Angelo Inganni è un pittore di origini bresciane che venne avviato alla pittura, insieme al fratello maggiore Francesco, nella bottega del padre, iniziando così a lavorare ad alcuni dipinti a soggetto sacro, commissionati al padre e destinati a chiese della campagna bresciana. Nel 1827 è chiamato alle armi, svolge il servizio a Milano dove, nei momenti di libertà, dipinge vedute con caserme. È notato dal maresciallo Radetzky che gli chiede un ritratto. Soddisfatto dell'opera, Radetzky lo dispensa dal servizio militare e si impegna affinchè il giovane Angelo sia iscritto all'Accademia di Brera, dove egli inizia a studiare e ad idealizzare il suo stile, esponendo alle mostre annuali dell'Accademia tele con paesaggi. Apre un atelier a Milano e in breve tempo Angelo Inganni diventa uno dei vedutisti più conosciuti del XIX secolo. Viene inoltre chiamato a dipingere alcune opere da alcuni altolocati del Lombardo Veneto e di Vienna.
I suoi panorami sono realistiche vedute di cittadine lombarde, con belle prospettive e presentano un notevole numero di figure, specialmenti popolani, rappresentati come piccole e leggere macchie di colore, nelle loro occupazioni quotidiane? questo modo di dipingere la realtà cittadina è in chiara antitesi con i rigidi canoni del neoclassicismo e preannucia il periodo del Romanticismo. Grazie ad un suo particolare studio, Angelo Inganni, possiede occhio attento ai particolari ed una mano felice e veloce nel dipingere. Le sue tele sono anche una documentazione visiva della Milano del suo tempo, molte delle quali rappresentano una vera e propria fotografia della quotidianità milanese. Cogliendo non solo luminosità notturne di giornate gelide invernali, ma addirittura scenette della strada.
Nei primi anni quaranta del XIX secolo torna più volte a Brescia ed espone al locale Ateneo. Soggiorna a Gussago, un paesino di campagna, dove dipinge tele ispirandosi a scene di vita contadina. Nel 1845 inizia ad affrescare la Chiesa di San Marco a Milano e più tardi la cupola di San Carlo al Corso a Milano. Rimasto vedovo della prima moglie, si trasferisce a Gussago dopo gli anni cinquanta, rinunciando talvolta ad essere presente a mostre milanesi. Si sposa con una sua allieva, divenuta poi sua amante, la pittrice francese Amanzia Guérillot. Continua a dipingere scene di vita contadina e vedute notturne. Nel 1853 prende parte ad un'esposizione a Parigi. Muore a Gussago nel 1880 mentre sta lavorando ad un dipinto, per un monumento dedicato alle Cinque Giornate.