 iniziò a far uso della fotografia, influenzato da Francesco Paolo Michetti. Dal 1886 al 1890 lavorò a "Le ricamatrici levantine", mentre nel 1887, dopo la morte della cognata, dipinse "La crisi".

    Negli ultimi anni, partecipò solo alla Promotrice napoletana del 1888 e continuò a scrivere e tradurre opere di Schiller e Goethe. Si dedicò a scene agresti dipinte e fotografie, influenzato da Courbet e Millet. Dal 1890 alla morte dipinse quadri con protagonisti i mietitori, come "Riposo in mietitura" e "La messe".

    Nel 1891 eseguì decorazioni per il principe di Sirignano. Sofferente di malattia polmonare, visse perlopiù a Santeramo, dove morì il 28 agosto 1894.

    STIMA min € 8000 - max € 10000

    Francesco Netti Francesco Netti
    Santeramo In Colle (BA) 1832 - Napoli 1894
    Olio su tela cm 62x50 firmato in basso a dx F.Netti

    Nacque il 24 dicembre 1832 a Santeramo in Colle (Bari), figlio di Nicola, ricco possidente terriero, e di Giuseppa Vitale, originaria di Conversano.

    Dal 1843 frequentò a Napoli il collegio degli scolopi a S.
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    Carlo alle Mortelle, dove il rettore gli commissionò il primo quadro per la cappella dell’istituto, "La morte di s. Giuseppe Calasanzio", ancora oggi conservato lì. Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita per volontà della famiglia, nel 1855 si iscrisse al Reale Istituto di belle arti di Napoli, dove rimase solo un anno, mostrando insofferenza verso l’insegnamento accademico. Studiava già da tempo pittura, prima con Giuseppe Bonolis, poi con Michele De Napoli e Tommaso De Vivo. Tra il 1856 e il 1859 soggiornò a Roma con l’amico Pasquale De Crescito. Tornato a Napoli, nel 1860 frequentò l’atelier di Domenico Morelli e dipinse il "Ritratto del fratello Antonio". Nel 1861 presentò "Follia di Haidée" alla I Esposizione italiana di Firenze, cercando di distanziarsi dall’influenza di Morelli per trovare una propria individualità artistica. Nel 1862 partecipò alla I Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli con "Rimembranze del 15 maggio 1848".

    Da quell’anno, fino al 1866, prese parte a tutte le Promotrici napoletane e tra il 1862 e il 1864 frequentò la scuola di nudo di Filippo Palizzi. L’influenza dei macchiaioli toscani si riflette in opere come "La pioggia o Acquazzone" del 1864. Nel 1866 ottenne grande successo con "Una processione di penitenza al ponte della Maddalena durante l’eruzione del Vesuvio del 1794". Trasferitosi a Parigi nello stesso anno, vi rimase fino al 1871, soggiornando a Grez-sur-Loing, frequentato da vari artisti tra cui John Singer Sargent. In quel periodo dipinse opere en plein air come "Festa a Grez" e "L’onomastico".

    Durante la guerra franco-prussiana del 1870 fece ritorno a Parigi, aiutando la Croce Rossa Italiana e dipingendo poche opere come "Barricata in una strada". Altri lavori parigini includono "Orgia e lavoro" e "La sortie du bal, rue de l’Académie de Médecine", quest’ultimo concluso nel 1872 dopo il ritorno a Napoli.

    Nel 1871 tornò a Napoli, dove le opportunità artistiche erano scarse. Si dedicò alla preparazione del VII Congresso pedagogico e all’attività giornalistica. Nel 1874 intraprese un viaggio di studio a Padova, Ferrara e Venezia, che ispirò opere come "Suicidio nella calle". Negli anni napoletani, dipinse vari paesaggi ispirati a Santeramo e opere come "Sulla via di Santeramo". Tra il 1875 e il 1876 scrisse l’articolo "Il Vesuvio" e nel 1876 ricevette una commissione per una pala d’altare per la cattedrale di Altamura.

    Nel 1880 presentò "Lotta dei gladiatori durante una cena a Pompei" all’Esposizione artistica nazionale di Torino. Negli anni successivi, si concentrò su soggetti di storia contemporanea, come "In corte d’assise", ispirato al processo Fadda.

    Nel 1884, invitato in crociera da Giuseppe Caravita, principe di Sirignano, visitò Atene e la Turchia, realizzando numerosi disegni e acquerelli. Tornato a Napoli, arredò il suo studio in stile orientale. Nel 1885 iniziò a far uso della fotografia, influenzato da Francesco Paolo Michetti. Dal 1886 al 1890 lavorò a "Le ricamatrici levantine", mentre nel 1887, dopo la morte della cognata, dipinse "La crisi".

    Negli ultimi anni, partecipò solo alla Promotrice napoletana del 1888 e continuò a scrivere e tradurre opere di Schiller e Goethe. Si dedicò a scene agresti dipinte e fotografie, influenzato da Courbet e Millet. Dal 1890 alla morte dipinse quadri con protagonisti i mietitori, come "Riposo in mietitura" e "La messe".

    Nel 1891 eseguì decorazioni per il principe di Sirignano. Sofferente di malattia polmonare, visse perlopiù a Santeramo, dove morì il 28 agosto 1894.



    5 offerte pre-asta Dettaglio
  • Francesco Netti
    Santeramo In Colle (BA) 1832 - Napoli 1894
    Olio su cartone cm 30x21 firmato in basso a sx Netti

    Nacque il 24 dicembre 1832 a Santeramo in Colle (Bari), figlio di Nicola, ricco possidente terriero, e di Giuseppa Vitale, originaria di Conversano.

    Dal 1843 frequentò a Napoli il collegio degli scolopi a S.
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    Carlo alle Mortelle, dove il rettore gli commissionò il primo quadro per la cappella dell’istituto, "La morte di s. Giuseppe Calasanzio", ancora oggi conservato lì. Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita per volontà della famiglia, nel 1855 si iscrisse al Reale Istituto di belle arti di Napoli, dove rimase solo un anno, mostrando insofferenza verso l’insegnamento accademico. Studiava già da tempo pittura, prima con Giuseppe Bonolis, poi con Michele De Napoli e Tommaso De Vivo. Tra il 1856 e il 1859 soggiornò a Roma con l’amico Pasquale De Crescito. Tornato a Napoli, nel 1860 frequentò l’atelier di Domenico Morelli e dipinse il "Ritratto del fratello Antonio". Nel 1861 presentò "Follia di Haidée" alla I Esposizione italiana di Firenze, cercando di distanziarsi dall’influenza di Morelli per trovare una propria individualità artistica. Nel 1862 partecipò alla I Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli con "Rimembranze del 15 maggio 1848".

    Da quell’anno, fino al 1866, prese parte a tutte le Promotrici napoletane e tra il 1862 e il 1864 frequentò la scuola di nudo di Filippo Palizzi. L’influenza dei macchiaioli toscani si riflette in opere come "La pioggia o Acquazzone" del 1864. Nel 1866 ottenne grande successo con "Una processione di penitenza al ponte della Maddalena durante l’eruzione del Vesuvio del 1794". Trasferitosi a Parigi nello stesso anno, vi rimase fino al 1871, soggiornando a Grez-sur-Loing, frequentato da vari artisti tra cui John Singer Sargent. In quel periodo dipinse opere en plein air come "Festa a Grez" e "L’onomastico".

    Durante la guerra franco-prussiana del 1870 fece ritorno a Parigi, aiutando la Croce Rossa Italiana e dipingendo poche opere come "Barricata in una strada". Altri lavori parigini includono "Orgia e lavoro" e "La sortie du bal, rue de l’Académie de Médecine", quest’ultimo concluso nel 1872 dopo il ritorno a Napoli.

    Nel 1871 tornò a Napoli, dove le opportunità artistiche erano scarse. Si dedicò alla preparazione del VII Congresso pedagogico e all’attività giornalistica. Nel 1874 intraprese un viaggio di studio a Padova, Ferrara e Venezia, che ispirò opere come "Suicidio nella calle". Negli anni napoletani, dipinse vari paesaggi ispirati a Santeramo e opere come "Sulla via di Santeramo". Tra il 1875 e il 1876 scrisse l’articolo "Il Vesuvio" e nel 1876 ricevette una commissione per una pala d’altare per la cattedrale di Altamura.

    Nel 1880 presentò "Lotta dei gladiatori durante una cena a Pompei" all’Esposizione artistica nazionale di Torino. Negli anni successivi, si concentrò su soggetti di storia contemporanea, come "In corte d’assise", ispirato al processo Fadda.

    Nel 1884, invitato in crociera da Giuseppe Caravita, principe di Sirignano, visitò Atene e la Turchia, realizzando numerosi disegni e acquerelli. Tornato a Napoli, arredò il suo studio in stile orientale. Nel 1885 iniziò a far uso della fotografia, influenzato da Francesco Paolo Michetti. Dal 1886 al 1890 lavorò a "Le ricamatrici levantine", mentre nel 1887, dopo la morte della cognata, dipinse "La crisi".

    Negli ultimi anni, partecipò solo alla Promotrice napoletana del 1888 e continuò a scrivere e tradurre opere di Schiller e Goethe. Si dedicò a scene agresti dipinte e fotografie, influenzato da Courbet e Millet. Dal 1890 alla morte dipinse quadri con protagonisti i mietitori, come "Riposo in mietitura" e "La messe".

    Nel 1891 eseguì decorazioni per il principe di Sirignano. Sofferente di malattia polmonare, visse perlopiù a Santeramo, dove morì il 28 agosto 1894.

    STIMA min € 2000 - max € 2500

    Francesco Netti Francesco Netti
    Santeramo In Colle (BA) 1832 - Napoli 1894
    Olio su cartone cm 30x21 firmato in basso a sx Netti

    Nacque il 24 dicembre 1832 a Santeramo in Colle (Bari), figlio di Nicola, ricco possidente terriero, e di Giuseppa Vitale, originaria di Conversano.

    Dal 1843 frequentò a Napoli il collegio degli scolopi a S.
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    Carlo alle Mortelle, dove il rettore gli commissionò il primo quadro per la cappella dell’istituto, "La morte di s. Giuseppe Calasanzio", ancora oggi conservato lì. Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita per volontà della famiglia, nel 1855 si iscrisse al Reale Istituto di belle arti di Napoli, dove rimase solo un anno, mostrando insofferenza verso l’insegnamento accademico. Studiava già da tempo pittura, prima con Giuseppe Bonolis, poi con Michele De Napoli e Tommaso De Vivo. Tra il 1856 e il 1859 soggiornò a Roma con l’amico Pasquale De Crescito. Tornato a Napoli, nel 1860 frequentò l’atelier di Domenico Morelli e dipinse il "Ritratto del fratello Antonio". Nel 1861 presentò "Follia di Haidée" alla I Esposizione italiana di Firenze, cercando di distanziarsi dall’influenza di Morelli per trovare una propria individualità artistica. Nel 1862 partecipò alla I Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli con "Rimembranze del 15 maggio 1848".

    Da quell’anno, fino al 1866, prese parte a tutte le Promotrici napoletane e tra il 1862 e il 1864 frequentò la scuola di nudo di Filippo Palizzi. L’influenza dei macchiaioli toscani si riflette in opere come "La pioggia o Acquazzone" del 1864. Nel 1866 ottenne grande successo con "Una processione di penitenza al ponte della Maddalena durante l’eruzione del Vesuvio del 1794". Trasferitosi a Parigi nello stesso anno, vi rimase fino al 1871, soggiornando a Grez-sur-Loing, frequentato da vari artisti tra cui John Singer Sargent. In quel periodo dipinse opere en plein air come "Festa a Grez" e "L’onomastico".

    Durante la guerra franco-prussiana del 1870 fece ritorno a Parigi, aiutando la Croce Rossa Italiana e dipingendo poche opere come "Barricata in una strada". Altri lavori parigini includono "Orgia e lavoro" e "La sortie du bal, rue de l’Académie de Médecine", quest’ultimo concluso nel 1872 dopo il ritorno a Napoli.

    Nel 1871 tornò a Napoli, dove le opportunità artistiche erano scarse. Si dedicò alla preparazione del VII Congresso pedagogico e all’attività giornalistica. Nel 1874 intraprese un viaggio di studio a Padova, Ferrara e Venezia, che ispirò opere come "Suicidio nella calle". Negli anni napoletani, dipinse vari paesaggi ispirati a Santeramo e opere come "Sulla via di Santeramo". Tra il 1875 e il 1876 scrisse l’articolo "Il Vesuvio" e nel 1876 ricevette una commissione per una pala d’altare per la cattedrale di Altamura.

    Nel 1880 presentò "Lotta dei gladiatori durante una cena a Pompei" all’Esposizione artistica nazionale di Torino. Negli anni successivi, si concentrò su soggetti di storia contemporanea, come "In corte d’assise", ispirato al processo Fadda.

    Nel 1884, invitato in crociera da Giuseppe Caravita, principe di Sirignano, visitò Atene e la Turchia, realizzando numerosi disegni e acquerelli. Tornato a Napoli, arredò il suo studio in stile orientale. Nel 1885 iniziò a far uso della fotografia, influenzato da Francesco Paolo Michetti. Dal 1886 al 1890 lavorò a "Le ricamatrici levantine", mentre nel 1887, dopo la morte della cognata, dipinse "La crisi".

    Negli ultimi anni, partecipò solo alla Promotrice napoletana del 1888 e continuò a scrivere e tradurre opere di Schiller e Goethe. Si dedicò a scene agresti dipinte e fotografie, influenzato da Courbet e Millet. Dal 1890 alla morte dipinse quadri con protagonisti i mietitori, come "Riposo in mietitura" e "La messe".

    Nel 1891 eseguì decorazioni per il principe di Sirignano. Sofferente di malattia polmonare, visse perlopiù a Santeramo, dove morì il 28 agosto 1894.



    3 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 19  

    Scena d'interno

    Enrico Castellaneta
    Gioia del Colle 1862 - Bari 1953
    Olio su tela cm 37x50 firmato in basso a dx E.Castellaneta

    Enrico Castellaneta nacque a Gioia del Colle, in provincia di Bari, il 27 maggio 1862, in una famiglia colta e benestante: il padre Vincenzo, architetto e sindaco della città, e la madre Maria Labriola, originaria di Altamura. Fin da giovanissimo mostrò una naturale inclinazione per il disegno, tanto che, nonostante le aspettative paterne di una carriera tecnica, scelse di dedicarsi alla pittura.
    Clicca per espandere

    Dopo aver frequentato le scuole tecniche di Altamura e l’Istituto Tecnico della sua città, decise di proseguire gli studi artistici a Napoli, allora uno dei centri più vivaci della pittura italiana.

    All’Accademia di Belle Arti partenopea seguì i corsi di maestri come Domenico Morelli, Filippo Palizzi e Gioacchino Toma, dai quali apprese l’importanza dell’osservazione diretta e la sensibilità luminosa tipica della scuola napoletana. Nel 1891 esordì alla Promotrice di Napoli con alcune opere di genere e d’interni, tra cui In chiesa e Interno, che furono accolte positivamente dalla critica. Due anni più tardi ottenne il diploma di insegnante di disegno, affermandosi come pittore maturo e tecnico competente.

    A partire dal 1894 si trasferì a Capri, dove rimase per oltre un decennio. L’isola esercitò su di lui un fascino profondo: la luce, i colori e la vita quotidiana di quel luogo divennero temi centrali della sua arte. Durante questo periodo realizzò numerosi oli e acquerelli che raffigurano scorci mediterranei, paesaggi costieri e scene di vita popolare. Le sue opere, dal tono poetico e luminoso, furono acquistate da collezionisti italiani e stranieri, tra i quali lo scrittore russo Maksim Gorkij e l’industriale tedesco Friedrich Alfred Krupp. La pittura di Castellaneta si arricchì in questi anni di una tavolozza più vibrante e di una pennellata libera, attenta alle variazioni atmosferiche e alla resa del colore naturale.

    Nel 1906 tornò a Gioia del Colle, dove si dedicò non solo alla pittura ma anche alla promozione culturale. Fondò una scuola di disegno e nel 1911 organizzò la “Mostra d’Arte Moderna” del Comune, contribuendo alla crescita artistica del territorio. In questo periodo la sua produzione si concentrò sui paesaggi pugliesi, sui mercati, sui vicoli assolati e sulla vita contadina, raccontati con una delicatezza cromatica che unisce rigore formale e sentimento.

    La sua arte, fedele alla tradizione figurativa ma aperta a influssi moderni, si distingue per il senso di armonia e per l’intima attenzione alla luce. Attraverso la pittura a olio, il pastello e l’acquerello, Castellaneta riuscì a esprimere una visione pacata e poetica del mondo, in cui la natura e l’uomo convivono in equilibrio.

    Enrico Castellaneta morì a Bari nel 1953Enrico Castellaneta nacque a Gioia del Colle, in provincia di Bari, il 27 maggio 1862, in una famiglia colta e benestante: il padre Vincenzo, architetto e sindaco della città, e la madre Maria Labriola, originaria di Altamura. Fin da giovanissimo mostrò una naturale inclinazione per il disegno, tanto che, nonostante le aspettative paterne di una carriera tecnica, scelse di dedicarsi alla pittura. Dopo aver frequentato le scuole tecniche di Altamura e l’Istituto Tecnico della sua città, decise di proseguire gli studi artistici a Napoli, allora uno dei centri più vivaci della pittura italiana.

    All’Accademia di Belle Arti partenopea seguì i corsi di maestri come Domenico Morelli, Filippo Palizzi e Gioacchino Toma, dai quali apprese l’importanza dell’osservazione diretta e la sensibilità luminosa tipica della scuola napoletana. Nel 1891 esordì alla Promotrice di Napoli con alcune opere di genere e d’interni, tra cui In chiesa e Interno, che furono accolte positivamente dalla critica. Due anni più tardi ottenne il diploma di insegnante di disegno, affermandosi come pittore maturo e tecnico competente.

    A partire dal 1894 si trasferì a Capri, dove rimase per oltre un decennio. L’isola esercitò su di lui un fascino profondo: la luce, i colori e la vita quotidiana di quel luogo divennero temi centrali della sua arte. Durante questo periodo realizzò numerosi oli e acquerelli che raffigurano scorci mediterranei, paesaggi costieri e scene di vita popolare. Le sue opere, dal tono poetico e luminoso, furono acquistate da collezionisti italiani e stranieri, tra i quali lo scrittore russo Maksim Gorkij e l’industriale tedesco Friedrich Alfred Krupp. La pittura di Castellaneta si arricchì in questi anni di una tavolozza più vibrante e di una pennellata libera, attenta alle variazioni atmosferiche e alla resa del colore naturale.

    Nel 1906 tornò a Gioia del Colle, dove si dedicò non solo alla pittura ma anche alla promozione culturale. Fondò una scuola di disegno e nel 1911 organizzò la “Mostra d’Arte Moderna” del Comune, contribuendo alla crescita artistica del territorio. In questo periodo la sua produzione si concentrò sui paesaggi pugliesi, sui mercati, sui vicoli assolati e sulla vita contadina, raccontati con una delicatezza cromatica che unisce rigore formale e sentimento.

    La sua arte, fedele alla tradizione figurativa ma aperta a influssi moderni, si distingue per il senso di armonia e per l’intima attenzione alla luce. Attraverso la pittura a olio, il pastello e l’acquerello, Castellaneta riuscì a esprimere una visione pacata e poetica del mondo, in cui la natura e l’uomo convivono in equilibrio.

    Enrico Castellaneta morì a Bari nel 1953.

    STIMA min € 2500 - max € 3000

    Lotto 19  

    Scena d'interno

    Enrico Castellaneta Enrico Castellaneta
    Gioia del Colle 1862 - Bari 1953
    Olio su tela cm 37x50 firmato in basso a dx E.Castellaneta

    Enrico Castellaneta nacque a Gioia del Colle, in provincia di Bari, il 27 maggio 1862, in una famiglia colta e benestante: il padre Vincenzo, architetto e sindaco della città, e la madre Maria Labriola, originaria di Altamura. Fin da giovanissimo mostrò una naturale inclinazione per il disegno, tanto che, nonostante le aspettative paterne di una carriera tecnica, scelse di dedicarsi alla pittura.
    Clicca per espandere

    Dopo aver frequentato le scuole tecniche di Altamura e l’Istituto Tecnico della sua città, decise di proseguire gli studi artistici a Napoli, allora uno dei centri più vivaci della pittura italiana.

    All’Accademia di Belle Arti partenopea seguì i corsi di maestri come Domenico Morelli, Filippo Palizzi e Gioacchino Toma, dai quali apprese l’importanza dell’osservazione diretta e la sensibilità luminosa tipica della scuola napoletana. Nel 1891 esordì alla Promotrice di Napoli con alcune opere di genere e d’interni, tra cui In chiesa e Interno, che furono accolte positivamente dalla critica. Due anni più tardi ottenne il diploma di insegnante di disegno, affermandosi come pittore maturo e tecnico competente.

    A partire dal 1894 si trasferì a Capri, dove rimase per oltre un decennio. L’isola esercitò su di lui un fascino profondo: la luce, i colori e la vita quotidiana di quel luogo divennero temi centrali della sua arte. Durante questo periodo realizzò numerosi oli e acquerelli che raffigurano scorci mediterranei, paesaggi costieri e scene di vita popolare. Le sue opere, dal tono poetico e luminoso, furono acquistate da collezionisti italiani e stranieri, tra i quali lo scrittore russo Maksim Gorkij e l’industriale tedesco Friedrich Alfred Krupp. La pittura di Castellaneta si arricchì in questi anni di una tavolozza più vibrante e di una pennellata libera, attenta alle variazioni atmosferiche e alla resa del colore naturale.

    Nel 1906 tornò a Gioia del Colle, dove si dedicò non solo alla pittura ma anche alla promozione culturale. Fondò una scuola di disegno e nel 1911 organizzò la “Mostra d’Arte Moderna” del Comune, contribuendo alla crescita artistica del territorio. In questo periodo la sua produzione si concentrò sui paesaggi pugliesi, sui mercati, sui vicoli assolati e sulla vita contadina, raccontati con una delicatezza cromatica che unisce rigore formale e sentimento.

    La sua arte, fedele alla tradizione figurativa ma aperta a influssi moderni, si distingue per il senso di armonia e per l’intima attenzione alla luce. Attraverso la pittura a olio, il pastello e l’acquerello, Castellaneta riuscì a esprimere una visione pacata e poetica del mondo, in cui la natura e l’uomo convivono in equilibrio.

    Enrico Castellaneta morì a Bari nel 1953Enrico Castellaneta nacque a Gioia del Colle, in provincia di Bari, il 27 maggio 1862, in una famiglia colta e benestante: il padre Vincenzo, architetto e sindaco della città, e la madre Maria Labriola, originaria di Altamura. Fin da giovanissimo mostrò una naturale inclinazione per il disegno, tanto che, nonostante le aspettative paterne di una carriera tecnica, scelse di dedicarsi alla pittura. Dopo aver frequentato le scuole tecniche di Altamura e l’Istituto Tecnico della sua città, decise di proseguire gli studi artistici a Napoli, allora uno dei centri più vivaci della pittura italiana.

    All’Accademia di Belle Arti partenopea seguì i corsi di maestri come Domenico Morelli, Filippo Palizzi e Gioacchino Toma, dai quali apprese l’importanza dell’osservazione diretta e la sensibilità luminosa tipica della scuola napoletana. Nel 1891 esordì alla Promotrice di Napoli con alcune opere di genere e d’interni, tra cui In chiesa e Interno, che furono accolte positivamente dalla critica. Due anni più tardi ottenne il diploma di insegnante di disegno, affermandosi come pittore maturo e tecnico competente.

    A partire dal 1894 si trasferì a Capri, dove rimase per oltre un decennio. L’isola esercitò su di lui un fascino profondo: la luce, i colori e la vita quotidiana di quel luogo divennero temi centrali della sua arte. Durante questo periodo realizzò numerosi oli e acquerelli che raffigurano scorci mediterranei, paesaggi costieri e scene di vita popolare. Le sue opere, dal tono poetico e luminoso, furono acquistate da collezionisti italiani e stranieri, tra i quali lo scrittore russo Maksim Gorkij e l’industriale tedesco Friedrich Alfred Krupp. La pittura di Castellaneta si arricchì in questi anni di una tavolozza più vibrante e di una pennellata libera, attenta alle variazioni atmosferiche e alla resa del colore naturale.

    Nel 1906 tornò a Gioia del Colle, dove si dedicò non solo alla pittura ma anche alla promozione culturale. Fondò una scuola di disegno e nel 1911 organizzò la “Mostra d’Arte Moderna” del Comune, contribuendo alla crescita artistica del territorio. In questo periodo la sua produzione si concentrò sui paesaggi pugliesi, sui mercati, sui vicoli assolati e sulla vita contadina, raccontati con una delicatezza cromatica che unisce rigore formale e sentimento.

    La sua arte, fedele alla tradizione figurativa ma aperta a influssi moderni, si distingue per il senso di armonia e per l’intima attenzione alla luce. Attraverso la pittura a olio, il pastello e l’acquerello, Castellaneta riuscì a esprimere una visione pacata e poetica del mondo, in cui la natura e l’uomo convivono in equilibrio.

    Enrico Castellaneta morì a Bari nel 1953.



    4 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 20  

    Filando la lana

    Luigi Arbarello
    Borgaro, 1860 - Torino, 1923
    Olio su tela cm 81,5x111 firmato in basso a dx L.Arbarello

    Luigi Arbarello nacque a Borgaro Torinese nel 1860. Inizialmente intraprese gli studi giuridici e ottenne una laurea in legge, esercitando per un breve periodo la professione di avvocato.
    Clicca per espandere

    Tuttavia, parallelamente coltivava la passione per la pittura e, sentendosi sempre più attratto dall’arte, decise di dedicarsi completamente alla vita artistica.

    Avviato lo studio della pittura all’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Giacomo Grosso, Arbarello volle ampliare i propri orizzonti formativi con viaggi nelle capitali europee: soggiornò a Parigi e a Londra, visitò mostre internazionali e assorbì stimoli dal panorama artistico continentale. Questo percorso contribuì a plasmare il suo stile, che si fece via via riconoscibile nel paesaggismo.

    Arbarello si affermò soprattutto come pittore di paesaggio, concentrandosi sulle valli alpine piemontesi, sul lago d’Orta e sulle vedute di Chioggia e Venezia. Alle esposizioni torinesi partecipò con opere quali Dintorni di Torino e Piove sul lago d’Orta, presentate alla Mostra Generale di Torino nel 1884. L’artista espose anche all’estero, tra cui Vienna, nel 1887, consolidando la propria presenza nel panorama ottocentesco italiano. Nelle sue opere emerge una sensibilità per la luce, l’atmosfera e la quiete del paesaggio, che egli tradusse con una pittura misurata, attenta ai riflessi sull’acqua, ai colori della sera e alle figure spesso integrate negli scorci naturali.

    Pur restando lontano dalle correnti più radicali del suo tempo, Arbarello seppe dare alla tradizione del paesaggio piemontese un’impronta personale, combinando rigore descrittivo e accenti lirici. La sua carriera, sebbene non ampiamente documentata nei dettagli, dimostra un impegno costante nell’osservazione del territorio e nella resa pittorica del "vero". Morì a Torino nel 1923,Luigi Arbarello nacque a Borgaro Torinese nel 1860. Inizialmente intraprese gli studi giuridici e ottenne una laurea in legge, esercitando per un breve periodo la professione di avvocato. Tuttavia, parallelamente coltivava la passione per la pittura e, sentendosi sempre più attratto dall’arte, decise di dedicarsi completamente alla vita artistica.

    Avviato lo studio della pittura all’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Giacomo Grosso, Arbarello volle ampliare i propri orizzonti formativi con viaggi nelle capitali europee: soggiornò a Parigi e a Londra, visitò mostre internazionali e assorbì stimoli dal panorama artistico continentale. Questo percorso contribuì a plasmare il suo stile, che si fece via via riconoscibile nel paesaggismo.

    Arbarello si affermò soprattutto come pittore di paesaggio, concentrandosi sulle valli alpine piemontesi, sul lago d’Orta e sulle vedute di Chioggia e Venezia. Alle esposizioni torinesi partecipò con opere quali Dintorni di Torino e Piove sul lago d’Orta, presentate alla Mostra Generale di Torino nel 1884. L’artista espose anche all’estero, tra cui Vienna, nel 1887, consolidando la propria presenza nel panorama ottocentesco italiano. Nelle sue opere emerge una sensibilità per la luce, l’atmosfera e la quiete del paesaggio, che egli tradusse con una pittura misurata, attenta ai riflessi sull’acqua, ai colori della sera e alle figure spesso integrate negli scorci naturali.

    Pur restando lontano dalle correnti più radicali del suo tempo, Arbarello seppe dare alla tradizione del paesaggio piemontese un’impronta personale, combinando rigore descrittivo e accenti lirici. La sua carriera, sebbene non ampiamente documentata nei dettagli, dimostra un impegno costante nell’osservazione del territorio e nella resa pittorica del "vero". Morì a Torino nel 1923.

    STIMA min € 4000 - max € 5000

    Lotto 20  

    Filando la lana

    Luigi Arbarello Luigi Arbarello
    Borgaro, 1860 - Torino, 1923
    Olio su tela cm 81,5x111 firmato in basso a dx L.Arbarello

    Luigi Arbarello nacque a Borgaro Torinese nel 1860. Inizialmente intraprese gli studi giuridici e ottenne una laurea in legge, esercitando per un breve periodo la professione di avvocato.
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    Tuttavia, parallelamente coltivava la passione per la pittura e, sentendosi sempre più attratto dall’arte, decise di dedicarsi completamente alla vita artistica.

    Avviato lo studio della pittura all’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Giacomo Grosso, Arbarello volle ampliare i propri orizzonti formativi con viaggi nelle capitali europee: soggiornò a Parigi e a Londra, visitò mostre internazionali e assorbì stimoli dal panorama artistico continentale. Questo percorso contribuì a plasmare il suo stile, che si fece via via riconoscibile nel paesaggismo.

    Arbarello si affermò soprattutto come pittore di paesaggio, concentrandosi sulle valli alpine piemontesi, sul lago d’Orta e sulle vedute di Chioggia e Venezia. Alle esposizioni torinesi partecipò con opere quali Dintorni di Torino e Piove sul lago d’Orta, presentate alla Mostra Generale di Torino nel 1884. L’artista espose anche all’estero, tra cui Vienna, nel 1887, consolidando la propria presenza nel panorama ottocentesco italiano. Nelle sue opere emerge una sensibilità per la luce, l’atmosfera e la quiete del paesaggio, che egli tradusse con una pittura misurata, attenta ai riflessi sull’acqua, ai colori della sera e alle figure spesso integrate negli scorci naturali.

    Pur restando lontano dalle correnti più radicali del suo tempo, Arbarello seppe dare alla tradizione del paesaggio piemontese un’impronta personale, combinando rigore descrittivo e accenti lirici. La sua carriera, sebbene non ampiamente documentata nei dettagli, dimostra un impegno costante nell’osservazione del territorio e nella resa pittorica del "vero". Morì a Torino nel 1923,Luigi Arbarello nacque a Borgaro Torinese nel 1860. Inizialmente intraprese gli studi giuridici e ottenne una laurea in legge, esercitando per un breve periodo la professione di avvocato. Tuttavia, parallelamente coltivava la passione per la pittura e, sentendosi sempre più attratto dall’arte, decise di dedicarsi completamente alla vita artistica.

    Avviato lo studio della pittura all’Accademia Albertina di Torino sotto la guida di Giacomo Grosso, Arbarello volle ampliare i propri orizzonti formativi con viaggi nelle capitali europee: soggiornò a Parigi e a Londra, visitò mostre internazionali e assorbì stimoli dal panorama artistico continentale. Questo percorso contribuì a plasmare il suo stile, che si fece via via riconoscibile nel paesaggismo.

    Arbarello si affermò soprattutto come pittore di paesaggio, concentrandosi sulle valli alpine piemontesi, sul lago d’Orta e sulle vedute di Chioggia e Venezia. Alle esposizioni torinesi partecipò con opere quali Dintorni di Torino e Piove sul lago d’Orta, presentate alla Mostra Generale di Torino nel 1884. L’artista espose anche all’estero, tra cui Vienna, nel 1887, consolidando la propria presenza nel panorama ottocentesco italiano. Nelle sue opere emerge una sensibilità per la luce, l’atmosfera e la quiete del paesaggio, che egli tradusse con una pittura misurata, attenta ai riflessi sull’acqua, ai colori della sera e alle figure spesso integrate negli scorci naturali.

    Pur restando lontano dalle correnti più radicali del suo tempo, Arbarello seppe dare alla tradizione del paesaggio piemontese un’impronta personale, combinando rigore descrittivo e accenti lirici. La sua carriera, sebbene non ampiamente documentata nei dettagli, dimostra un impegno costante nell’osservazione del territorio e nella resa pittorica del "vero". Morì a Torino nel 1923.



    0 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 21  

    Scena pompeiana

    Rodolfo Morgari
    Torino 1827 - 1909
    Olio su tela cm 162x85 firmato in basso a sx R.Morgari

    Rodolfo Morgari nacque a Torino nel 1827 in una famiglia interamente dedita all’arte. Il padre, Giuseppe Morgari, era pittore alla corte sabauda, mentre il fratello Paolo Emilio e il nipote Luigi seguirono anch’essi la carriera artistica, dando vita a una vera e propria dinastia di pittori piemontesi dell’Ottocento.
    Clicca per espandere

    Fin da giovane Rodolfo mostrò un grande talento per il disegno e si formò all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove entrò in contatto con la tradizione accademica e con i maestri che avrebbero influenzato la sua produzione successiva.

    La sua carriera si sviluppò lungo due percorsi complementari: quello del pittore e quello del decoratore-restauratore. Nel 1858 Vittorio Emanuele II lo nominò “pittore e restauratore dei Regi Palazzi”, riconoscendone la competenza tecnica e l’affidabilità professionale. In tale veste, Morgari si occupò del restauro di affreschi e tele di importanti residenze sabaude, distinguendosi per l’equilibrio tra rispetto filologico e sensibilità pittorica. Parallelamente, portò avanti un’intensa attività artistica personale, dedicandosi a soggetti religiosi, storici e allegorici, ma anche al ritratto e alla pittura di genere.

    Le sue opere più note sono gli affreschi per il Palazzo del Quirinale a Roma, realizzati nel 1888, e le grandi tele per l’Ordine Mauriziano a Torino, dove rappresentò episodi legati alla storia della Casa Savoia. In questi lavori emerge il suo stile decorativo raffinato, caratterizzato da una tavolozza calda, un disegno preciso e un gusto per la monumentalità scenica. La sua pittura, pur saldamente ancorata ai principi accademici, mostra una capacità narrativa e una ricercatezza cromatica che lo collocano tra i principali interpreti del gusto ufficiale del secondo Ottocento piemontese.

    Nel 1884 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Torino, riconoscimento che ne consacrò il prestigio come artista e restauratore. Negli ultimi anni continuò a operare con costanza, anche se con minore intensità, dedicandosi soprattutto a lavori di restauro e decorazione per chiese e palazzi.

    Rodolfo Morgari morì a Torino nel 1909Rodolfo Morgari nacque a Torino nel 1827 in una famiglia interamente dedita all’arte. Il padre, Giuseppe Morgari, era pittore alla corte sabauda, mentre il fratello Paolo Emilio e il nipote Luigi seguirono anch’essi la carriera artistica, dando vita a una vera e propria dinastia di pittori piemontesi dell’Ottocento. Fin da giovane Rodolfo mostrò un grande talento per il disegno e si formò all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove entrò in contatto con la tradizione accademica e con i maestri che avrebbero influenzato la sua produzione successiva.

    La sua carriera si sviluppò lungo due percorsi complementari: quello del pittore e quello del decoratore-restauratore. Nel 1858 Vittorio Emanuele II lo nominò “pittore e restauratore dei Regi Palazzi”, riconoscendone la competenza tecnica e l’affidabilità professionale. In tale veste, Morgari si occupò del restauro di affreschi e tele di importanti residenze sabaude, distinguendosi per l’equilibrio tra rispetto filologico e sensibilità pittorica. Parallelamente, portò avanti un’intensa attività artistica personale, dedicandosi a soggetti religiosi, storici e allegorici, ma anche al ritratto e alla pittura di genere.

    Le sue opere più note sono gli affreschi per il Palazzo del Quirinale a Roma, realizzati nel 1888, e le grandi tele per l’Ordine Mauriziano a Torino, dove rappresentò episodi legati alla storia della Casa Savoia. In questi lavori emerge il suo stile decorativo raffinato, caratterizzato da una tavolozza calda, un disegno preciso e un gusto per la monumentalità scenica. La sua pittura, pur saldamente ancorata ai principi accademici, mostra una capacità narrativa e una ricercatezza cromatica che lo collocano tra i principali interpreti del gusto ufficiale del secondo Ottocento piemontese.

    Nel 1884 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Torino, riconoscimento che ne consacrò il prestigio come artista e restauratore. Negli ultimi anni continuò a operare con costanza, anche se con minore intensità, dedicandosi soprattutto a lavori di restauro e decorazione per chiese e palazzi.

    Rodolfo Morgari morì a Torino nel 1909.

    STIMA min € 10000 - max € 12000

    Lotto 21  

    Scena pompeiana

    Rodolfo Morgari Rodolfo Morgari
    Torino 1827 - 1909
    Olio su tela cm 162x85 firmato in basso a sx R.Morgari

    Rodolfo Morgari nacque a Torino nel 1827 in una famiglia interamente dedita all’arte. Il padre, Giuseppe Morgari, era pittore alla corte sabauda, mentre il fratello Paolo Emilio e il nipote Luigi seguirono anch’essi la carriera artistica, dando vita a una vera e propria dinastia di pittori piemontesi dell’Ottocento.
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    Fin da giovane Rodolfo mostrò un grande talento per il disegno e si formò all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove entrò in contatto con la tradizione accademica e con i maestri che avrebbero influenzato la sua produzione successiva.

    La sua carriera si sviluppò lungo due percorsi complementari: quello del pittore e quello del decoratore-restauratore. Nel 1858 Vittorio Emanuele II lo nominò “pittore e restauratore dei Regi Palazzi”, riconoscendone la competenza tecnica e l’affidabilità professionale. In tale veste, Morgari si occupò del restauro di affreschi e tele di importanti residenze sabaude, distinguendosi per l’equilibrio tra rispetto filologico e sensibilità pittorica. Parallelamente, portò avanti un’intensa attività artistica personale, dedicandosi a soggetti religiosi, storici e allegorici, ma anche al ritratto e alla pittura di genere.

    Le sue opere più note sono gli affreschi per il Palazzo del Quirinale a Roma, realizzati nel 1888, e le grandi tele per l’Ordine Mauriziano a Torino, dove rappresentò episodi legati alla storia della Casa Savoia. In questi lavori emerge il suo stile decorativo raffinato, caratterizzato da una tavolozza calda, un disegno preciso e un gusto per la monumentalità scenica. La sua pittura, pur saldamente ancorata ai principi accademici, mostra una capacità narrativa e una ricercatezza cromatica che lo collocano tra i principali interpreti del gusto ufficiale del secondo Ottocento piemontese.

    Nel 1884 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Torino, riconoscimento che ne consacrò il prestigio come artista e restauratore. Negli ultimi anni continuò a operare con costanza, anche se con minore intensità, dedicandosi soprattutto a lavori di restauro e decorazione per chiese e palazzi.

    Rodolfo Morgari morì a Torino nel 1909Rodolfo Morgari nacque a Torino nel 1827 in una famiglia interamente dedita all’arte. Il padre, Giuseppe Morgari, era pittore alla corte sabauda, mentre il fratello Paolo Emilio e il nipote Luigi seguirono anch’essi la carriera artistica, dando vita a una vera e propria dinastia di pittori piemontesi dell’Ottocento. Fin da giovane Rodolfo mostrò un grande talento per il disegno e si formò all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove entrò in contatto con la tradizione accademica e con i maestri che avrebbero influenzato la sua produzione successiva.

    La sua carriera si sviluppò lungo due percorsi complementari: quello del pittore e quello del decoratore-restauratore. Nel 1858 Vittorio Emanuele II lo nominò “pittore e restauratore dei Regi Palazzi”, riconoscendone la competenza tecnica e l’affidabilità professionale. In tale veste, Morgari si occupò del restauro di affreschi e tele di importanti residenze sabaude, distinguendosi per l’equilibrio tra rispetto filologico e sensibilità pittorica. Parallelamente, portò avanti un’intensa attività artistica personale, dedicandosi a soggetti religiosi, storici e allegorici, ma anche al ritratto e alla pittura di genere.

    Le sue opere più note sono gli affreschi per il Palazzo del Quirinale a Roma, realizzati nel 1888, e le grandi tele per l’Ordine Mauriziano a Torino, dove rappresentò episodi legati alla storia della Casa Savoia. In questi lavori emerge il suo stile decorativo raffinato, caratterizzato da una tavolozza calda, un disegno preciso e un gusto per la monumentalità scenica. La sua pittura, pur saldamente ancorata ai principi accademici, mostra una capacità narrativa e una ricercatezza cromatica che lo collocano tra i principali interpreti del gusto ufficiale del secondo Ottocento piemontese.

    Nel 1884 ricevette la medaglia d’oro all’Esposizione Nazionale di Torino, riconoscimento che ne consacrò il prestigio come artista e restauratore. Negli ultimi anni continuò a operare con costanza, anche se con minore intensità, dedicandosi soprattutto a lavori di restauro e decorazione per chiese e palazzi.

    Rodolfo Morgari morì a Torino nel 1909.



    4 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 22  

    Tevere a Roma 1886

    Lorenzo Delleani
    Pollone (VC) 1840 - Torino 1908
    Olio su tavola cm 37x25 firmato in basso a dx L.Delleani

    Lorenzo Delleani nacque il 17 gennaio 1840 a Pollone Biellese, terzo figlio di Agostino, "misuratore competente" nel Corpo reale del genio civile, e di Maddalena Billotti. Durante gli anni di formazione presso il collegio di Saint-Jean-de-Maurienne sviluppò un interesse per la musica e il violino, ma fu lo zio materno, Pietro Antonio Billotti (1792-1878), a indirizzarlo verso la pittura, passione condivisa anche dal fratello minore Cesare.
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    Nel 1854 si iscrisse all'Accademia Albertina di Torino, studiando con E. Gamba e successivamente con C. Arienti e A. Gastaldi. Esordì nel 1855 alla mostra della Società Promotrice di Belle Arti con l'acquarello "Testa di vecchio". Durante questi anni, si distinse con opere di soggetto storico come "Episodio dell'assedio di Ancona" (1860) e "Ulisse riconosciuto dal suo vecchio cane Argo". Nel 1863 vinse il primo premio dell'Albertina con "Studio di figura dal vero rappresentante Sordello", consolidando la sua reputazione.

    Le sue prime opere rispecchiano uno stile accademico-romantico con tagli scenografici e attenzione alla ricostruzione storica. Tuttavia, dal 1868 si orientò verso il paesaggio en plein air, con opere come "Spiaggia presso Genova", caratterizzate da un approccio più immediato e da un tocco pittorico meno rigido.

    Attivo nella vita culturale torinese, nel 1869 aderì alla società d'artisti "L'Acquaforte" e strinse amicizia con il poeta G. Camerana. Il suo viaggio a Venezia nel 1873 rafforzò l'interesse per la pittura tonale e la lezione dei maestri veneziani, influenze che si riflettono nelle sue opere degli anni Settanta. Durante questo periodo produsse sia vedute paesaggistiche sia opere di gusto orientalista, come "Tappeti da vendere" (1880) e "Fuciliere arabo a cavallo" (1881), dimostrando un interesse per l'esotismo in linea con la moda dell'epoca.

    Nel 1883 visitò l'Olanda con Camerana, un'esperienza che influenzò la sua tavolozza e il suo approccio alla luce. Da allora, incrementò la produzione di tavolette e paesaggi ispirati alle campagne piemontesi e alle vedute liguri. Senza un netto distacco dalla pittura storica, si concentrò progressivamente su scene di vita quotidiana e paesaggi vibranti di luce.

    Partecipò a numerose esposizioni: la III Esposizione nazionale italiana di Napoli (1877), la I Triennale di Milano (1891) e la I Biennale di Venezia (1895), continuando a esporre fino al 1907. Nel 1900 due sue opere furono presentate alla Mostra Universale di Parigi. Nel 1902 fu tra i promotori dell'Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino.

    Morì a Torino il 13 novembre 1908. La sua ultima opera, "Cuneo dalla Madonna della Riva", fu autenticata dall'amico scultore Leonardo Bistolfi, che gli dedicò anche un ritratto in gesso e una lapide commemorativa nel cimitero di Pollone Biellese.

    STIMA min € 7000 - max € 9000

    Lotto 22  

    Tevere a Roma 1886

    Lorenzo Delleani Lorenzo Delleani
    Pollone (VC) 1840 - Torino 1908
    Olio su tavola cm 37x25 firmato in basso a dx L.Delleani

    Lorenzo Delleani nacque il 17 gennaio 1840 a Pollone Biellese, terzo figlio di Agostino, "misuratore competente" nel Corpo reale del genio civile, e di Maddalena Billotti. Durante gli anni di formazione presso il collegio di Saint-Jean-de-Maurienne sviluppò un interesse per la musica e il violino, ma fu lo zio materno, Pietro Antonio Billotti (1792-1878), a indirizzarlo verso la pittura, passione condivisa anche dal fratello minore Cesare.
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    Nel 1854 si iscrisse all'Accademia Albertina di Torino, studiando con E. Gamba e successivamente con C. Arienti e A. Gastaldi. Esordì nel 1855 alla mostra della Società Promotrice di Belle Arti con l'acquarello "Testa di vecchio". Durante questi anni, si distinse con opere di soggetto storico come "Episodio dell'assedio di Ancona" (1860) e "Ulisse riconosciuto dal suo vecchio cane Argo". Nel 1863 vinse il primo premio dell'Albertina con "Studio di figura dal vero rappresentante Sordello", consolidando la sua reputazione.

    Le sue prime opere rispecchiano uno stile accademico-romantico con tagli scenografici e attenzione alla ricostruzione storica. Tuttavia, dal 1868 si orientò verso il paesaggio en plein air, con opere come "Spiaggia presso Genova", caratterizzate da un approccio più immediato e da un tocco pittorico meno rigido.

    Attivo nella vita culturale torinese, nel 1869 aderì alla società d'artisti "L'Acquaforte" e strinse amicizia con il poeta G. Camerana. Il suo viaggio a Venezia nel 1873 rafforzò l'interesse per la pittura tonale e la lezione dei maestri veneziani, influenze che si riflettono nelle sue opere degli anni Settanta. Durante questo periodo produsse sia vedute paesaggistiche sia opere di gusto orientalista, come "Tappeti da vendere" (1880) e "Fuciliere arabo a cavallo" (1881), dimostrando un interesse per l'esotismo in linea con la moda dell'epoca.

    Nel 1883 visitò l'Olanda con Camerana, un'esperienza che influenzò la sua tavolozza e il suo approccio alla luce. Da allora, incrementò la produzione di tavolette e paesaggi ispirati alle campagne piemontesi e alle vedute liguri. Senza un netto distacco dalla pittura storica, si concentrò progressivamente su scene di vita quotidiana e paesaggi vibranti di luce.

    Partecipò a numerose esposizioni: la III Esposizione nazionale italiana di Napoli (1877), la I Triennale di Milano (1891) e la I Biennale di Venezia (1895), continuando a esporre fino al 1907. Nel 1900 due sue opere furono presentate alla Mostra Universale di Parigi. Nel 1902 fu tra i promotori dell'Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino.

    Morì a Torino il 13 novembre 1908. La sua ultima opera, "Cuneo dalla Madonna della Riva", fu autenticata dall'amico scultore Leonardo Bistolfi, che gli dedicò anche un ritratto in gesso e una lapide commemorativa nel cimitero di Pollone Biellese.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 23  

    Rose

    Giovanni Sottocornola
    Milano 1855 - 1917
    Olio su tela cm 49x79 firmato in basso a sx G.Sottocornola

    Giovanni Sottocornola, nato a Milano il 1° agosto 1855, proveniva da umili origini e, rimasto orfano di padre, si iscrisse all'Accademia di belle arti di Brera nel 1875. In questo periodo, influenzato dal divisionismo, dipinse ritratti e nature morte.
    Clicca per espandere

    La cultura italiana viveva un periodo di cambiamento, e Sottocornola si unì a un gruppo di innovatori che vedeva nel divisionismo una via di rinnovamento tecnico e linguistico.

    Nei primi anni Ottanta, l'artista eseguì opere divisioniste, ma la sua attenzione ai temi sociali crebbe negli anni successivi. Nel 1886, all'Esposizione nazionale di belle arti, presentò la "Frutera", testimonianza della sua transizione dalle influenze accademiche al realismo sociale. L'interesse per il lavoro divenne centrale nella sua produzione, ma senza intenti di denuncia evidenti.

    Il decennio tra il 1888 e le cannonate di Bava Beccaris (1898) fu il periodo più creativo per Sottocornola, evidenziato dalla sua partecipazione alla Triennale di Brera del 1891. Qui espose opere divisioniste come "Fuori porta" e "Il muratore". La sua pittura abbracciò un "divisionismo ideista", influenzato da Segantini e Previati, con un focus coraggioso sui temi sociali.

    La sua attenzione al lavoro femminile, evidente in opere come "Le operaie" e "Chiacchiere a Corso Garibaldi", caratterizzò la sua produzione. Sottocornola mantenne un approccio centrato sulla luce e le sue vibrazioni tonali, anche quando si avvicinò alla pittura a fresco e al restauro.

    Dopo le repressioni del 1898, Sottocornola si orientò verso l'intimismo familiare e paesaggistico, con un'evoluzione stilistica verso un divisionismo più delicato. Morì nel 1917, e la sua eredità artistica fu onorata con una mostra postuma. La sua carriera riflette il passaggio da influenze accademiche al realismo sociale e al divisionismo, con una sensibilità particolare verso i temi sociali e l'evoluzione delle condizioni di vita nella Milano industriale.

    STIMA min € 7000 - max € 9000

    Lotto 23  

    Rose

    Giovanni Sottocornola Giovanni Sottocornola
    Milano 1855 - 1917
    Olio su tela cm 49x79 firmato in basso a sx G.Sottocornola

    Giovanni Sottocornola, nato a Milano il 1° agosto 1855, proveniva da umili origini e, rimasto orfano di padre, si iscrisse all'Accademia di belle arti di Brera nel 1875. In questo periodo, influenzato dal divisionismo, dipinse ritratti e nature morte.
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    La cultura italiana viveva un periodo di cambiamento, e Sottocornola si unì a un gruppo di innovatori che vedeva nel divisionismo una via di rinnovamento tecnico e linguistico.

    Nei primi anni Ottanta, l'artista eseguì opere divisioniste, ma la sua attenzione ai temi sociali crebbe negli anni successivi. Nel 1886, all'Esposizione nazionale di belle arti, presentò la "Frutera", testimonianza della sua transizione dalle influenze accademiche al realismo sociale. L'interesse per il lavoro divenne centrale nella sua produzione, ma senza intenti di denuncia evidenti.

    Il decennio tra il 1888 e le cannonate di Bava Beccaris (1898) fu il periodo più creativo per Sottocornola, evidenziato dalla sua partecipazione alla Triennale di Brera del 1891. Qui espose opere divisioniste come "Fuori porta" e "Il muratore". La sua pittura abbracciò un "divisionismo ideista", influenzato da Segantini e Previati, con un focus coraggioso sui temi sociali.

    La sua attenzione al lavoro femminile, evidente in opere come "Le operaie" e "Chiacchiere a Corso Garibaldi", caratterizzò la sua produzione. Sottocornola mantenne un approccio centrato sulla luce e le sue vibrazioni tonali, anche quando si avvicinò alla pittura a fresco e al restauro.

    Dopo le repressioni del 1898, Sottocornola si orientò verso l'intimismo familiare e paesaggistico, con un'evoluzione stilistica verso un divisionismo più delicato. Morì nel 1917, e la sua eredità artistica fu onorata con una mostra postuma. La sua carriera riflette il passaggio da influenze accademiche al realismo sociale e al divisionismo, con una sensibilità particolare verso i temi sociali e l'evoluzione delle condizioni di vita nella Milano industriale.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 24  

    Le rose

    Licinio Barzanti
    Forli 1857 - Como 1944
    Olio su tela cm 147x109 firmato in basso a sx L.Barzanti

    Licinio Barzanti nacque a Forlì il 29 ottobre 1857 e morì a Menaggio il 17 gennaio 1945. Cresciuto in un ambiente che favoriva la formazione artistica, si formò all'Accademia di Belle Arti di Firenze, sebbene gran parte del suo sviluppo artistico fosse autodidatta.
    Clicca per espandere

    Fu principalmente attratto dalla pittura dal vero e dal ritratto, ma trovò la sua vera espressione nelle composizioni floreali e nei paesaggi, che divennero il suo principale campo di indagine.

    Il suo stile si distingue per la fusione di tradizione classica e tendenze veriste, unendo un realismo attento ai dettagli a una sensibilità per le luci e i colori. Le sue opere erano caratterizzate da una delicata armonia cromatica e atmosfere che spesso richiamano una visione romantica della natura. Barzanti partecipò a numerose mostre in Italia e all'estero, guadagnandosi consensi anche in Russia, dove le sue opere furono particolarmente apprezzate.

    Nel corso della sua carriera, Barzanti ebbe modo di esporre in importanti gallerie, e nel 1931 organizzò una mostra personale presso la Galleria Micheli di Milano. Nonostante il successo ottenuto durante la sua vita, fu solo successivamente, in occasione di una retrospettiva dedicata a lui nel 2014 a Forlì, che venne riconosciuto pienamente il valore del suo contributo alla pittura.

    STIMA min € 5000 - max € 6000

    Lotto 24  

    Le rose

    Licinio Barzanti Licinio Barzanti
    Forli 1857 - Como 1944
    Olio su tela cm 147x109 firmato in basso a sx L.Barzanti

    Licinio Barzanti nacque a Forlì il 29 ottobre 1857 e morì a Menaggio il 17 gennaio 1945. Cresciuto in un ambiente che favoriva la formazione artistica, si formò all'Accademia di Belle Arti di Firenze, sebbene gran parte del suo sviluppo artistico fosse autodidatta.
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    Fu principalmente attratto dalla pittura dal vero e dal ritratto, ma trovò la sua vera espressione nelle composizioni floreali e nei paesaggi, che divennero il suo principale campo di indagine.

    Il suo stile si distingue per la fusione di tradizione classica e tendenze veriste, unendo un realismo attento ai dettagli a una sensibilità per le luci e i colori. Le sue opere erano caratterizzate da una delicata armonia cromatica e atmosfere che spesso richiamano una visione romantica della natura. Barzanti partecipò a numerose mostre in Italia e all'estero, guadagnandosi consensi anche in Russia, dove le sue opere furono particolarmente apprezzate.

    Nel corso della sua carriera, Barzanti ebbe modo di esporre in importanti gallerie, e nel 1931 organizzò una mostra personale presso la Galleria Micheli di Milano. Nonostante il successo ottenuto durante la sua vita, fu solo successivamente, in occasione di una retrospettiva dedicata a lui nel 2014 a Forlì, che venne riconosciuto pienamente il valore del suo contributo alla pittura.



    9 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 25  

    Giornata uggiosa 1918

    Carlo Arpini
    Ancona 1866 Monza 1922
    Olio su tela cm 62x102 firmato in basso a dx C.Arpini

    Carlo Arpini nacque ad Ancona il 10 marzo 1866 e, dopo un primo avvio agli studi commerciali, decise di seguire la sua inclinazione per l’arte iscrivendosi all’Accademia di Brera a Milano. In questo ambiente formativo ricco di stimoli affinò il proprio linguaggio pittorico e iniziò presto a esporre alle mostre milanesi, ottenendo già negli anni Novanta dell’Ottocento i primi riconoscimenti con opere come Inverno, I reietti e Il figlio della colpa.
    Clicca per espandere



    La sua carriera fu segnata da numerosi soggiorni all’estero, che gli consentirono di ampliare la propria visione artistica. Il contatto con differenti paesaggi e atmosfere influenzò profondamente la sua pittura, rendendola sempre più attenta alla luce, al colore e alle variazioni atmosferiche. Arpini si dedicò soprattutto al paesaggio, privilegiando soggetti come fiumi, rive innevate, barche da pesca, cieli crepuscolari e scorci immersi nel silenzio. La sua tavolozza, spesso fredda e velata, restituisce sensazioni di quiete contemplativa.

    Tra le esposizioni più significative della sua carriera si ricordano quella torinese del 1908, in cui presentò Barche da pesca, Pace e Vespero, e la mostra di Brera dello stesso anno con Prima neve. Nel 1910 espose a Milano Ora mistica, una delle opere che meglio esprimono la sua maturità stilistica, fatta di equilibrio compositivo e intensa resa luminosa.

    Arpini mostrò nel corso degli anni una costante ricerca espressiva, lontana dalle avanguardie più radicali ma capace di evolvere verso un linguaggio personale, in bilico tra la tradizione del paesaggismo ottocentesco e le nuove sensibilità atmosferiche del primo Novecento.

    Morì a Monza il 1 aprile 1922, lasciando una produzione coerente e poetica, in cui la natura è osservata con partecipazione emotiva e restituita attraverso una pittura silenziosa, fatta di luci soffuse e di paesaggi sospesi nel tempo.

    STIMA min € 3000 - max € 3500

    Lotto 25  

    Giornata uggiosa 1918

    Carlo Arpini Carlo Arpini
    Ancona 1866 Monza 1922
    Olio su tela cm 62x102 firmato in basso a dx C.Arpini

    Carlo Arpini nacque ad Ancona il 10 marzo 1866 e, dopo un primo avvio agli studi commerciali, decise di seguire la sua inclinazione per l’arte iscrivendosi all’Accademia di Brera a Milano. In questo ambiente formativo ricco di stimoli affinò il proprio linguaggio pittorico e iniziò presto a esporre alle mostre milanesi, ottenendo già negli anni Novanta dell’Ottocento i primi riconoscimenti con opere come Inverno, I reietti e Il figlio della colpa.
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    La sua carriera fu segnata da numerosi soggiorni all’estero, che gli consentirono di ampliare la propria visione artistica. Il contatto con differenti paesaggi e atmosfere influenzò profondamente la sua pittura, rendendola sempre più attenta alla luce, al colore e alle variazioni atmosferiche. Arpini si dedicò soprattutto al paesaggio, privilegiando soggetti come fiumi, rive innevate, barche da pesca, cieli crepuscolari e scorci immersi nel silenzio. La sua tavolozza, spesso fredda e velata, restituisce sensazioni di quiete contemplativa.

    Tra le esposizioni più significative della sua carriera si ricordano quella torinese del 1908, in cui presentò Barche da pesca, Pace e Vespero, e la mostra di Brera dello stesso anno con Prima neve. Nel 1910 espose a Milano Ora mistica, una delle opere che meglio esprimono la sua maturità stilistica, fatta di equilibrio compositivo e intensa resa luminosa.

    Arpini mostrò nel corso degli anni una costante ricerca espressiva, lontana dalle avanguardie più radicali ma capace di evolvere verso un linguaggio personale, in bilico tra la tradizione del paesaggismo ottocentesco e le nuove sensibilità atmosferiche del primo Novecento.

    Morì a Monza il 1 aprile 1922, lasciando una produzione coerente e poetica, in cui la natura è osservata con partecipazione emotiva e restituita attraverso una pittura silenziosa, fatta di luci soffuse e di paesaggi sospesi nel tempo.



    0 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 26  

    Il ritorno dalla pesca

    Gaetano Fasanotti
    Milano 1831 -1882
    Olio su tela cm 33x52 firmato in basso a dx G.Fasanotti

    Gaetano Fasanotti nacque a Milano nel 1831 e si distinse nel panorama artistico del XIX secolo per la sua dedizione alla pittura di paesaggio. Inizialmente influenzato dalla pittura storica, a partire dal 1856 cominciò a orientarsi verso la rappresentazione della natura, un cambiamento che segnò l'inizio di una carriera ricca di successi.
    Clicca per espandere

    La sua passione per il paesaggio lo portò a sviluppare uno stile che coniugava una resa naturale e luminosa dei soggetti con un approccio molto attento alla realtà.

    Nel 1860, Fasanotti divenne professore di pittura di paesaggio all'Accademia di Brera, dove ebbe un'influenza decisiva sulla formazione di nuove generazioni di artisti. Fu uno dei pionieri della pratica della pittura en plein air in Italia, insegnando ai suoi allievi l'importanza di dipingere all'aperto, direttamente dalla natura. Questa innovazione portò alla rinascita della scuola lombarda di paesaggio, contribuendo a un rinnovato interesse per le bellezze naturali italiane.

    Le sue opere più celebri includono vedute della Lombardia e delle Alpi, in cui riusciva a catturare l'atmosfera unica dei luoghi con una vivace resa dei colori e delle luci naturali. Opere come "Veduta dal vero nell'Oberland", "Un'Alpe in Lombardia" e "Marina con pescatori" sono ancora oggi testimonianze del suo talento e della sua capacità di fondere tradizione e modernità.

    Fasanotti morì nel 1882 a Milano,Gaetano Fasanotti nacque a Milano nel 1831 e si distinse nel panorama artistico del XIX secolo per la sua dedizione alla pittura di paesaggio. Inizialmente influenzato dalla pittura storica, a partire dal 1856 cominciò a orientarsi verso la rappresentazione della natura, un cambiamento che segnò l'inizio di una carriera ricca di successi. La sua passione per il paesaggio lo portò a sviluppare uno stile che coniugava una resa naturale e luminosa dei soggetti con un approccio molto attento alla realtà.

    Nel 1860, Fasanotti divenne professore di pittura di paesaggio all'Accademia di Brera, dove ebbe un'influenza decisiva sulla formazione di nuove generazioni di artisti. Fu uno dei pionieri della pratica della pittura en plein air in Italia, insegnando ai suoi allievi l'importanza di dipingere all'aperto, direttamente dalla natura. Questa innovazione portò alla rinascita della scuola lombarda di paesaggio, contribuendo a un rinnovato interesse per le bellezze naturali italiane.

    Le sue opere più celebri includono vedute della Lombardia e delle Alpi, in cui riusciva a catturare l'atmosfera unica dei luoghi con una vivace resa dei colori e delle luci naturali. Opere come "Veduta dal vero nell'Oberland", "Un'Alpe in Lombardia" e "Marina con pescatori" sono ancora oggi testimonianze del suo talento e della sua capacità di fondere tradizione e modernità.

    Fasanotti morì nel 1882 a Milano.

    STIMA min € 3500 - max € 4000

    Lotto 26  

    Il ritorno dalla pesca

    Gaetano Fasanotti Gaetano Fasanotti
    Milano 1831 -1882
    Olio su tela cm 33x52 firmato in basso a dx G.Fasanotti

    Gaetano Fasanotti nacque a Milano nel 1831 e si distinse nel panorama artistico del XIX secolo per la sua dedizione alla pittura di paesaggio. Inizialmente influenzato dalla pittura storica, a partire dal 1856 cominciò a orientarsi verso la rappresentazione della natura, un cambiamento che segnò l'inizio di una carriera ricca di successi.
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    La sua passione per il paesaggio lo portò a sviluppare uno stile che coniugava una resa naturale e luminosa dei soggetti con un approccio molto attento alla realtà.

    Nel 1860, Fasanotti divenne professore di pittura di paesaggio all'Accademia di Brera, dove ebbe un'influenza decisiva sulla formazione di nuove generazioni di artisti. Fu uno dei pionieri della pratica della pittura en plein air in Italia, insegnando ai suoi allievi l'importanza di dipingere all'aperto, direttamente dalla natura. Questa innovazione portò alla rinascita della scuola lombarda di paesaggio, contribuendo a un rinnovato interesse per le bellezze naturali italiane.

    Le sue opere più celebri includono vedute della Lombardia e delle Alpi, in cui riusciva a catturare l'atmosfera unica dei luoghi con una vivace resa dei colori e delle luci naturali. Opere come "Veduta dal vero nell'Oberland", "Un'Alpe in Lombardia" e "Marina con pescatori" sono ancora oggi testimonianze del suo talento e della sua capacità di fondere tradizione e modernità.

    Fasanotti morì nel 1882 a Milano,Gaetano Fasanotti nacque a Milano nel 1831 e si distinse nel panorama artistico del XIX secolo per la sua dedizione alla pittura di paesaggio. Inizialmente influenzato dalla pittura storica, a partire dal 1856 cominciò a orientarsi verso la rappresentazione della natura, un cambiamento che segnò l'inizio di una carriera ricca di successi. La sua passione per il paesaggio lo portò a sviluppare uno stile che coniugava una resa naturale e luminosa dei soggetti con un approccio molto attento alla realtà.

    Nel 1860, Fasanotti divenne professore di pittura di paesaggio all'Accademia di Brera, dove ebbe un'influenza decisiva sulla formazione di nuove generazioni di artisti. Fu uno dei pionieri della pratica della pittura en plein air in Italia, insegnando ai suoi allievi l'importanza di dipingere all'aperto, direttamente dalla natura. Questa innovazione portò alla rinascita della scuola lombarda di paesaggio, contribuendo a un rinnovato interesse per le bellezze naturali italiane.

    Le sue opere più celebri includono vedute della Lombardia e delle Alpi, in cui riusciva a catturare l'atmosfera unica dei luoghi con una vivace resa dei colori e delle luci naturali. Opere come "Veduta dal vero nell'Oberland", "Un'Alpe in Lombardia" e "Marina con pescatori" sono ancora oggi testimonianze del suo talento e della sua capacità di fondere tradizione e modernità.

    Fasanotti morì nel 1882 a Milano.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Giovanni Battista Carpanetto
    Torino 1863 - Torino 1928
    Olio su tavola cm 32x48 firmato in basso a dx G.Carpanetto

    Giovanni Battista Carpanetto nacque a Torino il 30 settembre 1863. Fin da giovanissimo mostrò inclinazione per la pittura e, dopo aver studiato all’Accademia Albertina sotto maestros rigorosi, esordì ufficialmente nel 1881 con una tela storica che segnò l’inizio di un’attività artistica intensa.
    Clicca per espandere

    Inizialmente attivo nel genere storico, su consiglio del pittore Marco Calderini egli abbracciò ben presto la pittura “dal vero”, muovendosi verso paesaggi, figure e ambienti caratterizzati da immediata leggibilità, viva sensibilità emotiva e talvolta da un accento narrativo o simbolista. Durante il suo percorso partecipò a mostre prestigiose, come la Nazionale di Venezia del 1887, dove presentò un’opera che suscitò polemiche: dimostrazione della sua capacità di provocare attenzione.
    Con il passare degli anni Carpanetto estese il suo raggio d’azione alla grafica pubblicitaria e all’illustrazione, realizzando manifesti per importanti aziende e occupandosi di illustrazioni di riviste: questa doppia carriera testimonia una sua versatilità tra pittura “alta” e applicazioni pratiche dell’arte. La sua produzione, basata su oli e pastelli, si distingue per la raffigurazione di figure inserite in paesaggi e per l’attenzione alla luce, alla rappresentazione del vero e alla narrazione visiva. Verso la fine della sua vita la partecipazione espositiva si ridusse e egli si concentrò sull’insegnamento e sulla grafica. Morì a Torino il 26 luglio 1928, lasciando un corpus che riflette le tensioni e le evoluzioni della pittura piemontese tra Otto e Novecento.

    STIMA min € 2500 - max € 3000

    Giovanni Battista Carpanetto Giovanni Battista Carpanetto
    Torino 1863 - Torino 1928
    Olio su tavola cm 32x48 firmato in basso a dx G.Carpanetto

    Giovanni Battista Carpanetto nacque a Torino il 30 settembre 1863. Fin da giovanissimo mostrò inclinazione per la pittura e, dopo aver studiato all’Accademia Albertina sotto maestros rigorosi, esordì ufficialmente nel 1881 con una tela storica che segnò l’inizio di un’attività artistica intensa.
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    Inizialmente attivo nel genere storico, su consiglio del pittore Marco Calderini egli abbracciò ben presto la pittura “dal vero”, muovendosi verso paesaggi, figure e ambienti caratterizzati da immediata leggibilità, viva sensibilità emotiva e talvolta da un accento narrativo o simbolista. Durante il suo percorso partecipò a mostre prestigiose, come la Nazionale di Venezia del 1887, dove presentò un’opera che suscitò polemiche: dimostrazione della sua capacità di provocare attenzione.
    Con il passare degli anni Carpanetto estese il suo raggio d’azione alla grafica pubblicitaria e all’illustrazione, realizzando manifesti per importanti aziende e occupandosi di illustrazioni di riviste: questa doppia carriera testimonia una sua versatilità tra pittura “alta” e applicazioni pratiche dell’arte. La sua produzione, basata su oli e pastelli, si distingue per la raffigurazione di figure inserite in paesaggi e per l’attenzione alla luce, alla rappresentazione del vero e alla narrazione visiva. Verso la fine della sua vita la partecipazione espositiva si ridusse e egli si concentrò sull’insegnamento e sulla grafica. Morì a Torino il 26 luglio 1928, lasciando un corpus che riflette le tensioni e le evoluzioni della pittura piemontese tra Otto e Novecento.



    4 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 28  

    In taverna

    Nazareno Orlandi
    Ascoli Piceno 1861 - Buenos Aires 1952
    Olio su tela cm 32x46 firmato in basso a dx N.Orlandi

    Nazzareno Orlandi nacque ad Ascoli Piceno il 29 maggio 1861 e fin dagli anni giovanili mostrò un talento naturale per il disegno. Dopo i primi studi nella sua città, si trasferì a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove affinò la tecnica e ricevette i primi riconoscimenti.
    Clicca per espandere

    Durante il servizio militare, che durò alcuni anni, cominciò a rappresentare temi legati alla vita militare, un filone che rimase presente in parte della sua produzione successiva.

    Negli anni ottanta dell’Ottocento prese parte alle esposizioni italiane presentando ritratti e scene di genere che rivelavano una crescente attenzione alla narrazione e all’osservazione diretta della realtà. Opere come In mercato a Firenze, Pro Patria e Ricordi d’Ascoli attestano la sua inclinazione per una pittura vivace, attenta ai gesti e alla dimensione quotidiana.

    Nel 1889 accettò l’invito del governo argentino a trasferirsi a Buenos Aires. Questo passaggio segnò una svolta decisiva. In Argentina Orlandi divenne un apprezzato decoratore di grandi edifici pubblici e religiosi. Lavorò alla decorazione della cupola della Cattedrale di Córdoba, collaborò con vari teatri, istituzioni culturali e chiese di Buenos Aires, e firmò numerosi cicli ad affresco che univano precisione tecnica e forte senso scenografico. La sua capacità di adattarsi a spazi monumentali lo rese uno degli artisti più richiesti della città.

    Pur vivendo stabilmente in America Latina, mantenne rapporti con l’Italia e partecipò a esposizioni internazionali come quella di Chicago del 1893. Nel 1910 venne nominato Accademico Onorario dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, riconoscimento che premiava la qualità del suo percorso artistico e la fama raggiunta all’estero.

    Accanto alle grandi decorazioni, Orlandi continuò a produrre dipinti da cavalletto, ritratti e paesaggi che mostrano un gusto raffinato per la composizione e per la resa della luce. La varietà della sua produzione testimonia una personalità versatile, capace di coniugare tradizione italiana e sensibilità maturate nel contesto argentino.

    Nazzareno Orlandi morì a Buenos Aires nel 1952Nazzareno Orlandi nacque ad Ascoli Piceno il 29 maggio 1861 e fin dagli anni giovanili mostrò un talento naturale per il disegno. Dopo i primi studi nella sua città, si trasferì a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove affinò la tecnica e ricevette i primi riconoscimenti. Durante il servizio militare, che durò alcuni anni, cominciò a rappresentare temi legati alla vita militare, un filone che rimase presente in parte della sua produzione successiva.

    Negli anni ottanta dell’Ottocento prese parte alle esposizioni italiane presentando ritratti e scene di genere che rivelavano una crescente attenzione alla narrazione e all’osservazione diretta della realtà. Opere come In mercato a Firenze, Pro Patria e Ricordi d’Ascoli attestano la sua inclinazione per una pittura vivace, attenta ai gesti e alla dimensione quotidiana.

    Nel 1889 accettò l’invito del governo argentino a trasferirsi a Buenos Aires. Questo passaggio segnò una svolta decisiva. In Argentina Orlandi divenne un apprezzato decoratore di grandi edifici pubblici e religiosi. Lavorò alla decorazione della cupola della Cattedrale di Córdoba, collaborò con vari teatri, istituzioni culturali e chiese di Buenos Aires, e firmò numerosi cicli ad affresco che univano precisione tecnica e forte senso scenografico. La sua capacità di adattarsi a spazi monumentali lo rese uno degli artisti più richiesti della città.

    Pur vivendo stabilmente in America Latina, mantenne rapporti con l’Italia e partecipò a esposizioni internazionali come quella di Chicago del 1893. Nel 1910 venne nominato Accademico Onorario dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, riconoscimento che premiava la qualità del suo percorso artistico e la fama raggiunta all’estero.

    Accanto alle grandi decorazioni, Orlandi continuò a produrre dipinti da cavalletto, ritratti e paesaggi che mostrano un gusto raffinato per la composizione e per la resa della luce. La varietà della sua produzione testimonia una personalità versatile, capace di coniugare tradizione italiana e sensibilità maturate nel contesto argentino.

    Nazzareno Orlandi morì a Buenos Aires nel 1952.

    STIMA min € 3000 - max € 3500

    Lotto 28  

    In taverna

    Nazareno Orlandi Nazareno Orlandi
    Ascoli Piceno 1861 - Buenos Aires 1952
    Olio su tela cm 32x46 firmato in basso a dx N.Orlandi

    Nazzareno Orlandi nacque ad Ascoli Piceno il 29 maggio 1861 e fin dagli anni giovanili mostrò un talento naturale per il disegno. Dopo i primi studi nella sua città, si trasferì a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove affinò la tecnica e ricevette i primi riconoscimenti.
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    Durante il servizio militare, che durò alcuni anni, cominciò a rappresentare temi legati alla vita militare, un filone che rimase presente in parte della sua produzione successiva.

    Negli anni ottanta dell’Ottocento prese parte alle esposizioni italiane presentando ritratti e scene di genere che rivelavano una crescente attenzione alla narrazione e all’osservazione diretta della realtà. Opere come In mercato a Firenze, Pro Patria e Ricordi d’Ascoli attestano la sua inclinazione per una pittura vivace, attenta ai gesti e alla dimensione quotidiana.

    Nel 1889 accettò l’invito del governo argentino a trasferirsi a Buenos Aires. Questo passaggio segnò una svolta decisiva. In Argentina Orlandi divenne un apprezzato decoratore di grandi edifici pubblici e religiosi. Lavorò alla decorazione della cupola della Cattedrale di Córdoba, collaborò con vari teatri, istituzioni culturali e chiese di Buenos Aires, e firmò numerosi cicli ad affresco che univano precisione tecnica e forte senso scenografico. La sua capacità di adattarsi a spazi monumentali lo rese uno degli artisti più richiesti della città.

    Pur vivendo stabilmente in America Latina, mantenne rapporti con l’Italia e partecipò a esposizioni internazionali come quella di Chicago del 1893. Nel 1910 venne nominato Accademico Onorario dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, riconoscimento che premiava la qualità del suo percorso artistico e la fama raggiunta all’estero.

    Accanto alle grandi decorazioni, Orlandi continuò a produrre dipinti da cavalletto, ritratti e paesaggi che mostrano un gusto raffinato per la composizione e per la resa della luce. La varietà della sua produzione testimonia una personalità versatile, capace di coniugare tradizione italiana e sensibilità maturate nel contesto argentino.

    Nazzareno Orlandi morì a Buenos Aires nel 1952Nazzareno Orlandi nacque ad Ascoli Piceno il 29 maggio 1861 e fin dagli anni giovanili mostrò un talento naturale per il disegno. Dopo i primi studi nella sua città, si trasferì a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, dove affinò la tecnica e ricevette i primi riconoscimenti. Durante il servizio militare, che durò alcuni anni, cominciò a rappresentare temi legati alla vita militare, un filone che rimase presente in parte della sua produzione successiva.

    Negli anni ottanta dell’Ottocento prese parte alle esposizioni italiane presentando ritratti e scene di genere che rivelavano una crescente attenzione alla narrazione e all’osservazione diretta della realtà. Opere come In mercato a Firenze, Pro Patria e Ricordi d’Ascoli attestano la sua inclinazione per una pittura vivace, attenta ai gesti e alla dimensione quotidiana.

    Nel 1889 accettò l’invito del governo argentino a trasferirsi a Buenos Aires. Questo passaggio segnò una svolta decisiva. In Argentina Orlandi divenne un apprezzato decoratore di grandi edifici pubblici e religiosi. Lavorò alla decorazione della cupola della Cattedrale di Córdoba, collaborò con vari teatri, istituzioni culturali e chiese di Buenos Aires, e firmò numerosi cicli ad affresco che univano precisione tecnica e forte senso scenografico. La sua capacità di adattarsi a spazi monumentali lo rese uno degli artisti più richiesti della città.

    Pur vivendo stabilmente in America Latina, mantenne rapporti con l’Italia e partecipò a esposizioni internazionali come quella di Chicago del 1893. Nel 1910 venne nominato Accademico Onorario dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, riconoscimento che premiava la qualità del suo percorso artistico e la fama raggiunta all’estero.

    Accanto alle grandi decorazioni, Orlandi continuò a produrre dipinti da cavalletto, ritratti e paesaggi che mostrano un gusto raffinato per la composizione e per la resa della luce. La varietà della sua produzione testimonia una personalità versatile, capace di coniugare tradizione italiana e sensibilità maturate nel contesto argentino.

    Nazzareno Orlandi morì a Buenos Aires nel 1952.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 29  

    Amore materno

    Carlo Facchinetti
    Firenze 1870 - Firenze 1935
    Olio su tela cm 41x59,5 firmato in basso a dx C.Facchinetti

    Carlo Facchinetti nacque a Firenze nel 1870 e vi trascorse gran parte della vita, morendo nella stessa città nel 1935. Studiò all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove ebbe come maestro Giuseppe Ciaranfi, e avviò una carriera legata soprattutto alla rappresentazione della vita quotidiana, con particolare predilezione per le figure di giovani donne e bambini.
    Clicca per espandere

    Le sue opere furono presentate in varie esposizioni fiorentine, come l’VIII Esposizione dell’Associazione degli Artisti Italiani nel 1913, in cui figurò con acquerelli e dipinti ad olio. Lo stile di Facchinetti, pur radicato nella tradizione accademica, mostra una sensibilità verso il movimento moderno, e nelle sue tele emergono atmosfere tranquille e intime, ben lontane dalla tensione delle avanguardie più radicali. Tra i suoi lavori riferiti in cataloghi d’asta figurano titoli come Ore liete in famiglia, olio su tela firmato “C. Facchinetti”.

    STIMA min € 4000 - max € 5000

    Lotto 29  

    Amore materno

    Carlo Facchinetti Carlo Facchinetti
    Firenze 1870 - Firenze 1935
    Olio su tela cm 41x59,5 firmato in basso a dx C.Facchinetti

    Carlo Facchinetti nacque a Firenze nel 1870 e vi trascorse gran parte della vita, morendo nella stessa città nel 1935. Studiò all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove ebbe come maestro Giuseppe Ciaranfi, e avviò una carriera legata soprattutto alla rappresentazione della vita quotidiana, con particolare predilezione per le figure di giovani donne e bambini.
    Clicca per espandere

    Le sue opere furono presentate in varie esposizioni fiorentine, come l’VIII Esposizione dell’Associazione degli Artisti Italiani nel 1913, in cui figurò con acquerelli e dipinti ad olio. Lo stile di Facchinetti, pur radicato nella tradizione accademica, mostra una sensibilità verso il movimento moderno, e nelle sue tele emergono atmosfere tranquille e intime, ben lontane dalla tensione delle avanguardie più radicali. Tra i suoi lavori riferiti in cataloghi d’asta figurano titoli come Ore liete in famiglia, olio su tela firmato “C. Facchinetti”.



    3 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 30  

    Pensieri Natale 1924

    Giovanni Giani
    Torino 1866 - 1936
    Olio su cartone cm 47,5x28 firmato in alto a dx G.Giani

    Giovanni Giani nacque a Torino l’11 gennaio 1866 in una famiglia legata alle arti figurative, poiché il padre Giuseppe era anch’egli pittore. La sua formazione avvenne all’Accademia Albertina, dove studiò con maestri come Enrico Gamba e Andrea Gastaldi, assorbendo una solida impostazione accademica e una grande cura per il disegno.
    Clicca per espandere

    Fin dagli anni Ottanta dell’Ottocento iniziò a dedicarsi al paesaggio e alle scene di vita rurale, lavorando spesso in Val d’Intelvi, in Valle d’Aosta e nel Biellese. In queste opere emerse un linguaggio vicino al verismo piemontese, caratterizzato da un’attenzione rigorosa alla figura e da una resa luminosa dell’ambiente naturale.

    L’attività espositiva di Giani fu costante e prestigiosa: a partire dal 1903 partecipò più volte alla Biennale di Venezia, ottenendo buoni consensi e importanti riconoscimenti pubblici e privati. In questi anni la sua produzione si ampliò, includendo scene d’interno ambientate in epoche eleganti o borghesi, spesso molto apprezzate dal mercato per il gusto raffinato e decorativo. Alcune opere ricevettero particolare attenzione, come “Il mattino delle rose”, acquistato dalla regina Margherita, e “Ultima foglia”, oggi al Museo Revoltella di Trieste.

    Col tempo Giani alternò il paesaggio a composizioni di genere più ricercate, pur mantenendo costante la precisione formale e l’interesse per la costruzione della scena. Morì nella sua città natale, Torino, il 14 dicembre 1936Giovanni Giani nacque a Torino l’11 gennaio 1866 in una famiglia legata alle arti figurative, poiché il padre Giuseppe era anch’egli pittore. La sua formazione avvenne all’Accademia Albertina, dove studiò con maestri come Enrico Gamba e Andrea Gastaldi, assorbendo una solida impostazione accademica e una grande cura per il disegno. Fin dagli anni Ottanta dell’Ottocento iniziò a dedicarsi al paesaggio e alle scene di vita rurale, lavorando spesso in Val d’Intelvi, in Valle d’Aosta e nel Biellese. In queste opere emerse un linguaggio vicino al verismo piemontese, caratterizzato da un’attenzione rigorosa alla figura e da una resa luminosa dell’ambiente naturale.

    L’attività espositiva di Giani fu costante e prestigiosa: a partire dal 1903 partecipò più volte alla Biennale di Venezia, ottenendo buoni consensi e importanti riconoscimenti pubblici e privati. In questi anni la sua produzione si ampliò, includendo scene d’interno ambientate in epoche eleganti o borghesi, spesso molto apprezzate dal mercato per il gusto raffinato e decorativo. Alcune opere ricevettero particolare attenzione, come “Il mattino delle rose”, acquistato dalla regina Margherita, e “Ultima foglia”, oggi al Museo Revoltella di Trieste.

    Col tempo Giani alternò il paesaggio a composizioni di genere più ricercate, pur mantenendo costante la precisione formale e l’interesse per la costruzione della scena. Morì nella sua città natale, Torino, il 14 dicembre 1936.

    STIMA min € 2000 - max € 2500

    Lotto 30  

    Pensieri Natale 1924

    Giovanni Giani Giovanni Giani
    Torino 1866 - 1936
    Olio su cartone cm 47,5x28 firmato in alto a dx G.Giani

    Giovanni Giani nacque a Torino l’11 gennaio 1866 in una famiglia legata alle arti figurative, poiché il padre Giuseppe era anch’egli pittore. La sua formazione avvenne all’Accademia Albertina, dove studiò con maestri come Enrico Gamba e Andrea Gastaldi, assorbendo una solida impostazione accademica e una grande cura per il disegno.
    Clicca per espandere

    Fin dagli anni Ottanta dell’Ottocento iniziò a dedicarsi al paesaggio e alle scene di vita rurale, lavorando spesso in Val d’Intelvi, in Valle d’Aosta e nel Biellese. In queste opere emerse un linguaggio vicino al verismo piemontese, caratterizzato da un’attenzione rigorosa alla figura e da una resa luminosa dell’ambiente naturale.

    L’attività espositiva di Giani fu costante e prestigiosa: a partire dal 1903 partecipò più volte alla Biennale di Venezia, ottenendo buoni consensi e importanti riconoscimenti pubblici e privati. In questi anni la sua produzione si ampliò, includendo scene d’interno ambientate in epoche eleganti o borghesi, spesso molto apprezzate dal mercato per il gusto raffinato e decorativo. Alcune opere ricevettero particolare attenzione, come “Il mattino delle rose”, acquistato dalla regina Margherita, e “Ultima foglia”, oggi al Museo Revoltella di Trieste.

    Col tempo Giani alternò il paesaggio a composizioni di genere più ricercate, pur mantenendo costante la precisione formale e l’interesse per la costruzione della scena. Morì nella sua città natale, Torino, il 14 dicembre 1936Giovanni Giani nacque a Torino l’11 gennaio 1866 in una famiglia legata alle arti figurative, poiché il padre Giuseppe era anch’egli pittore. La sua formazione avvenne all’Accademia Albertina, dove studiò con maestri come Enrico Gamba e Andrea Gastaldi, assorbendo una solida impostazione accademica e una grande cura per il disegno. Fin dagli anni Ottanta dell’Ottocento iniziò a dedicarsi al paesaggio e alle scene di vita rurale, lavorando spesso in Val d’Intelvi, in Valle d’Aosta e nel Biellese. In queste opere emerse un linguaggio vicino al verismo piemontese, caratterizzato da un’attenzione rigorosa alla figura e da una resa luminosa dell’ambiente naturale.

    L’attività espositiva di Giani fu costante e prestigiosa: a partire dal 1903 partecipò più volte alla Biennale di Venezia, ottenendo buoni consensi e importanti riconoscimenti pubblici e privati. In questi anni la sua produzione si ampliò, includendo scene d’interno ambientate in epoche eleganti o borghesi, spesso molto apprezzate dal mercato per il gusto raffinato e decorativo. Alcune opere ricevettero particolare attenzione, come “Il mattino delle rose”, acquistato dalla regina Margherita, e “Ultima foglia”, oggi al Museo Revoltella di Trieste.

    Col tempo Giani alternò il paesaggio a composizioni di genere più ricercate, pur mantenendo costante la precisione formale e l’interesse per la costruzione della scena. Morì nella sua città natale, Torino, il 14 dicembre 1936.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 31  

    Nudo femminile

    Many Benner
    Capri 1873 - Parigi 1965
    Olio su tela cm 74x93 firmato in basso a sx Many Benner

    STIMA min € 2500 - max € 3000

    Lotto 31  

    Nudo femminile

    Many Benner Many Benner
    Capri 1873 - Parigi 1965
    Olio su tela cm 74x93 firmato in basso a sx Many Benner



    0 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 32  

    Spiaggia di Bordighera

    Giuseppe Ferdinando Piana
    Bordighera 1864-1956
    Olio su tela cm 70x100 firmato in basso a dx G.Piana

    ​Giuseppe Ferdinando Piana nacque il 3 dicembre 1864 a Ceriana, un pittoresco borgo nell'entroterra di Sanremo, e morì il 29 aprile 1956 a Bordighera, cittadina costiera della Liguria. Fin da giovane, Piana mostrò una spiccata inclinazione per l'arte pittorica.
    Clicca per espandere

    Durante uno dei suoi soggiorni a Bordighera, il celebre pittore Ernest Meissonier suggerì ai genitori di Giuseppe di avviarlo agli studi artistici. Nel 1882, Piana si trasferì a Torino per frequentare l'Accademia Albertina, dove fu allievo dei maestri Francesco Gamba e Andrea Gastaldi. ​
    Il suo debutto artistico avvenne a Torino con opere come "A ponente di Bordighera, campagna ligure" e "Politica rustica". Nel 1898, realizzò "Studio d'artista", un dipinto che attirò l'attenzione del governo, che lo acquisì. Nel 1903, Piana si trasferì a Sesto San Giovanni e partecipò all'Esposizione Permanente di Milano, presentando l'opera "Pace", che ricevette elogi dalla critica, in particolare da parte di Gaetano Previati. Sempre nel 1906, fu invitato alla Mostra Nazionale di Milano, dove espose "Cortile dei leoni in Granada", "La danza delle olive" e "Mare dopo la pioggia"; quest'ultime due opere furono acquistate dalla Galleria d'Arte Moderna di Milano.

    STIMA min € 5000 - max € 6000

    Lotto 32  

    Spiaggia di Bordighera

    Giuseppe Ferdinando Piana Giuseppe Ferdinando Piana
    Bordighera 1864-1956
    Olio su tela cm 70x100 firmato in basso a dx G.Piana

    ​Giuseppe Ferdinando Piana nacque il 3 dicembre 1864 a Ceriana, un pittoresco borgo nell'entroterra di Sanremo, e morì il 29 aprile 1956 a Bordighera, cittadina costiera della Liguria. Fin da giovane, Piana mostrò una spiccata inclinazione per l'arte pittorica.
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    Durante uno dei suoi soggiorni a Bordighera, il celebre pittore Ernest Meissonier suggerì ai genitori di Giuseppe di avviarlo agli studi artistici. Nel 1882, Piana si trasferì a Torino per frequentare l'Accademia Albertina, dove fu allievo dei maestri Francesco Gamba e Andrea Gastaldi. ​
    Il suo debutto artistico avvenne a Torino con opere come "A ponente di Bordighera, campagna ligure" e "Politica rustica". Nel 1898, realizzò "Studio d'artista", un dipinto che attirò l'attenzione del governo, che lo acquisì. Nel 1903, Piana si trasferì a Sesto San Giovanni e partecipò all'Esposizione Permanente di Milano, presentando l'opera "Pace", che ricevette elogi dalla critica, in particolare da parte di Gaetano Previati. Sempre nel 1906, fu invitato alla Mostra Nazionale di Milano, dove espose "Cortile dei leoni in Granada", "La danza delle olive" e "Mare dopo la pioggia"; quest'ultime due opere furono acquistate dalla Galleria d'Arte Moderna di Milano.



    3 offerte pre-asta Dettaglio
  • Leonardo Roda
    Racconigi 1868 - Torino 1933
    Olio su tela cm 100x140 firmato in basso a dx L.Roda

    Leonardo Roda è nato nel 1868 a Racconigi, Italia. Cresciuto in una famiglia di alpinisti e artisti botanici, ha coltivato sin da giovane l'amore per la montagna e l'arte.
    Clicca per espandere

    Ha iniziato la sua carriera artistica nel 1889, esponendo opere presso la Promotrice di Torino.

    Roda era noto per i suoi dipinti di paesaggi alpini e scene della vita di montagna, spesso ritraendo il maestoso Cervino. Ha anche dipinto paesaggi della pianura padana e del mare ligure. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto riconoscimenti e premi per le sue opere, ma verso la fine degli anni '20 ha abbandonato l'attività espositiva e si è ritirato dall'ambiente artistico.

    La sua pittura è stata descritta come un equilibrio tra realismo e espressionismo, con un'attenzione particolare alla luce e ai cambiamenti atmosferici. Roda è stato elogiato per la sua capacità di catturare la bellezza della natura, sia nelle montagne che nella campagna.

    La sua salute ha iniziato a declinare negli anni '30, e Roda è morto nel 1933. Sebbene la critica dell'epoca non sia stata sempre gentile con lui, le sue opere sono ancora oggi ammirate e conservate in collezioni private e musei.

    STIMA min € 3500 - max € 4000

    Leonardo Roda Leonardo Roda
    Racconigi 1868 - Torino 1933
    Olio su tela cm 100x140 firmato in basso a dx L.Roda

    Leonardo Roda è nato nel 1868 a Racconigi, Italia. Cresciuto in una famiglia di alpinisti e artisti botanici, ha coltivato sin da giovane l'amore per la montagna e l'arte.
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    Ha iniziato la sua carriera artistica nel 1889, esponendo opere presso la Promotrice di Torino.

    Roda era noto per i suoi dipinti di paesaggi alpini e scene della vita di montagna, spesso ritraendo il maestoso Cervino. Ha anche dipinto paesaggi della pianura padana e del mare ligure. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto riconoscimenti e premi per le sue opere, ma verso la fine degli anni '20 ha abbandonato l'attività espositiva e si è ritirato dall'ambiente artistico.

    La sua pittura è stata descritta come un equilibrio tra realismo e espressionismo, con un'attenzione particolare alla luce e ai cambiamenti atmosferici. Roda è stato elogiato per la sua capacità di catturare la bellezza della natura, sia nelle montagne che nella campagna.

    La sua salute ha iniziato a declinare negli anni '30, e Roda è morto nel 1933. Sebbene la critica dell'epoca non sia stata sempre gentile con lui, le sue opere sono ancora oggi ammirate e conservate in collezioni private e musei.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Enrico Sottili
    Reggio Emilia 1890 - Sala Comacina (CO) 1977
    Olio su tela cm 98x140 firmato in basso a dx E.Sottili

    Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio.
    Clicca per espandere

    Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio. Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977.

    STIMA min € 2500 - max € 3000

    Enrico Sottili Enrico Sottili
    Reggio Emilia 1890 - Sala Comacina (CO) 1977
    Olio su tela cm 98x140 firmato in basso a dx E.Sottili

    Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio.
    Clicca per espandere

    Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio. Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977.



    0 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 35  

    Vista sulla valle 1924

    Enrico Sottili
    Reggio Emilia 1890 - Sala Comacina (CO) 1977
    Olio su tela cm 98x140 firmato in basso a dx E.Sottili

    Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio.
    Clicca per espandere

    Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio. Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977.

    STIMA min € 2500 - max € 3000

    Lotto 35  

    Vista sulla valle 1924

    Enrico Sottili Enrico Sottili
    Reggio Emilia 1890 - Sala Comacina (CO) 1977
    Olio su tela cm 98x140 firmato in basso a dx E.Sottili

    Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio.
    Clicca per espandere

    Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977Enrico Sottili nacque a Reggio Emilia nel 1890 e si formò inizialmente nella pittura di figura e nella natura morta, mostrando sin da giovane una solida padronanza del disegno. Dopo un periodo di insegnamento presso la scuola d’arte di Cantù, si trasferì a Milano, dove frequentò l’ambiente di Ottavio Grolla e affinò progressivamente il proprio linguaggio. Fu però il paesaggio lombardo a definirne davvero l’identità artistica: la Val d’Intelvi, l’area dello Spluga e le vallate alpine divennero i suoi temi prediletti, luoghi in cui Sottili cercò costantemente atmosfere luminose particolari, effetti di aria e di luce che conferissero al paesaggio una dimensione sensibile e quasi meditativa.

    La sua pittura, essenziale ma attenta ai passaggi tonali, tende a valorizzare la quiete e il silenzio degli ambienti montani, spesso rappresentati attraverso baite isolate, alture, distese erbose e cieli chiari. Alcune sue opere entrarono nelle collezioni pubbliche, come il “Paesaggio montano” oggi conservato nella Pinacoteca Civica di Palazzo Volpi a Como, testimonianza del suo contributo alla tradizione del paesaggio lombardo del primo Novecento. Nel corso della carriera partecipò a mostre locali e la sua produzione è tuttora presente sul mercato artistico, soprattutto in Lombardia. Enrico Sottili morì a Sala Comacina nel 1977.



    1 offerte pre-asta Dettaglio
  • Mario Moretti Foggia
    Mantova 1882 - Novara 1954
    Olio su tela cm 60x80 firmato in basso a dx Moretti Foggia

    Mario Moretti Foggia è stato un rinomato pittore italiano nato il 25 dicembre 1882 a Mantova. La sua formazione artistica lo ha portato ad apprendere presso prestigiose istituzioni, tra cui l'Accademia Cignaroli a Verona e l'Accademia di Brera a Milano.
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    Durante il suo percorso formativo, ha avuto la fortuna di essere istruito da eminenti maestri dell'arte come Mosè Bianchi, Giuseppe Mentessi e Cesare Tallone.

    Foggia si è distinto come un abile paesaggista e ritrattista, utilizzando varie tecniche pittoriche come olio, tempera, acquarello e fresco per esprimere la sua creatività. Il suo debutto ufficiale nel mondo dell'arte è avvenuto a Milano nel 1902. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui medaglie d'oro all'Esposizione di Mantova per l'insieme delle sue opere nel 1902, a Milano nel 1908 con l'opera "Fratellanza" e a Como nel 1909 grazie al dipinto "Fresca Mattinata". Nel 1925, ha ottenuto il prestigioso Premio Cassani a Milano per il dipinto "L'ora del rosario".

    Tra il 1920 e il 1926, Foggia ha esposto con successo a Venezia, presentando opere come "Nel cantuccio di Venezia", "Nel Campiello", "Nevicata" e "Compiacenze materne". Nel 1927, a Firenze, in occasione dell'ottantesima Esposizione Nazionale di Palazzo Pitti, ha presentato le opere "Vera" e "Sole invernale". Tra le sue opere più celebri si trova il "Trittico dei Magi" (Ecce sidus, Imus, Adoremus), conservato presso la Galleria d'Arte Moderna di Milano, e "Danza la circassa", esposta presso la Galleria del Palazzo Ducale di Mantova.

    Le opere di Mario Moretti Foggia sono state incluse in importanti collezioni, tra cui quella del Quirinale, e sono state esposte in gallerie pubbliche e private in Italia, Svizzera, Stati Uniti e America Latina. Foggia era un instancabile viaggiatore, che trascorreva lunghi periodi in Oriente per studiare costumi e paesaggi, le cui ricerche sono state esposte con successo a Londra, Parigi e Bruxelles.

    Partecipando a numerose mostre collettive nazionali e internazionali, Mario Moretti Foggia ha consolidato la sua reputazione come uno dei pittori più influenti della sua epoca. Nel corso della sua carriera, ha realizzato dieci mostre personali, tutte accolte con entusiasmo da parte di pubblico e critica.

    Mario Moretti Foggia si è spento nel 1954 a Pecetto di Macugnaga, lasciando dietro di sé un prezioso e duraturo contributo all'arte italiana.

    STIMA min € 3000 - max € 3500

    Mario Moretti Foggia Mario Moretti Foggia
    Mantova 1882 - Novara 1954
    Olio su tela cm 60x80 firmato in basso a dx Moretti Foggia

    Mario Moretti Foggia è stato un rinomato pittore italiano nato il 25 dicembre 1882 a Mantova. La sua formazione artistica lo ha portato ad apprendere presso prestigiose istituzioni, tra cui l'Accademia Cignaroli a Verona e l'Accademia di Brera a Milano.
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    Durante il suo percorso formativo, ha avuto la fortuna di essere istruito da eminenti maestri dell'arte come Mosè Bianchi, Giuseppe Mentessi e Cesare Tallone.

    Foggia si è distinto come un abile paesaggista e ritrattista, utilizzando varie tecniche pittoriche come olio, tempera, acquarello e fresco per esprimere la sua creatività. Il suo debutto ufficiale nel mondo dell'arte è avvenuto a Milano nel 1902. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui medaglie d'oro all'Esposizione di Mantova per l'insieme delle sue opere nel 1902, a Milano nel 1908 con l'opera "Fratellanza" e a Como nel 1909 grazie al dipinto "Fresca Mattinata". Nel 1925, ha ottenuto il prestigioso Premio Cassani a Milano per il dipinto "L'ora del rosario".

    Tra il 1920 e il 1926, Foggia ha esposto con successo a Venezia, presentando opere come "Nel cantuccio di Venezia", "Nel Campiello", "Nevicata" e "Compiacenze materne". Nel 1927, a Firenze, in occasione dell'ottantesima Esposizione Nazionale di Palazzo Pitti, ha presentato le opere "Vera" e "Sole invernale". Tra le sue opere più celebri si trova il "Trittico dei Magi" (Ecce sidus, Imus, Adoremus), conservato presso la Galleria d'Arte Moderna di Milano, e "Danza la circassa", esposta presso la Galleria del Palazzo Ducale di Mantova.

    Le opere di Mario Moretti Foggia sono state incluse in importanti collezioni, tra cui quella del Quirinale, e sono state esposte in gallerie pubbliche e private in Italia, Svizzera, Stati Uniti e America Latina. Foggia era un instancabile viaggiatore, che trascorreva lunghi periodi in Oriente per studiare costumi e paesaggi, le cui ricerche sono state esposte con successo a Londra, Parigi e Bruxelles.

    Partecipando a numerose mostre collettive nazionali e internazionali, Mario Moretti Foggia ha consolidato la sua reputazione come uno dei pittori più influenti della sua epoca. Nel corso della sua carriera, ha realizzato dieci mostre personali, tutte accolte con entusiasmo da parte di pubblico e critica.

    Mario Moretti Foggia si è spento nel 1954 a Pecetto di Macugnaga, lasciando dietro di sé un prezioso e duraturo contributo all'arte italiana.



    7 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 37  

    Livorno Medicea 1925

    Gino Romiti
    Livorno 1881 - 1967
    Olio su tavola cm 27x37,5 firmato in basso a dx Gino Romiti

    La vita di Gino Romiti, nato a Livorno nel 1881 e scomparso nel 1967, è una storia di determinazione e passione che ha attraversato il mondo dell'arte con notevole impatto. Cresciuto in una famiglia modesta, Romiti si trovò presto ad affrontare le sfide finanziarie, ma non abbandonò mai la sua innata passione per la pittura.
    Clicca per espandere



    A soli sedici anni, riuscì a entrare alla Scuola di Guglielmo Micheli a Livorno, una vera e propria fucina d'arte, dove ebbe l'opportunità di interagire con artisti di spicco come Llewelyn Lloyd, Amedeo Modigliani e Giovanni Fattori. Questo periodo formativo fu fondamentale per plasmare la sua carriera artistica.

    Sin dall'inizio, Romiti partecipò a importanti esposizioni, tra cui la Permanente di Milano, la Biennale di Venezia e l'Internazionale di Bruxelles. Nel 1920 fu uno dei fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione artistica che nacque proprio nel suo studio e di cui fu presidente dal 1943 al 1967. Durante questo periodo, le sue opere subirono un'importante influenza dall'esperienza divisionista, concentrandosi su tematiche legate alla sua città natale, come le pinete di Ardenza e i paesaggi marini. Grazie al suo profondo interesse per il mare, creò anche opere singolari che ritraevano il fondo marino.

    Purtroppo, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo portò ad arruolarsi e combattere in Albania, dove realizzò numerosi disegni ispirati al paesaggio e alla vita militare. La sua intensa attività espositiva continuò nel 1922 con la partecipazione alla prima edizione della Primavera Fiorentina. L'ultima sua personale, la quarantacinquesima, si tenne a Siena presso la Galleria "La Balzana" nel 1964, e molte furono le sue retrospettive.

    Gino Romiti era non solo un talentuoso artista ma anche un uomo di profonda spiritualità e religiosità. La sua interpretazione pittorica della vita rifletteva il suo spirito cristiano di accettazione e fede. Le sue opere trasmettevano una luce "vera" che eguagliava la luce di Dio. La natura era la sua fonte d'ispirazione, e in essa trovava purezza, pace e serenità, rappresentando con semplicità ed entusiasmo ogni aspetto cromatico.

    I suoi quadri erano spesso caratterizzati da luminosità e cromatismi intensi. La rappresentazione della luce era centrale in tutte le sue opere, rendendo ogni forma e contenuto dorati e vibranti. Questi giochi di luce e colori si fondevano in una sinfonia che invitava alla riflessione e talvolta alla preghiera. La sua abilità nel catturare la luce in modo magistrale induceva alla meditazione e suggeriva una pausa nell'agitazione umana, incoraggiando le persone a riflettere sulla loro esistenza in rapporto all'Universo. Questo Universo era simbolicamente rappresentato dalla bellezza della natura, vista come l'elemento perfetto e sublime della creazione divina, e Romiti, con umiltà, portava rispetto a questa grandezza. Le opere di Gino Romiti erano veri e propri inno alla vita, una testimonianza della sua profonda connessione con il mondo che lo circondava e con la spiritualità che permeava ogni aspetto della sua arte.

    STIMA min € 2000 - max € 2500

    Lotto 37  

    Livorno Medicea 1925

    Gino Romiti Gino Romiti
    Livorno 1881 - 1967
    Olio su tavola cm 27x37,5 firmato in basso a dx Gino Romiti

    La vita di Gino Romiti, nato a Livorno nel 1881 e scomparso nel 1967, è una storia di determinazione e passione che ha attraversato il mondo dell'arte con notevole impatto. Cresciuto in una famiglia modesta, Romiti si trovò presto ad affrontare le sfide finanziarie, ma non abbandonò mai la sua innata passione per la pittura.
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    A soli sedici anni, riuscì a entrare alla Scuola di Guglielmo Micheli a Livorno, una vera e propria fucina d'arte, dove ebbe l'opportunità di interagire con artisti di spicco come Llewelyn Lloyd, Amedeo Modigliani e Giovanni Fattori. Questo periodo formativo fu fondamentale per plasmare la sua carriera artistica.

    Sin dall'inizio, Romiti partecipò a importanti esposizioni, tra cui la Permanente di Milano, la Biennale di Venezia e l'Internazionale di Bruxelles. Nel 1920 fu uno dei fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione artistica che nacque proprio nel suo studio e di cui fu presidente dal 1943 al 1967. Durante questo periodo, le sue opere subirono un'importante influenza dall'esperienza divisionista, concentrandosi su tematiche legate alla sua città natale, come le pinete di Ardenza e i paesaggi marini. Grazie al suo profondo interesse per il mare, creò anche opere singolari che ritraevano il fondo marino.

    Purtroppo, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo portò ad arruolarsi e combattere in Albania, dove realizzò numerosi disegni ispirati al paesaggio e alla vita militare. La sua intensa attività espositiva continuò nel 1922 con la partecipazione alla prima edizione della Primavera Fiorentina. L'ultima sua personale, la quarantacinquesima, si tenne a Siena presso la Galleria "La Balzana" nel 1964, e molte furono le sue retrospettive.

    Gino Romiti era non solo un talentuoso artista ma anche un uomo di profonda spiritualità e religiosità. La sua interpretazione pittorica della vita rifletteva il suo spirito cristiano di accettazione e fede. Le sue opere trasmettevano una luce "vera" che eguagliava la luce di Dio. La natura era la sua fonte d'ispirazione, e in essa trovava purezza, pace e serenità, rappresentando con semplicità ed entusiasmo ogni aspetto cromatico.

    I suoi quadri erano spesso caratterizzati da luminosità e cromatismi intensi. La rappresentazione della luce era centrale in tutte le sue opere, rendendo ogni forma e contenuto dorati e vibranti. Questi giochi di luce e colori si fondevano in una sinfonia che invitava alla riflessione e talvolta alla preghiera. La sua abilità nel catturare la luce in modo magistrale induceva alla meditazione e suggeriva una pausa nell'agitazione umana, incoraggiando le persone a riflettere sulla loro esistenza in rapporto all'Universo. Questo Universo era simbolicamente rappresentato dalla bellezza della natura, vista come l'elemento perfetto e sublime della creazione divina, e Romiti, con umiltà, portava rispetto a questa grandezza. Le opere di Gino Romiti erano veri e propri inno alla vita, una testimonianza della sua profonda connessione con il mondo che lo circondava e con la spiritualità che permeava ogni aspetto della sua arte.



    4 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 38  

    Livorno Medicea 1925

    Gino Romiti
    Livorno 1881 - 1967
    Olio su tavola cm 27x37,5 firmato in basso a sx Gino Romiti

    La vita di Gino Romiti, nato a Livorno nel 1881 e scomparso nel 1967, è una storia di determinazione e passione che ha attraversato il mondo dell'arte con notevole impatto. Cresciuto in una famiglia modesta, Romiti si trovò presto ad affrontare le sfide finanziarie, ma non abbandonò mai la sua innata passione per la pittura.
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    A soli sedici anni, riuscì a entrare alla Scuola di Guglielmo Micheli a Livorno, una vera e propria fucina d'arte, dove ebbe l'opportunità di interagire con artisti di spicco come Llewelyn Lloyd, Amedeo Modigliani e Giovanni Fattori. Questo periodo formativo fu fondamentale per plasmare la sua carriera artistica.

    Sin dall'inizio, Romiti partecipò a importanti esposizioni, tra cui la Permanente di Milano, la Biennale di Venezia e l'Internazionale di Bruxelles. Nel 1920 fu uno dei fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione artistica che nacque proprio nel suo studio e di cui fu presidente dal 1943 al 1967. Durante questo periodo, le sue opere subirono un'importante influenza dall'esperienza divisionista, concentrandosi su tematiche legate alla sua città natale, come le pinete di Ardenza e i paesaggi marini. Grazie al suo profondo interesse per il mare, creò anche opere singolari che ritraevano il fondo marino.

    Purtroppo, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo portò ad arruolarsi e combattere in Albania, dove realizzò numerosi disegni ispirati al paesaggio e alla vita militare. La sua intensa attività espositiva continuò nel 1922 con la partecipazione alla prima edizione della Primavera Fiorentina. L'ultima sua personale, la quarantacinquesima, si tenne a Siena presso la Galleria "La Balzana" nel 1964, e molte furono le sue retrospettive.

    Gino Romiti era non solo un talentuoso artista ma anche un uomo di profonda spiritualità e religiosità. La sua interpretazione pittorica della vita rifletteva il suo spirito cristiano di accettazione e fede. Le sue opere trasmettevano una luce "vera" che eguagliava la luce di Dio. La natura era la sua fonte d'ispirazione, e in essa trovava purezza, pace e serenità, rappresentando con semplicità ed entusiasmo ogni aspetto cromatico.

    I suoi quadri erano spesso caratterizzati da luminosità e cromatismi intensi. La rappresentazione della luce era centrale in tutte le sue opere, rendendo ogni forma e contenuto dorati e vibranti. Questi giochi di luce e colori si fondevano in una sinfonia che invitava alla riflessione e talvolta alla preghiera. La sua abilità nel catturare la luce in modo magistrale induceva alla meditazione e suggeriva una pausa nell'agitazione umana, incoraggiando le persone a riflettere sulla loro esistenza in rapporto all'Universo. Questo Universo era simbolicamente rappresentato dalla bellezza della natura, vista come l'elemento perfetto e sublime della creazione divina, e Romiti, con umiltà, portava rispetto a questa grandezza. Le opere di Gino Romiti erano veri e propri inno alla vita, una testimonianza della sua profonda connessione con il mondo che lo circondava e con la spiritualità che permeava ogni aspetto della sua arte.

    STIMA min € 2000 - max € 2500

    Lotto 38  

    Livorno Medicea 1925

    Gino Romiti Gino Romiti
    Livorno 1881 - 1967
    Olio su tavola cm 27x37,5 firmato in basso a sx Gino Romiti

    La vita di Gino Romiti, nato a Livorno nel 1881 e scomparso nel 1967, è una storia di determinazione e passione che ha attraversato il mondo dell'arte con notevole impatto. Cresciuto in una famiglia modesta, Romiti si trovò presto ad affrontare le sfide finanziarie, ma non abbandonò mai la sua innata passione per la pittura.
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    A soli sedici anni, riuscì a entrare alla Scuola di Guglielmo Micheli a Livorno, una vera e propria fucina d'arte, dove ebbe l'opportunità di interagire con artisti di spicco come Llewelyn Lloyd, Amedeo Modigliani e Giovanni Fattori. Questo periodo formativo fu fondamentale per plasmare la sua carriera artistica.

    Sin dall'inizio, Romiti partecipò a importanti esposizioni, tra cui la Permanente di Milano, la Biennale di Venezia e l'Internazionale di Bruxelles. Nel 1920 fu uno dei fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione artistica che nacque proprio nel suo studio e di cui fu presidente dal 1943 al 1967. Durante questo periodo, le sue opere subirono un'importante influenza dall'esperienza divisionista, concentrandosi su tematiche legate alla sua città natale, come le pinete di Ardenza e i paesaggi marini. Grazie al suo profondo interesse per il mare, creò anche opere singolari che ritraevano il fondo marino.

    Purtroppo, lo scoppio della Prima Guerra Mondiale lo portò ad arruolarsi e combattere in Albania, dove realizzò numerosi disegni ispirati al paesaggio e alla vita militare. La sua intensa attività espositiva continuò nel 1922 con la partecipazione alla prima edizione della Primavera Fiorentina. L'ultima sua personale, la quarantacinquesima, si tenne a Siena presso la Galleria "La Balzana" nel 1964, e molte furono le sue retrospettive.

    Gino Romiti era non solo un talentuoso artista ma anche un uomo di profonda spiritualità e religiosità. La sua interpretazione pittorica della vita rifletteva il suo spirito cristiano di accettazione e fede. Le sue opere trasmettevano una luce "vera" che eguagliava la luce di Dio. La natura era la sua fonte d'ispirazione, e in essa trovava purezza, pace e serenità, rappresentando con semplicità ed entusiasmo ogni aspetto cromatico.

    I suoi quadri erano spesso caratterizzati da luminosità e cromatismi intensi. La rappresentazione della luce era centrale in tutte le sue opere, rendendo ogni forma e contenuto dorati e vibranti. Questi giochi di luce e colori si fondevano in una sinfonia che invitava alla riflessione e talvolta alla preghiera. La sua abilità nel catturare la luce in modo magistrale induceva alla meditazione e suggeriva una pausa nell'agitazione umana, incoraggiando le persone a riflettere sulla loro esistenza in rapporto all'Universo. Questo Universo era simbolicamente rappresentato dalla bellezza della natura, vista come l'elemento perfetto e sublime della creazione divina, e Romiti, con umiltà, portava rispetto a questa grandezza. Le opere di Gino Romiti erano veri e propri inno alla vita, una testimonianza della sua profonda connessione con il mondo che lo circondava e con la spiritualità che permeava ogni aspetto della sua arte.



    3 offerte pre-asta Dettaglio
  • Giovanni March
    Tunisi 1894 - Livorno 1974
    Olio su tavola cm 33x51 firmato in basso a sx G.March

    Giovanni March nacque a Tunisi nel 1894 da una famiglia livornese che pochi anni più tardi rientrò in Italia dopo la morte del padre. Crebbe quindi a Livorno in un ambiente modesto che lo costrinse giovanissimo a lavorare come imbianchino e decoratore.
    Clicca per espandere

    In quegli anni iniziò a dipingere da autodidatta, attirato dalla luce e dai paesaggi delle colline toscane. Frequentò gli artisti attivi a Campolecciano, in particolare Ludovico Tommasi, che ne riconobbe il talento e lo incoraggiò a proseguire gli studi.

    Negli anni successivi March si avvicinò alla tradizione post macchiaiola, guardando a figure come Mario Puccini e Plinio Nomellini. Pur partendo da questo solido riferimento locale, cercò presto un linguaggio più personale fondato su una pennellata libera e su una tavolozza luminosa. La sua prima importante affermazione fu la mostra personale del 1921 alla Galleria Gonnelli di Firenze, evento che gli aprì le porte della critica e dell’ambiente artistico nazionale.

    Tra gli anni venti e i primi anni trenta March soggiornò spesso in Francia, soprattutto a Nizza e a Parigi. Qui venne a contatto con atmosfere europee più aperte e con una pittura vicina al post impressionismo, esperienza che affinò ulteriormente il suo uso della luce e il suo modo di sintetizzare la forma. Tornato in Italia, visse tra Roma, Firenze e Livorno, città nelle quali continuò a esporre e a sviluppare la propria ricerca pittorica. Fu anche membro dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.

    La parte più matura della sua produzione ruota attorno al paesaggio toscano, ai porti, ai litorali e alle vedute costiere. In questi dipinti March raggiunse la sua voce più riconoscibile, fatta di equilibrio tonale, luminosità chiara e una pacata intensità emotiva. Negli anni più tardi si dedicò anche alla natura morta, trattata con la stessa attenzione per la luce e per la costruzione armoniosa della scena.

    Giovanni March morì a Livorno nel 1974.

    STIMA min € 1000 - max € 1200

    Giovanni March Giovanni March
    Tunisi 1894 - Livorno 1974
    Olio su tavola cm 33x51 firmato in basso a sx G.March

    Giovanni March nacque a Tunisi nel 1894 da una famiglia livornese che pochi anni più tardi rientrò in Italia dopo la morte del padre. Crebbe quindi a Livorno in un ambiente modesto che lo costrinse giovanissimo a lavorare come imbianchino e decoratore.
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    In quegli anni iniziò a dipingere da autodidatta, attirato dalla luce e dai paesaggi delle colline toscane. Frequentò gli artisti attivi a Campolecciano, in particolare Ludovico Tommasi, che ne riconobbe il talento e lo incoraggiò a proseguire gli studi.

    Negli anni successivi March si avvicinò alla tradizione post macchiaiola, guardando a figure come Mario Puccini e Plinio Nomellini. Pur partendo da questo solido riferimento locale, cercò presto un linguaggio più personale fondato su una pennellata libera e su una tavolozza luminosa. La sua prima importante affermazione fu la mostra personale del 1921 alla Galleria Gonnelli di Firenze, evento che gli aprì le porte della critica e dell’ambiente artistico nazionale.

    Tra gli anni venti e i primi anni trenta March soggiornò spesso in Francia, soprattutto a Nizza e a Parigi. Qui venne a contatto con atmosfere europee più aperte e con una pittura vicina al post impressionismo, esperienza che affinò ulteriormente il suo uso della luce e il suo modo di sintetizzare la forma. Tornato in Italia, visse tra Roma, Firenze e Livorno, città nelle quali continuò a esporre e a sviluppare la propria ricerca pittorica. Fu anche membro dell’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze.

    La parte più matura della sua produzione ruota attorno al paesaggio toscano, ai porti, ai litorali e alle vedute costiere. In questi dipinti March raggiunse la sua voce più riconoscibile, fatta di equilibrio tonale, luminosità chiara e una pacata intensità emotiva. Negli anni più tardi si dedicò anche alla natura morta, trattata con la stessa attenzione per la luce e per la costruzione armoniosa della scena.

    Giovanni March morì a Livorno nel 1974.



    5 offerte pre-asta Dettaglio
  • Lotto 40  

    I capricci 1930

    Carlo Domenici
    Livorno 1897 - Portoferraio (LI) 1981
    Olio su tavola cm 41x53 firmato in basso a dx C.Domenici

    Carlo Domenici nacque a Livorno il 18 marzo 1897, in una famiglia modesta ma culturalmente vivace: il padre Cesare era marmista e suonava nella Filarmonica cittadina, mentre la madre, Matilde, proveniva da una famiglia di artigiani. Fin da giovane, Domenici mostrò un talento naturale per il disegno, che fu incoraggiato dal poeta e giornalista Giosuè Borsi, amico di famiglia, il quale lo spinse a intraprendere un percorso artistico.
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    A tredici anni, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove studiò disegno, acquaforte e litografia, avvicinandosi allo stile dei macchiaioli.

    Nel 1913, a soli sedici anni, Domenici realizzò il suo primo dipinto, "Figura di Bambina", e lo espose alla Mostra della Secessione presso la Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma. Nel 1917, il celebre compositore Pietro Mascagni acquistò una sua opera intitolata "Venezia Livornese", riconoscendo il talento del giovane pittore. Nello stesso anno, Domenici si sposò con Bianca.

    Nel 1920, fu tra i fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione di artisti livornesi che si riunivano al Caffè Bardi, condividendo l'amore per la pittura en plein air e per i paesaggi toscani. Domenici partecipò attivamente alle esposizioni del gruppo e, nel 1979, alla morte di Renato Natali, ne divenne presidente, mantenendo la carica fino alla sua scomparsa.
    La sua produzione artistica si concentrò principalmente su paesaggi e scene di vita rurale, con particolare attenzione alla Maremma, all'Isola d'Elba e alle marine toscane. Le sue opere, spesso realizzate su piccole tavolette, si distinguono per l'uso di colori caldi e per la capacità di cogliere la luce e l'atmosfera dei luoghi rappresentati. Tra i soggetti preferiti vi erano contadini al lavoro, buoi al pascolo e vedute di borghi e porti.

    Domenici espose le sue opere in numerose mostre, sia in Italia che all'estero, tra cui la Quadriennale d'Arte di Roma nel 1924, l'Esposizione dell'America del Sud nel 1926, la Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, l'Internazionale di Tokyo e una personale a Manila. Nel 1950, partecipò alla Mostra di Cinquant'anni di Pittura Toscana a Firenze e, nel 1957, all'Esposizione Nazionale al Maschio Angioino.

    Nel 1946, fondò il Gruppo Artisti Elbani e istituì il Premio Llewelyn Lloyd a Portoferraio, in memoria del pittore che visse e lavorò sull'Isola d'Elba. Domenici si interessò anche alla politica locale, ricoprendo la carica di consigliere comunale a Portoferraio. Dopo la morte della prima moglie, si unì a Plava Cioni, con la quale ebbe un figlio, Claudio, che seguì le orme paterne diventando pittore con il nome d'arte Claudio da Firenze.

    Carlo Domenici morì a Portoferraio nel 1981.

    STIMA min € 800 - max € 1000

    Lotto 40  

    I capricci 1930

    Carlo Domenici Carlo Domenici
    Livorno 1897 - Portoferraio (LI) 1981
    Olio su tavola cm 41x53 firmato in basso a dx C.Domenici

    Carlo Domenici nacque a Livorno il 18 marzo 1897, in una famiglia modesta ma culturalmente vivace: il padre Cesare era marmista e suonava nella Filarmonica cittadina, mentre la madre, Matilde, proveniva da una famiglia di artigiani. Fin da giovane, Domenici mostrò un talento naturale per il disegno, che fu incoraggiato dal poeta e giornalista Giosuè Borsi, amico di famiglia, il quale lo spinse a intraprendere un percorso artistico.
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    A tredici anni, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove studiò disegno, acquaforte e litografia, avvicinandosi allo stile dei macchiaioli.

    Nel 1913, a soli sedici anni, Domenici realizzò il suo primo dipinto, "Figura di Bambina", e lo espose alla Mostra della Secessione presso la Società Amatori e Cultori di Belle Arti di Roma. Nel 1917, il celebre compositore Pietro Mascagni acquistò una sua opera intitolata "Venezia Livornese", riconoscendo il talento del giovane pittore. Nello stesso anno, Domenici si sposò con Bianca.

    Nel 1920, fu tra i fondatori del Gruppo Labronico, un'associazione di artisti livornesi che si riunivano al Caffè Bardi, condividendo l'amore per la pittura en plein air e per i paesaggi toscani. Domenici partecipò attivamente alle esposizioni del gruppo e, nel 1979, alla morte di Renato Natali, ne divenne presidente, mantenendo la carica fino alla sua scomparsa.
    La sua produzione artistica si concentrò principalmente su paesaggi e scene di vita rurale, con particolare attenzione alla Maremma, all'Isola d'Elba e alle marine toscane. Le sue opere, spesso realizzate su piccole tavolette, si distinguono per l'uso di colori caldi e per la capacità di cogliere la luce e l'atmosfera dei luoghi rappresentati. Tra i soggetti preferiti vi erano contadini al lavoro, buoi al pascolo e vedute di borghi e porti.

    Domenici espose le sue opere in numerose mostre, sia in Italia che all'estero, tra cui la Quadriennale d'Arte di Roma nel 1924, l'Esposizione dell'America del Sud nel 1926, la Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, l'Internazionale di Tokyo e una personale a Manila. Nel 1950, partecipò alla Mostra di Cinquant'anni di Pittura Toscana a Firenze e, nel 1957, all'Esposizione Nazionale al Maschio Angioino.

    Nel 1946, fondò il Gruppo Artisti Elbani e istituì il Premio Llewelyn Lloyd a Portoferraio, in memoria del pittore che visse e lavorò sull'Isola d'Elba. Domenici si interessò anche alla politica locale, ricoprendo la carica di consigliere comunale a Portoferraio. Dopo la morte della prima moglie, si unì a Plava Cioni, con la quale ebbe un figlio, Claudio, che seguì le orme paterne diventando pittore con il nome d'arte Claudio da Firenze.

    Carlo Domenici morì a Portoferraio nel 1981.



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