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Dopo aver completato gli studi, intraprese numerosi viaggi in Europa, dove visitò musei e gallerie, studiando da autodidatta i grandi maestri della pittura moderna e antica. Rifiutò sempre una formazione accademica tradizionale, preferendo formarsi attraverso l’osservazione diretta e la ricerca personale.
Negli anni Venti soggiornò a lungo in Europa – tra Bruxelles, Parigi e Berlino – venendo in contatto con le correnti artistiche più vive del tempo. L’incontro con l’espressionismo, il fauvismo e la pittura francese di fine secolo lo spinse a elaborare un linguaggio personale, fatto di colore denso, materia corposa e linee decise. La sua pittura si distinse per una forza espressiva immediata e per un senso profondo dell’umanità dei soggetti, che fossero paesaggi urbani, ritratti o interni.
Nel 1927 tenne la sua prima mostra personale a Parigi, ottenendo l’attenzione della critica e aprendo la strada a un lungo periodo di attività tra Europa e Stati Uniti. Negli anni successivi si stabilì in Belgio, pur continuando a viaggiare, e qui maturò la fase più intensa della sua produzione. I suoi dipinti di questo periodo, spesso centrati su figure umane isolate o su paesaggi metropolitani attraversati da una luce inquieta, esprimono una visione drammatica ma poetica della condizione moderna.
Negli anni Cinquanta e Sessanta la sua pittura divenne ancora più libera e sintetica. Dopo un grave ictus, riprese a dipingere con energia sorprendente, sviluppando una tecnica che definì “shorthand painting”: una pittura rapida, essenziale, capace di cogliere in pochi tratti l’essenza del soggetto. In questi lavori, la materia pittorica diventa linguaggio puro, strumento per trasmettere emozione più che forma.
Clifford Holmead Phillips morì nel 1975 a Bruxelles, dopo una vita interamente dedicata all’arte.