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Successivamente, si trasferì a Parma per perfezionarsi sotto la guida del pittore e scenografo Giuseppe Boccaccio. Un ulteriore periodo a Napoli gli permise di entrare in contatto con la Scuola di Posillipo, arricchendo la sua visione artistica con influenze più moderne. Rientrato a Genova, Cambiaso si dedicò principalmente alla pittura di vedute, immortalando con maestria scorci della città e della Riviera ligure. Le sue opere offrono una testimonianza visiva di luoghi che, a causa dei cambiamenti urbanistici, sono oggi irriconoscibili. La sua abilità nel catturare dettagli architettonici e paesaggistici gli valse l'elezione a accademico di merito presso l'Accademia Ligustica nel 1834, a soli 23 anni. Nel 1847 assunse l'incarico di professore aggiunto nella stessa istituzione, per poi diventare docente di disegno presso la Regia Scuola Superiore Navale di Genova. Tra il 1860 e il 1862, intraprese un viaggio lungo le coste liguri con l'armatore Giuseppe Bertollo, documentando l'escursione con oltre cento disegni, acquerelli e incisioni. Le sue opere sono state esposte per quasi quattro decenni alle mostre annuali della Società Promotrice di Belle Arti di Genova. Oltre al valore artistico, le sue vedute offrono un'importante documentazione storica e sociale del territorio ligure prima delle trasformazioni urbanistiche del secolo successivo. Padre di due figlie, Laura ed Elisa, entrambe influenzate nella scelta artistica dal padre, Cambiaso ha anche formato allievi di rilievo come Tammar Luxoro, Giovanni Battista Molinelli e Teresa Doria. La critica dell'epoca lo celebrava come un "gran genio nell'arte del paesaggio", riconoscendo il suo talento sia in patria che all'estero. La sua arte si distingue per la solida maestria del disegno, l'acutezza dell'osservazione e un virtuosismo esecutivo che continua a affascinare studiosi e appassionati. La sua scomparsa nel 1894 segna la fine di un'epoca, ma le sue opere continuano a essere testimoni di un passato ricco di storia e bellezza, offrendo uno sguardo privilegiato sulla Liguria di un tempo.
Nonostante le difficoltà economiche, Luigi sviluppò una passione per la pittura, che coltivò come autodidatta. Nel 1861 partecipò all'Esposizione italiana di Firenze, dove presentò due paesaggi: "Avanzi di un antico castello" e "Scena di tramonto nella pineta di Ravenna", ottenendo un lusinghiero successo. L'anno successivo, nel 1862, espose alla Promotrice di Firenze due opere: "Casolare rustico in tempo di autunno nei contorni di Bologna" e "Veduta del Battiferro sopra il canale Navile in vicinanza di Bologna sul terminare dell'inverno". Nel 1867, grazie all'invito del conte Ercole di Malvasia, Bertelli visitò l'Esposizione Universale di Parigi, dove ebbe l'opportunità di entrare in contatto con artisti francesi come Gustave Courbet, Jean-François Millet, Jean-Baptiste Corot e Charles-François Daubigny. Questa esperienza influenzò profondamente il suo stile, avvicinandolo alla pittura en plein air e alla ricerca di una rappresentazione più diretta e veritiera della natura. Tornato in Italia, Bertelli si stabilì a Bologna, dove continuò la sua attività artistica, dipingendo principalmente paesaggi della campagna bolognese, in particolare lungo il fiume Savena e sulle colline di Monte Donato. Le sue opere si caratterizzavano per una tecnica solida e una sensibilità particolare nel rappresentare la luce e l'atmosfera, spesso con una pennellata ampia e corposa. Nel corso della sua carriera, Bertelli partecipò a numerose esposizioni in Italia e all'estero, tra cui quelle di Parma, Torino, Milano, Roma, Firenze e Londra, ottenendo diversi riconoscimenti. Tuttavia, nonostante il successo critico, visse in condizioni economiche difficili, trascurando gli affari personali e dedicandosi completamente alla pittura. Morì a Bologna il 23 gennaio 1916, in povertà. Dopo la sua morte, l'opera di Bertelli fu riscoperta e rivalutata. Nel 1920 fu organizzata a Bologna una mostra postuma delle sue pitture, seguita da una retrospettiva nel 1946. Critici come Carlo Carrà e Giorgio Morandi lo considerarono un maestro, riconoscendo in lui una profonda sensibilità e una capacità unica di trasfigurare la realtà attraverso la pittura.
Già da queste prime opere, Chiarolanza dimostrò una notevole abilità nel catturare la luce e i dettagli del paesaggio, segnando un legame profondo con il verismo e la ricerca della verità visiva. EPF
Nella metà degli anni 1880, Tito frequentò la Scuola di Arti e Mestieri dell'Aquila, sotto la direzione di Tilo Patini. Nel 1890, si trasferì a Napoli per iscriversi all'Istituto di Belle Arti, dove studiò con Domenico Morelli e Filippo Palizzi. Successivamente, partecipò brevemente al circolo di Francesco Paolo Michetti a Francavilla al Mare, prima di tornare a Barisciano per dedicarsi alla pittura su commissione. Nel periodo tra il 1911 e il 1912, Pellicciotti prese parte alla guerra italo-turca in Libia, un'esperienza che influenzò profondamente la sua arte, introducendo elementi orientali nelle sue opere. Al suo ritorno, organizzò mostre a L'Aquila, Napoli e Roma, e partecipò a diverse esposizioni collettive anche all'estero. Morì nel 1950 nel suo paese natale, lasciando un'eredità artistica significativa.
La città di Lanciano conserva ancora la sua casa natale, situata nel quartiere Borgo, in via dei Tribunali . Nel 1835, Palizzi si trasferì a Napoli per iscriversi all'Accademia di Belle Arti, dove studiò con Anton Sminck van Pitloo e successivamente con Gabriele Smargiassi. Entrò in contatto con i pittori della Scuola di Posillipo e partecipò alle mostre biennali Borboniche, presentando paesaggi storici. Tuttavia, i difficili rapporti con il mondo accademico lo portarono a lasciare l'Italia nel 1844 . Si stabilì a Parigi, dove entrò in contatto con i membri della Scuola di Barbizon e divenne uno dei primi artisti italiani a dipingere nella foresta di Fontainebleau. Espose regolarmente ai Salons parigini e partecipò all'Esposizione Universale del 1855. Nel 1859 fu insignito del titolo di Cavaliere della Legion d'Onore e nel 1862 ricevette la Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro . Palizzi si stabilì nel villaggio di Bourron-Marlotte, ai margini della foresta di Fontainebleau, dove acquisì un atelier per il fratello Filippo a Grez-sur-Loing. Con l'approvazione dell'amministrazione forestale, costruì un altro atelier nella foresta, vicino alla Gorge aux Loups, che spesso condivideva con i suoi fratelli. La sua pittura, inizialmente romantica, evolvette verso scene realistiche di contadini e animali, influenzata da eventi personali e storici, come la morte del fratello Nicola e la guerra franco-prussiana . Palizzi morì a Parigi il 1º gennaio 1888 e fu sepolto nel cimitero di Père-Lachaise. Giuseppe Palizzi nacque a Lanciano (Chieti) il 19 marzo 1812, figlio di Antonio, avvocato e insegnante di lettere e filosofia, e di Doralice Del Greco, donna colta e particolarmente dedita alla musica. Secondogenito di una famiglia numerosa, fu parte di una dinastia di artisti che includeva i suoi fratelli Filippo, Nicola e Francesco Paolo, anch'essi pittori di rilievo. La città di Lanciano conserva ancora la sua casa natale, situata nel quartiere Borgo, in via dei Tribunali . Nel 1835, Palizzi si trasferì a Napoli per iscriversi all'Accademia di Belle Arti, dove studiò con Anton Sminck van Pitloo e successivamente con Gabriele Smargiassi. Entrò in contatto con i pittori della Scuola di Posillipo e partecipò alle mostre biennali Borboniche, presentando paesaggi storici. Tuttavia, i difficili rapporti con il mondo accademico lo portarono a lasciare l'Italia nel 1844 . Si stabilì a Parigi, dove entrò in contatto con i membri della Scuola di Barbizon e divenne uno dei primi artisti italiani a dipingere nella foresta di Fontainebleau. Espose regolarmente ai Salons parigini e partecipò all'Esposizione Universale del 1855. Nel 1859 fu insignito del titolo di Cavaliere della Legion d'Onore e nel 1862 ricevette la Croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro . Palizzi si stabilì nel villaggio di Bourron-Marlotte, ai margini della foresta di Fontainebleau, dove acquisì un atelier per il fratello Filippo a Grez-sur-Loing. Con l'approvazione dell'amministrazione forestale, costruì un altro atelier nella foresta, vicino alla Gorge aux Loups, che spesso condivideva con i suoi fratelli. La sua pittura, inizialmente romantica, evolvette verso scene realistiche di contadini e animali, influenzata da eventi personali e storici, come la morte del fratello Nicola e la guerra franco-prussiana . Palizzi morì a Parigi il 1º gennaio 1888 e fu sepolto nel cimitero di Père-Lachaise.
Pur essendo attivo nel panorama artistico italiano del XX secolo, le informazioni dettagliate sulla sua vita e carriera sono limitate. Nel 1933, Scanabissi partecipò alla IV° Mostra d'Arte del Sindacato Regionale Fascista Belle Arti di Lombardia, tenutasi al Palazzo della Permanente di Milano, esponendo un'opera intitolata "Ritratto". Questa partecipazione evidenzia il suo impegno nel contesto artistico ufficiale dell'epoca. Le sue opere, prevalentemente paesaggistiche, sono caratterizzate da una tecnica pittorica raffinata e da una particolare attenzione ai dettagli architettonici e naturalistici. Un esempio significativo del suo stile è l'olio su tavola raffigurante la basilica di San Vittore a Verbania, datato alla prima metà del Novecento. Questo dipinto, incorniciato in una cornice dorata, rappresenta un chiaro esempio della sua abilità nel catturare la luce e l'atmosfera dei luoghi. Oltre alla sua attività pittorica, Scanabissi fu anche un collezionista d'arte e un appassionato sostenitore di altri artisti. Ad esempio, fu amico e primo sponsor del pittore Pietro Piccoli, per il quale realizzò sei pannelli raffiguranti scene di mare, utilizzati come scenografia per un punto vendita di San Benedetto del Tronto.
Le sue opere raffigurano principalmente paesaggi rurali, scene di vita contadina e marine nei dintorni di Livorno, catturando con precisione il disegno, l'armonia dei colori e la dolcezza dei contrasti. Menichetti lavorò a lungo a Milano, dove la sua pittura risentì dell'influenza macchiaiola. Le sue opere sono state presentate in aste pubbliche 29 volte, principalmente nella categoria Pittura. Tra i suoi lavori noti si annoverano "Mattino all'Ardenza" del 1930.
In seguito, studiò all'Istituto di Belle Arti di Roma dal 1855 al 1861, e un anno dopo frequentò l'Accademia di San Luca, dove fu allievo di Achille Vertunni. L'incontro con l'arte della scuola toscana e l'uso della "macchia" segnò una tappa fondamentale nel suo percorso artistico, in particolare dopo la visita all'Esposizione Nazionale di Belle Arti di Firenze nel 1861. Nel 1866, intraprese un viaggio a Napoli, Capri e Sorrento, dove ebbe l'opportunità di incontrare due grandi pittori italiani, Domenico Morelli e Filippo Palizzi, i quali influenzarono profondamente il suo stile. A Roma, conobbe anche Mariano Fortuny, il cui lavoro ebbe un impatto significativo sulla sua pittura. Nel corso della sua carriera, Joris espose in numerosi eventi internazionali, ottenendo riconoscimenti di prestigio. Nel 1869, il suo dipinto Domenica mattina fuori Porta del Popolo gli valse una medaglia d'oro all'Esposizione Internazionale di Monaco di Baviera. Partecipò anche ad altre esposizioni a Vienna, Parigi e Roma, e nel 1900 ricevette la medaglia d'oro e la Legion d'Onore al Salon di Parigi. Le sue opere trattano spesso temi di folklore romano, raffigurando scene di vita quotidiana, ma si dedicò anche a soggetti storici, come La fuga di papa Eugenio IV, oggi conservato alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma. Joris fu tra i fondatori dell'Associazione degli Acquarellisti Romani e prese parte attivamente alle esposizioni degli Amatori e Cultori di Belle Arti. Il suo stile equilibrato, che univa il realismo alla bellezza visiva, lo rese uno degli artisti più apprezzati della Roma di fine Ottocento.
La sua formazione accademica gli consentì di sviluppare uno stile pittorico caratterizzato da una tecnica raffinata e da una spiccata attenzione ai dettagli, elementi che avrebbero contraddistinto la sua produzione artistica. Nel corso della sua carriera, Guardabassi si dedicò principalmente alla pittura di figure, scene di genere e ritratti, utilizzando sia l'olio su tela che l'acquerello. Le sue opere spesso ritraevano momenti di vita quotidiana, con particolare attenzione alla rappresentazione di personaggi e ambienti della Roma dell'epoca. Un esempio significativo di questa sua produzione è il dipinto "Ultimi momenti di Beatrice Cenci", una scena storica che evidenzia la sua capacità di narrare eventi attraverso l'arte. Guardabassi espose le sue opere in diverse mostre, tra cui quelle nazionali di Torino e Parigi, ottenendo riconoscimenti per la qualità delle sue realizzazioni. Questa visibilità gli permise di acquisire una certa notorietà nel panorama artistico dell'epoca. La sua attività espositiva si estese anche a livello internazionale, con alcune sue opere presenti in collezioni pubbliche e private all'estero. Oltre alla sua attività pittorica, Guardabassi fu anche coinvolto in iniziative culturali e artistiche, contribuendo alla promozione dell'arte italiana nel contesto europeo. La sua carriera si sviluppò in un periodo di grande fermento artistico, caratterizzato da un rinnovato interesse per le tradizioni e la cultura italiana. Guerrino Guardabassi morì nel 1893.
Le sue opere, sebbene non numerose, ritraggono principalmente scorci delle campagne toscane, con casolari e castelli come soggetti principali. La sua carriera artistica si è estesa dal 1865 al 1898, periodo in cui ha partecipato a diverse esposizioni, tra cui quelle di Vienna, Parigi e Londra. Le sue opere sono state vendute in numerose aste, dimostrando un continuo interesse per il suo lavoro. Guido Agostini è scomparso prematuramente nel 1898, ma il suo contributo all'arte paesaggistica italiana rimane significativo.
La sua formazione avvenne all'interno della scuola napoletana, sotto l'influenza di maestri come Giuseppe Bonito, ma Diodati sviluppò presto un proprio linguaggio, caratterizzato da una luce vivace e da una pittura ricca di dettagli. La sua arte si concentrò principalmente sul ritratto e sul paesaggio, dove seppe restituire con estrema raffinatezza le atmosfere e le luci naturali, raggiungendo una particolare notorietà per la sua abilità nel rappresentare i paesaggi mediterranei e le vedute urbane. Diodati fu un pittore molto richiesto e la sua carriera lo portò a realizzare numerosi lavori per nobili famiglie napoletane e per chiese, dove lasciò un segno profondo grazie alla sua maestria. Le sue opere si caratterizzano per una composizione equilibrata e per l'uso sapiente dei colori, che lo collocano tra i più apprezzati pittori della sua generazione. Il pittore partecipò a diverse esposizioni pubbliche e la sua arte ebbe una notevole influenza su molti giovani artisti dell'epoca. Sebbene non goda oggi di una fama immediata come alcuni dei suoi contemporanei, il suo contributo alla pittura del Settecento napoletano rimane significativo. La sua morte, avvenuta nel 1780, segnò la fine di una carriera ricca di successi, ma le sue opere continuano ad essere apprezzate per l’eleganza e la luminosità che le contraddistinguono.
Marianini tra il 1860 e il 1862, orientandosi verso la pittura storica di tradizione tardoromantica. Dopo la morte improvvisa di Marianini nel 1863, Gioli ha proseguito i suoi studi all'Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida di Antonio Ciseri e Enrico Pollastrini. Nel 1868 ha esordito a Firenze con il dipinto "Carlo Emanuele di Savoia scaccia l'ambasciatore spagnolo don Luigi Gaetano", successivamente esposto con successo anche a Pisa e Pistoia. Questo lavoro, influenzato dalle opere di Marianini e Pollastrini, ha ricevuto apprezzamenti per la sua vivacità e l'efficace rappresentazione ambientale. Gioli ha attraversato una fase di transizione artistica, abbandonando il soggetto storico per abbracciare il genere di quadro di genere ambientato nel Settecento, in linea con le tendenze di pittori come Boldini e il cosiddetto "stile Fortuny". Il suo viaggio a Parigi nel 1875 ha ampliato i suoi orizzonti artistici, influenzandolo verso il movimento macchiaiolo e il naturalismo europeo. Negli anni successivi, Gioli ha consolidato la sua reputazione con opere significative come "Un incontro in Maremma" (1874) e "Passa il viatico" (1878), che hanno ricevuto riconoscimenti internazionali e lo hanno visto partecipare a esposizioni prestigiose come quella di Parigi e Londra. Le sue opere, caratterizzate da un naturalismo severo e una composizione solenne, hanno riflettuto l'influenza di artisti come Jules Breton e Jules Bastien-Lepage. Gioli ha continuato la sua carriera con successo nel XX secolo, esponendo regolarmente in Italia e all'estero. Ha partecipato a esposizioni mondiali e ha ricevuto numerosi riconoscimenti, culminando con una sala personale alla Biennale di Venezia del 1914. La sua produzione tarda ha incluso opere simboliste e divisioniste, segnando un'evoluzione stilistica significativa. Francesco Gioli è stato anche un docente rispettato, nominato professore all'Accademia di Belle Arti di Bologna e successivamente a Firenze. La sua eredità artistica è caratterizzata da una vasta gamma di temi, dalla pittura storica al paesaggio, dal genere di quadro alla simbolista, riflettendo una carriera eclettica e influente nel panorama dell'arte italiana.
Durante uno dei suoi soggiorni a Bordighera, il celebre pittore Ernest Meissonier suggerì ai genitori di Giuseppe di avviarlo agli studi artistici. Nel 1882, Piana si trasferì a Torino per frequentare l'Accademia Albertina, dove fu allievo dei maestri Francesco Gamba e Andrea Gastaldi. Il suo debutto artistico avvenne a Torino con opere come "A ponente di Bordighera, campagna ligure" e "Politica rustica". Nel 1898, realizzò "Studio d'artista", un dipinto che attirò l'attenzione del governo, che lo acquisì. Nel 1903, Piana si trasferì a Sesto San Giovanni e partecipò all'Esposizione Permanente di Milano, presentando l'opera "Pace", che ricevette elogi dalla critica, in particolare da parte di Gaetano Previati. Sempre nel 1906, fu invitato alla Mostra Nazionale di Milano, dove espose "Cortile dei leoni in Granada", "La danza delle olive" e "Mare dopo la pioggia"; quest'ultime due opere furono acquistate dalla Galleria d'Arte Moderna di Milano.
Nel 1861 si iscrisse all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove studiò con Enrico Pollastrini e Stefano Ussi. A soli sedici anni vinse un concorso che gli permise di proseguire gli studi e di ottenere il titolo di professore. La sua carriera artistica iniziò con la realizzazione di opere storiche, tra cui "Il Savonarola che scaccia dalla sua cella due sicari della Bentivoglio", commissionata dal re Vittorio Emanuele II nel 1864. Tuttavia, l'opera suscitò critiche per la sua mancanza di realismo, spingendo Andreotti a orientarsi verso scene di genere e ritratti. Queste opere, spesso ambientate nei secoli XVII e XVIII, lo resero noto per la sua abilità nel ritrarre costumi e atmosfere dell'epoca. Nel 1879 fu nominato professore all'Accademia di Belle Arti di Firenze. Le sue opere furono esposte in numerose mostre nazionali e internazionali, tra cui quelle di Torino, Milano e Londra. I suoi dipinti ottennero grande successo anche all'estero, in particolare negli Stati Uniti, dove furono molto apprezzati dai collezionisti. Federico Andreotti morì a Firenze nel 1930.
Iniziò la sua carriera artistica intorno al 1918 e tenne la sua prima mostra personale a Firenze nel 1922. Nel corso della sua carriera, Lomi partecipò a numerose esposizioni, tra cui diverse edizioni della Biennale di Venezia e delle Quadriennali romane. Fu membro attivo del Gruppo Labronico, un'associazione di artisti livornesi, e le sue opere furono influenzate dalla corrente dei Macchiaioli, mostrando affinità con artisti come Telemaco Signorini e Giovanni Fattori. Parallelamente alla pittura, Lomi coltivò una carriera come baritono, esibendosi in ambito operistico. Tra le sue opere più note si annoverano paesaggi toscani e scene di vita quotidiana, caratterizzati da una tavolozza cromatica delicata e una tecnica pittorica che riflette l'influenza macchiaiola. Le sue opere sono state vendute in numerose aste, consolidando la sua reputazione nel panorama artistico italiano
Pur non avendo ricevuto una formazione artistica formale, frequentò l'Accademia di Belle Arti di Pisa, dove ebbe l'opportunità di apprendere sotto la guida di Antonio Lanfredini. Gioli si avvicinò al movimento dei Macchiaioli, in particolare alla seconda generazione, e sviluppò un interesse per la rappresentazione di scene rurali e paesaggi toscani. Durante un viaggio a Parigi nel 1878, rimase affascinato dalle opere di Edgar Degas, il che ampliò il suo repertorio includendo scene di vita urbana e soggetti equestri. La sua carriera artistica fu caratterizzata da numerose partecipazioni a esposizioni sia in Italia che all'estero. Nel 1887 espose all'Esposizione d'Arte di Venezia e nel 1889 prese parte all'Exposition Universelle di Parigi. Successivamente, partecipò alla Biennale di Venezia nel 1899 e all'Esposizione Universale di Roma nel 1911. Le opere di Gioli sono note per la loro rappresentazione della vita rurale e degli animali, in particolare cavalli e buoi, ambientati nella campagna toscana. La sua capacità di catturare la luce e l'atmosfera delle scene lo rese un esponente significativo del movimento post-macchiaiolo. Luigi Gioli morì a Firenze il 27 ottobre 1947.
Nella metà degli anni 1880, Tito frequentò la Scuola di Arti e Mestieri dell'Aquila, sotto la direzione di Teofilo Patini. Nel 1890, si trasferì a Napoli per iscriversi all'Istituto di Belle Arti, dove studiò con Domenico Morelli e Filippo Palizzi. Successivamente, partecipò brevemente al circolo di Francesco Paolo Michetti a Francavilla al Mare, prima di tornare a Barisciano per dedicarsi alla pittura su commissione. Nel periodo tra il 1911 e il 1912, Pellicciotti prese parte alla guerra italo-turca in Libia, un'esperienza che influenzò profondamente la sua arte, introducendo elementi orientali nelle sue opere. Al suo ritorno, organizzò mostre a L'Aquila, Napoli e Roma, e partecipò a diverse esposizioni collettive anche all'estero. Morì nel 1950 nel suo paese natale, lasciando un'eredità artistica significativa.
Le sue opere iniziali mostrano l'influenza di Morelli e Fortuny, con figure di donne e scene di genere. Ridusse l'orientalismo di Morelli in visioni di accampamenti zingareschi, preferendo il realismo a ciò che era immaginato. Tuttavia, la pittura di paesaggi divenne predominante nel suo lavoro, evitando la coreografia vedutistica della "scuola di Posillipo". Trovò ispirazione nelle isole del golfo di Napoli, con architetture rustiche e strade campagnole. Successivamente, il pittoresco veneto influenzò maggiormente la sua immaginazione. Stabilitosi per molti anni a Venezia e Verona, queste città offrirono i loro ponti, case antiche e acque verdi ai suoi studi sul colore e la luce, rappresentando il periodo più ricco della sua attività artistica.
Durante questo periodo, fu catturato e imprigionato a Theresienstadt, un'esperienza che ispirò opere come L'esule che dall'Alpe guarda l'Italia. Nel 1850, terminati gli studi, Ussi cominciò a farsi conoscere grazie a opere storiche di grande impatto, come La cacciata del duca d'Atene e La congiura dei Pazzi. Nel 1860, la sua crescente fama gli valse la nomina a professore all'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove continuò a insegnare per molti anni. Tuttavia, la sua carriera subì una svolta decisiva nel 1869, quando intraprese un viaggio in Egitto in occasione dell'apertura del Canale di Suez. Questo viaggio lo avvicinò al movimento orientalista e ispirò opere come Festa a Fez e Donna araba al pozzo. Successivamente, visitò anche il Marocco, dove approfondì la sua passione per l'arte orientale. Nel corso degli anni, oltre a dipinti storici e orientalisti, Ussi si dedicò anche al ritratto, creando opere di notevole raffinatezza come il Ritratto di Linda Ussi in giardino. Morì a Firenze nel 1901, lasciando un'eredità artistica che riflette le trasformazioni culturali e artistiche dell'Italia del XIX secolo. La sua capacità di combinare storia e paesaggi orientali con un senso profondo della luce e della scena lo ha reso uno degli artisti più significativi del suo tempo.
Nonostante l'impronta accademica, Caprile preferì l'approccio diretto alla natura, ispirandosi alla Scuola di Resìna, un movimento che si concentrava sull'osservazione realistica e sulla luce naturale, e che vide tra i suoi fondatori artisti come Federico Rossano, Marco De Gregorio e Giuseppe De Nittis. La carriera di Caprile ebbe un rapido sviluppo. Nel 1873, partecipò alla Promotrice di Napoli con l'opera "A Posillipo", seguita da un'importante esposizione nel 1880 alla IV Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino, dove guadagnò riconoscimenti con il dipinto "Ladote di Rita", un'opera che mostrava influenze narrativi simili a quelle di Luigi Favretto e Francesco Paolo Michetti. Grazie al successo ottenuto, nel 1888 fu nominato professore onorario all'Accademia di Belle Arti di Napoli, un incarico che consolidò la sua posizione nell'ambiente artistico partenopeo. Nel 1888, Caprile si recò a Buenos Aires, dove si dedicò principalmente alla pittura di ritratti, ottenendo ampi consensi e diventando membro della Società di Belle Arti della capitale argentina. Dopo un anno, tornò a Napoli, dove continuò a dedicarsi alla pittura di paesaggi e scene di genere, perfezionando il suo stile e consolidando la sua fama come uno degli interpreti più sensibili della vita napoletana. Oltre alla sua carriera artistica, Caprile partecipò alla decorazione di luoghi pubblici, tra cui il Caffè Gambrinus di Napoli, dove collaborò con altri artisti noti come Luca Postiglione, Pietro Scoppetta e Vincenzo Irolli, arricchendo gli spazi con le sue opere. Le sue creazioni, che spaziano dalla pittura di paesaggio alla scena di genere, sono esposte in numerosi musei italiani, tra cui la Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza, la Galleria d'Arte Moderna di Milano, la Galleria di Palazzo Pitti a Firenze e la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Vincenzo Caprile morì a Napoli il 23 giugno 1936, lasciando un’importante eredità nell’ambito della pittura di genere e paesaggistica. La sua opera è oggi parte integrante del panorama artistico italiano, testimoniando la sua dedizione all'arte e il suo legame profondo con la tradizione pittorica napoletana.
Qui fu allievo di Lorenzo Gelati e Carlo Markó, esponenti della Scuola di Staggia, che lo introdussero alla pittura en plein air, influenzando il suo approccio naturalistico. Nel 1880, Torchi si trasferì a Napoli per studiare con Alceste Campriani, un maestro della Scuola di Resìna, che lo avvicinò alla pittura realista. Tornato a Firenze, entrò in contatto con artisti come Silvestro Lega, Telemaco Signorini, Francesco e Luigi Gioli, e Diego Martelli, che lo introdussero all'ambiente dei macchiaioli. Partecipò attivamente alle mostre della Promotrice di Belle Arti di Firenze e a quelle di Torino, Milano e Roma, esponendo opere come In risaia dopo il raccolto (1883) e A Mergellina (1883). Nel 1889, su consiglio di Martelli, Torchi partecipò all'Esposizione Universale di Parigi, dove entrò in contatto con le opere degli impressionisti e dei divisionisti francesi. Successivamente, soggiornò a Londra, dove fu influenzato dalla pittura di John Constable e dai Preraffaelliti. Queste esperienze lo portarono ad adottare la tecnica divisionista, caratterizzata da una pennellata minuta e l'uso di colori puri per creare effetti luminosi. Opere come Grano al sole (1891) e Il tram rosso (1895) testimoniano questa fase della sua produzione. Negli anni successivi, Torchi continuò a esporre regolarmente, partecipando alle Biennali di Venezia dal 1897 al 1914. Le sue opere, spesso ambientate nella campagna romagnola e toscana, riflettono un'evoluzione verso una pennellata più ampia e sfumata, con influenze simboliste. Opere come Tramonto autunnale (1907) e Paesaggio (1905) mostrano questa maturazione stilistica. Angelo Torchi morì a Massa Lombarda il 6 dicembre 1915.
Successivamente, frequentò l'Istituto di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo di Stanislao Lista per il disegno e di Domenico Morelli per la pittura. Interruppe gli studi a causa di difficoltà finanziarie familiari, ma riuscì a riprenderli grazie ai sacrifici del padre. Deluso dall'insegnamento accademico, preferì frequentare lo studio del pittore Gaetano Esposito, il cui stile vigoroso e chiaroscurale influenzò il suo naturalismo temperato. L'esordio artistico non fu fortunato: i quadri presentati nel 1897 alla terza Esposizione triennale di Milano e alla mostra "Salvator Rosa" di Napoli passarono inosservati. Deluso, si trasferì a Parigi per conoscere l'arte contemporanea. Qui si affermò rapidamente: il successo con "La vedova" al Salon del 1901 fu seguito da altre opere come "Piazza dell'Osservatorio" (1903), "Nello studio" (1905), "La straniera" e "Quartiere latino" (1907), e "Nel caffè" (1909). Partecipò a numerose mostre internazionali, tra cui Londra (1904), Cairo (1905), Buenos Aires (1910), e Venezia (1907, 1909, 1910). Nel 1909, all'Esposizione internazionale di Roma e a Monaco, si distinse anche come incisore con "La lampada giapponese" e "Al quartiere latino". Continuò a produrre opere caratterizzate da un uso delicato del colore e abili giochi di luci e ombre, rappresentando teatri, caffè concerto, dame eleganti e ritratti come "Violoncellista" (1910) e "La sinfonia" (1914). Tuttavia, il suo stile, seppur di successo, divenne manieristico e ripetitivo. Nonostante ciò, le sue migliori opere del secondo periodo furono piccole vedute impressionistiche di Parigi e del Lungosenna. Concluse la sua vita a Parigi nel 1948.
Nel 1891 si trasferì a Napoli, dove partecipò attivamente alla vita culturale dell'epoca, frequentando il Caffè Gambrinus e collaborando come illustratore per la casa editrice Treves. Tra il 1897 e il 1903 visse a Parigi, dove fu influenzato dall'impressionismo, e successivamente soggiornò a Londra. Al suo ritorno in Italia, espose alla Biennale di Venezia nel 1920. Le sue opere sono conservate in musei come il Museo Civico di Castel Nuovo di Napoli e la Pinacoteca di Capodimonte.
Le sue opere, sebbene non numerose, ritraggono principalmente scorci delle campagne toscane, con casolari e castelli come soggetti principali. La sua carriera artistica si è estesa dal 1865 al 1898, periodo in cui ha partecipato a diverse esposizioni, tra cui quelle di Vienna, Parigi e Londra. Le sue opere sono state vendute in numerose aste, dimostrando un continuo interesse per il suo lavoro. Guido Agostini è scomparso prematuramente nel 1898, ma il suo contributo all'arte paesaggistica italiana rimane significativo.
Grazie a una borsa di studio, frequentò l’Accademia di Belle Arti di Bologna (1877-78) e poi Napoli, dove studiò sotto Filippo Palizzi e conobbe artisti come Renzo Corcos e Vincenzo Migliaro. Espose per la prima volta nel 1881 alla Promotrice Salvator Rosa di Napoli. Per mantenersi, dipinse vedute e scene popolari per la bottega di Giuseppe Massa, che piacquero all’imprenditore Luigi Caflisch. Collaborò anche con l’antiquario Charles Varelli e lavorò come decoratore di ceramiche per Cesare Cacciapuoti. Illustrò opere per lo scrittore Gaetano Miranda e partecipò a varie esposizioni nazionali e internazionali, guadagnando prestigio con opere come "Lavandaie al fiume" e "Sul molo". Nel 1887, sposò Annunziata Belmonte e si trasferì al Vomero, Napoli, producendo paesaggi che riflettevano una finezza tonale simile a quella di Giuseppe De Nittis. Partecipò a numerose mostre, come la Biennale di Venezia e l’Esposizione internazionale di Buenos Aires, dove presentò opere che esploravano temi atmosferici e tonali. Nonostante difficoltà economiche, continuò a esporre e ricevette riconoscimenti, come la nomina a professore onorario dell’Accademia di Napoli nel 1902. Collaborò alle illustrazioni per "Myricae" di Giovanni Pascoli e partecipò a mostre fino agli anni '30. Morì il 28 aprile 1949 a Napoli. Fonti principali includono archivi e cataloghi d'arte pubblicati tra il 1929 e il 1941.
Cresciuto in una famiglia di modeste condizioni economiche, frequentò vari collegi, ma spesso veniva allontanato per ritardi nei pagamenti, un'esperienza che segnò profondamente la sua vita. Fu poi affidato alle cure di uno zio, Eugenio, da cui prese il nome e che divenne una figura di riferimento nella sua crescita. Scorzelli intraprese gli studi all'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo di maestri come Michele Cammarano, Domenico Morelli e Filippo Palizzi. Durante questo periodo, la sua pittura si arricchì di nuove influenze, tra cui quella di Giuseppe De Nittis, che lo ispirò a rappresentare la vita quotidiana con una luce vibrante e una pennellata dinamica. A Napoli, conobbe e sposò Teresa Benassi, che divenne sua musa e gli diede un figlio, Lello Scorzelli, anch'egli artista. Nel 1921, Scorzelli partecipò alla prima Biennale d'Arte della città di Napoli con il dipinto Uscita dalla messa. Successivamente, si trasferì in Argentina, dove i suoi quadri riscossero successo e gli permisero di ottenere una certa sicurezza economica. Durante i suoi viaggi in Europa, soggiornò a Londra, Parigi e in Olanda, città che influenzarono ulteriormente il suo stile pittorico. Nel 1926, partecipò alla Biennale di Venezia con l'opera Donne che lavorano. Nel 1937, fu nominato assistente alla cattedra di pittura all'Accademia di Brera, incarico che ricoprì per quindici anni, per poi proseguire all'Accademia di Belle Arti di Napoli. Nel 1940, fu chiamato ad affrescare il padiglione delle Repubbliche Marinare alla Mostra d'Oltremare di Napoli, un'opera che andò distrutta durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Scorzelli continuò a esporre le sue opere in diverse città italiane e all'estero, tra cui Napoli, Venezia e Milano, fino agli anni Quaranta. Morì a Napoli nel 1957, mentre stava dipingendo il volto della moglie nel suo studio.
La sua carriera pittorica ebbe inizio nel 1946 con una mostra a Reggio Calabria, e successivamente partecipò attivamente alla vita artistica nazionale e internazionale. Negli anni Cinquanta ottenne i suoi primi successi internazionali con esposizioni in Germania e Scandinavia, dove divenne particolarmente apprezzato dai collezionisti tedeschi. Nel 1980, la Galleria Atelier di Vienna utilizzò le sue opere per inaugurare la sua attività espositiva. Trascorse la sua vita tra Milano, Camogli e la sua Polistena, lasciando opere che ritraggono indimenticabili vedute di questi luoghi.
La sua carriera artistica lo portò a esporre in numerose mostre nazionali e internazionali, tra cui Venezia, Milano, Genova, Torino, Vienna, Praga, San Pietroburgo, Berlino, Monaco di Baviera, Monaco e Londra. Le sue opere principali includono "Casa delle Vestali", "Case bianche", "In piazza d'armi", "Dintorni di Napoli", "Sole in settembre", "Lo stato d'assedio a Napoli", "Marina di Capri", "Sulla via della Puglia", "Ritorno dal mercato di Cerreto Sannita" e "Ritorno dalla pesca". Oltre alla pittura, Buono coltivò una passione per la fotografia, documentando aspetti della vita quotidiana e scene di Napoli, tra cui immagini del circo di Buffalo Bill a Napoli nel 1893. La sua villa a via Tasso divenne un punto di riferimento per artisti e intellettuali dell'epoca. Eugenio Buono morì nel 1948, lasciando un'eredità significativa nel panorama artistico italiano.
La sua carriera artistica è stata caratterizzata da una notevole versatilità: si è distinto nella pittura di paesaggi e figure, nelle illustrazioni e ha collaborato anche nel campo giornalistico. Ha partecipato a numerose mostre, sia nazionali che internazionali, ottenendo riconoscimenti e premi che hanno sottolineato la qualità e l'originalità delle sue opere. Le sue creazioni spaziano da scene di mercato a ritratti di vita quotidiana, sempre con una particolare attenzione ai dettagli e all'atmosfera tipica della tradizione pittorica napoletana.
Tuttavia, la sua passione per la pittura lo portò a cambiare indirizzo e a studiare sotto la guida dei maestri Giacinto Gigante e Gennaro Ruo. La sua formazione si arricchì ulteriormente grazie alla scelta di studiare direttamente la natura, una scelta che lo portò a lasciare l’Accademia per dedicarsi autonomamente alla pittura. Nel 1858, Rossano si trasferì a Portici, dove grazie all'invito del pittore Marco De Gregorio, allestì il suo studio nel Palazzo Reale. Qui entrò in contatto con altri artisti che avrebbero avuto un'importante influenza sulla sua carriera, come Giuseppe De Nittis e Adriano Cecioni. Insieme, fondarono la “Scuola di Resina”, un gruppo che si ispirava ai principi veristi e ai macchiaioli, con l'intento di rappresentare la realtà e la luce naturale in modo autentico. La sua carriera artistica decollò nel 1862, quando espose alla Promotrice di Napoli, e proseguì con partecipazioni a mostre prestigiose come la Promotrice “Salvator Rosa” di Napoli e l'Esposizione Nazionale di Firenze nel 1861. La sua arte, caratterizzata da delicate trasparenze e una tavolozza armoniosa, gli valse riconoscimenti sia in Italia che all'estero. Nel 1873, espose a Vienna, ottenendo un premio, e partecipò al Salon di Parigi nel 1876 con opere come “I covoni”. Nel 1876, Rossano si trasferì a Parigi, dove rimase per circa venti anni. Lì, fu profondamente influenzato dalla pittura impressionista e dalla Scuola di Barbizon, sviluppando uno stile che combinava pennellate fluide e luminose con atmosfere malinconiche. Nel 1880, sposò Zelye Brocheton, figlia di un notaio di Soissons. Questo periodo parigino segnò un importante capitolo della sua carriera, durante il quale consolidò la sua reputazione in Europa. Nel 1893, Rossano tornò a Portici, dove le difficoltà economiche lo spinsero ad accettare un incarico come insegnante di paesaggio presso la Reale Accademia del Disegno di Napoli, posizione che mantenne fino al 1902. Continuò a partecipare alle Biennali di Venezia, dove espose nel 1899, 1905 e 1910, consolidando ulteriormente la sua fama. La sua arte continuò a essere apprezzata, e sue opere vennero acquisite da importanti collezioni pubbliche, come quella della Galleria di Capodimonte e della Galleria d'Arte Moderna di Roma. Federico Rossano morì a Napoli il 15 maggio 1912, lasciando un’importante eredità artistica. Le sue opere sono oggi conservate in diverse collezioni, a testimonianza del suo contributo fondamentale alla pittura italiana.
Il celebre compositore Giuseppe Verdi fu suo padrino di battesimo, un segno della serietà culturale che circondava la sua crescita. La sua formazione artistica iniziò all'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove studiò sotto la guida di maestri come Domenico Morelli, Filippo Palizzi e Gioacchino Toma, i quali influenzarono profondamente il suo stile. Durante la sua carriera, De Sanctis visse a Londra e Parigi, città che lasciarono un segno indelebile nel suo percorso artistico. A Parigi, entrò in contatto con alcuni dei più importanti artisti dell'epoca, tra cui Jean-Léon Gérôme e Pascal Dagnan-Bouveret, e lavorò per la prestigiosa galleria Goupil & Cie, realizzando numerosi ritratti femminili che divennero tra le sue opere più celebri. La sua arte spaziava tra soggetti storici, come in "La preghiera della sera a Bisanzio", e scene di genere, passando per paesaggi dettagliati che rispecchiavano la sua maestria nel trattamento della luce e della materia. Partecipò a numerose mostre, sia in Italia che all'estero, ottenendo riconoscimenti importanti, tra cui una medaglia d'argento all'Esposizione di Palermo del 1891. La sua arte, che abbracciava anche l'incisione ad acquaforte, si distinse per una tecnica raffinata e per la sua capacità di esprimere una sensibilità unica, molto apprezzata dalla borghesia dell'epoca. Fu anche docente all'Accademia di Belle Arti di Napoli, dove trasmise la sua passione per l'arte e la tecnica pittorica alle nuove generazioni. Giuseppe De Sanctis morì a Napoli il 19 giugno 1924.
Nel 1861, grazie al sostegno dello zio e a un contributo dell’amministrazione comunale, si trasferì a Palermo per perfezionarsi sotto la guida del pittore Luigi Barba e successivamente nello studio del paesaggista Luigi Lojacono. In questo periodo, Leto assimilò il naturalismo napoletano di matrice palizziana, dipingendo vedute e paesaggi dal vero. Nel 1864 si trasferì a Napoli, dove entrò in contatto con la Scuola di Resìna, influenzata dalla lezione dei macchiaioli e promossa da artisti come Giuseppe De Nittis e Adriano Cecioni. Tuttavia, a causa di problemi di salute, fu costretto a rientrare in Sicilia, dove continuò la sua attività pittorica. Nel 1870 partecipò alla Promotrice di Palermo con l'opera Il ritorno dal pascolo, acquistata dal prefetto Medici, e l'anno successivo ottenne la medaglia d'oro all'Esposizione regionale di Siracusa con La bufera. Nel 1874 vinse il Concorso per il Pensionato Artistico a Roma, trasferendosi nella capitale, dove conobbe Francesco Paolo Michetti e approfondì la sua formazione artistica. Successivamente, si stabilì a Firenze, dove perfezionò ulteriormente la sua tecnica pittorica. Nel 1878 si trasferì a Parigi, dove frequentò l'ambiente artistico dell'epoca, entrando in contatto con artisti come Giuseppe De Nittis e Federico Rossano. Nel 1880 tornò a Portici, in provincia di Napoli, e successivamente si trasferì in Sicilia. Due anni più tardi si stabilì a Capri, dove si dedicò a ritrarre con colori vibranti gli angoli più caratteristici dell'isola e dei suoi abitanti. Le sue opere, caratterizzate da una luce intensa e da una vivace rappresentazione della vita quotidiana, riscossero un grande successo di pubblico e critica. Nel 1889 partecipò all'Esposizione Universale di Parigi. Nel 1899 si stabilì definitivamente a Capri, dove continuò la sua attività pittorica fino alla morte, avvenuta il 31 maggio 1913.
Durante gli anni di formazione, ebbe modo di entrare in contatto con artisti di rilievo come Giuseppe De Nittis, Vincenzo Gemito e Antonio Mancini. La sua carriera prese una svolta importante nel 1870, grazie all'interessamento di De Nittis, che gli permise di entrare in contatto con il mercante d'arte Adolphe Goupil. Questo incontro lo portò a esporre le sue opere in Inghilterra, Francia, Belgio e Stati Uniti, consolidando la sua reputazione internazionale. Campriani fu associato alla Scuola di Resìna, un gruppo di artisti che si distinse per la sua interpretazione del paesaggio e della vita quotidiana. Le sue opere, come "Il ritorno dal Santuario di Montevergine", esposta a Torino nel 1880, riflettono chiaramente l'influenza di questa scuola. Le sue pitture spaziavano dai paesaggi napoletani a scene di genere, come "Il mercato dei cavalli" e "La partita a bocce". Dopo il 1884, la sua arte si fece sempre più libera, come si può vedere in lavori come "Scirocco sulla costiera amalfitana" e "Il mattino", che esprimono una visione più personale e intimista. Nel 1899, Campriani dipinse "Solitudine", un'opera che mostra una forte influenza simbolista, segnando una nuova fase del suo percorso artistico. Nel 1911, fu nominato direttore dell'Accademia di Belle Arti di Lucca, un incarico che mantenne fino al 1921. Alceste Campriani morì a Lucca il 27 ottobre 1933.
Suo padre, Edgardo, pittore, scenografo e disegnatore affermato, studiò a Parma e a Parigi, distinguendosi per uno stile influenzato dal Liberty francese. Carlo frequentò un corso serale presso l'Accademia di Belle Arti di Brera. Durante la Prima Guerra Mondiale, prestò servizio sul Piave. Nel 1924, visitò l'Isola di Capri, dove conobbe artisti come Carlo Siviero, Giuseppe Casciaro, Augusto Lovatti e Antonino Leto. L'isola, con la sua luce mediterranea e la natura selvaggia, divenne la sua principale fonte d'ispirazione. Perindani dipinse scene marine, scorci di Marina Piccola e paesaggi caratterizzati da uliveti e stradine con case dai balconi fioriti. Nel 1931, partecipò alla Quadriennale d'Arte Nazionale di Roma, esponendo accanto a artisti come Balla, Morandi, Depero e Guttuso. Tra le mostre personali, si ricordano quelle del 1939, 1940, 1977, 1979, 1981 e 1988. Nel 1988, il Comune di Milano gli dedicò una mostra intitolata "Carlo Perindani, milanese, pittore del mare". Carlo Perindani morì a Capri il 23 luglio 1986, lasciando un'importante eredità artistica legata al mare e alla bellezza dell'isola.
Nonostante la formazione generalmente autodidatta, fu discepolo del pittore Arcadio Mas i Fondevila. Nel 1877, contribuì alla decorazione del Casino Prado di Sitges, collaborando con Joan Soler i Casanovas. Miró Argenter fu un membro attivo della Scuola Luminista di Sitges, un gruppo di artisti che si riunivano nella sua città natale alla fine del XIX secolo per creare un genere pittorico volto a catturare la vibrante luce mediterranea. Le sue opere, caratterizzate da paesaggi luminosi e scene di vita quotidiana, riflettono l'evoluzione di Sitges tra gli anni 1880 e 1910. Dipinse marinas, orti e masías, spesso ispirandosi alle opere di Fortuny. Partecipò alle competizioni artistiche di Barcellona nel 1888, 1894 e 1896, ottenendo riconoscimenti per la sua maestria nel catturare la luce e l'atmosfera dei luoghi rappresentati. Le sue opere sono conservate in diverse collezioni, tra cui il Museo Cau Ferrat, che ospita dipinti come La Malvasía del 1895. Miró Argenter morì il 18 febbraio 1914 a Parigi.
Iniziò la sua formazione artistica alla Real Academia de Bellas Artes de Santa Isabel de Hungría di Siviglia, dove fu allievo di Teodoro Aramburu, Joaquín Domínguez Bécquer ed Eduardo Cano. Nel 1880 si trasferì a Madrid, dove ebbe l'opportunità di studiare i grandi maestri del Prado. Nel 1881, grazie al sostegno del banchiere Ramón de Ibarra, si recò a Roma, dove studiò con José Villegas Cordero. Durante il suo soggiorno in Italia, viaggiò attraverso il sud della penisola e il Veneto, dedicandosi alla pittura di vedute e scene di vita quotidiana. Nel 1884, la sua opera El regreso de la pesca en Nápoles gli valse una medaglia d'argento alla Esposizione Nazionale di Belle Arti di Madrid. Nello stesso anno, ottenne un riconoscimento simile all'Esposizione Internazionale di Monaco. Partecipò anche all'Esposizione del Centro di Acquarellisti di Barcellona e alla Quinta Mostra Internazionale di Belle Arti nel 1907. Fu associato al gruppo di paesaggisti di Alcalá de Guadaira, guidato da Emilio Sánchez Perrier. Molte delle sue opere sono conservate in collezioni private, in particolare in Inghilterra, dove furono esposte e vendute dalla galleria londinese Arthur Tooth & Sons.
Inizialmente si dedicò a scene di genere, ma ben presto orientò la sua arte verso paesaggi e marine, trovando un ampio riscontro commerciale grazie alla sua capacità di tradurre la bellezza naturale in composizioni piene di vitalità. La sua carriera lo vide protagonista in numerose esposizioni, tra cui quella Nazionale di Palermo del 1892, quella di Milano del 1894, e quelle di Torino (1896, 1902, 1908). Le sue opere furono esposte anche all'Esposizione Nazionale d'Arte di Napoli nel 1916. Inoltre, le sue creazioni sono conservate in prestigiosi musei come la Galleria Nazionale di Capodimonte a Napoli e il Musée des Beaux-Arts di Mulhouse, in Francia. Il suo stile, fortemente influenzato dall'impressionismo, si caratterizzava per il trattamento della luce e dei colori, elementi che gli consentivano di restituire l’atmosfera vivace delle strade di Napoli, dei mercatini e delle scene di vita quotidiana. Le sue opere, spesso di piccolo formato, venivano destinate non solo al pubblico locale, ma anche ai numerosi turisti che visitavano la città partenopea. La sua abilità nel fondere tradizione e innovazione gli ha permesso di emergere come una figura di spicco nell'arte napoletana del XIX secolo, contribuendo a definire un’epoca artistica che ha saputo riflettere la modernità pur rimanendo ancorata alla tradizione.
Nel 1889, si iscrisse al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo di Domenico Morelli, Ignazio Perricci e Gioacchino Toma, influenze che contribuirono a definire il suo stile. All'inizio del XX secolo, De Lisio si recò a Parigi insieme ai pittori Pietro Scoppetta e Raffaele Ragione. Durante il suo soggiorno parigino, entrò in contatto con gli impressionisti, che esercitarono una forte influenza sulla sua pittura. I suoi lavori, caratterizzati da colori vivaci, riflettevano scene urbane in un nuovo approccio stilistico. Tuttavia, pur abbracciando gli insegnamenti degli impressionisti, il pittore mantenne un legame profondo con la tradizione pittorica napoletana. Rientrato in Italia, De Lisio si dedicò principalmente alla pittura di ritratti e scene di genere, riuscendo a coniugare la tradizione locale con le innovazioni stilistiche che aveva appreso all'estero. Le sue opere, molto apprezzate, furono oggetto di interesse nel mercato dell'arte, con alcune sue creazioni vendute in aste pubbliche. Arnaldo De Lisio morì il 5 marzo 1949 a Napoli, lasciando un'impronta significativa nel panorama artistico italiano, particolarmente nelle scene urbane e nei ritratti, che continuano a essere esposti e apprezzati in vari musei e collezioni.
Già da giovane, dimostrò un talento eccezionale, che lo portò a vincere, nel 1900, il prestigioso Pensionato Nazionale per la pittura, con il quale ottenne una borsa di studio quadriennale. Questo gli permise di perfezionare la sua arte, viaggiando in tutta Italia e visitando le più importanti gallerie e musei. Nel 1904 si trasferì a Roma, dove sposò Giulia Candori e iniziò a farsi conoscere nell’ambito artistico nazionale. La sua partecipazione all'Esposizione Nazionale di Belle Arti di Milano nel 1910 segnò un punto di svolta, consolidando la sua reputazione. Successivamente, espose anche a Londra, alla Mostra dell'Incisione Italiana, ottenendo ampi riconoscimenti per le sue opere, come "Piroscafo in demolizione" e "Accampamenti di zingari". Nel 1921, De Francisco si trasferì a Parigi, dove incontrò artisti di fama internazionale, tra cui Claude Monet, e abbracciò gli ideali dell'Impressionismo. La sua permanenza a Parigi durò diversi anni, e nel 1930 ottenne la cittadinanza francese. Nel 1939 sposò Clara Valentini e si stabilì a Mentone, una cittadina della Costa Azzurra che divenne la sua residenza definitiva. Le sue opere, tra cui "Il Pigmalione", "Nerone" e "San Paolo che si difende innanzi ad Agrippa", sono apprezzate per la loro profondità emotiva e per la maestria tecnica. Pietro De Francisco morì a Mentone il 10 ottobre 1969, tre anni dopo la morte della moglie.
Nel 1889, la famiglia si trasferì a Mosca, dove la loro casa divenne un punto di riferimento per l'ambiente artistico dell'epoca, frequentata da artisti come Valentin Serov, Michail Vrubel' e Vasilij Surikov. Durante gli anni scolastici, Končalovskij frequentò la Scuola di pittura, scultura e architettura di Mosca. Nel 1896, su consiglio di Konstantin Korovin e Valentin Serov, si trasferì a Parigi per studiare all'Académie Julian, dove approfondì la sua formazione artistica. Al ritorno in Russia nel 1899, entrò all'Accademia imperiale di belle arti di San Pietroburgo, diplomandosi nel 1907. Nel 1909, Končalovskij fu tra i fondatori del gruppo avanguardista "Fante di Quadri" (Bubnovyj Valet), di cui divenne presidente. Questo gruppo cercava di sintetizzare le innovazioni artistiche europee con le tradizioni russe, ispirandosi a Cézanne, Gauguin e all'arte popolare russa. La sua arte si caratterizzò per l'uso di colori vivaci e una forte componente emotiva. Negli anni successivi, Končalovskij intraprese viaggi in Europa, visitando Francia, Italia e Spagna, dove approfondì la sua conoscenza dell'arte occidentale. Le sue opere di questo periodo riflettono l'influenza dell'impressionismo e del post-impressionismo, con una particolare attenzione alla luce e al colore. Con l'avvento della rivoluzione russa e l'instaurazione del regime sovietico, Končalovskij adattò la sua arte al realismo socialista, pur mantenendo una certa autonomia espressiva. Evitò di dipingere ritratti di Stalin e si concentrò su soggetti più personali, come ritratti di famiglia e nature morte. Nel 1943, fu insignito del Premio Stalin per i suoi meriti artistici. Končalovskij fu anche un insegnante apprezzato, formando numerosi allievi. Morì a Mosca il 2 febbraio 1956.
Nel 1895 intraprese un viaggio di studi all'estero, fermandosi più a lungo a Parigi, dove subì l'influenza di Claude Monet. Ritornato in patria nel 1900, introdusse in Russia la tecnica impressionista, applicandola alla rappresentazione del paesaggio russo. Dal 1900 al 1910, Grabar' partecipò alle esposizioni del Sojuz e del Mir Iskusstva a Mosca e a Pietroburgo, nonché a varie esposizioni all'estero, tra cui quelle di Düsseldorf nel 1904, al Salon d'Automne di Parigi nel 1908, a Roma nel 1911 e a Milano nel 1914. Molti suoi quadri si trovano nella Galleria Tret'jakov a Mosca, altri al Museo Russo di San Pietroburgo e alla Galleria d'Arte Moderna a Roma. Grabar' è più noto come storico dell'arte che come pittore. Le sue pubblicazioni più importanti sono "Sovremennoe iskusstvo" ("Arte contemporanea") e, soprattutto, "Istorija russkago iskusstva" ("Storia dell'arte russa"), opere collettive pubblicate sotto la sua direzione. Dal 1918, fu sovrintendente e riorganizzatore dei musei dell'URSS. Nel 1921, divenne professore di restauro artistico all'Università Statale di Mosca. Le sue opere più celebri includono "Raggio di sole" (1901), "Il cocchiere" (1904), "Azzurro di febbraio" (1904), "Vento di primavera" (1905) e "Pere su una tovaglia blu" (1915). La sua tecnica pittorica si caratterizzò per l'uso di una particolare tecnica divisionista, vicina al puntinismo, e per la rappresentazione della neve. Grabar' morì a Mosca il 16 maggio 1960.
Dopo aver studiato architettura presso l’Accademia di Brera a Milano, visse a Trieste e a Londra, dove perfezionò la sua tecnica e ampliò il suo orizzonte artistico. Tornato a Palermo, si dedicò con passione alla pittura, specializzandosi in scorci cittadini caratterizzati da atmosfere autunnali e giornate uggiose. Le sue opere, capaci di catturare l’essenza della vita cittadina, sono state esposte in numerose mostre personali e continuano a essere apprezzate e ricercate dai collezionisti.
Nel 1856, grazie a una medaglia d'oro vinta a Palermo, poté trasferirsi a Napoli per perfezionarsi nella scuola dei fratelli Giuseppe e Filippo Palizzi. A Napoli, entrò in contatto con la Scuola di Posillipo e le opere della Scuola di Barbizon, che influenzarono profondamente il suo stile, rendendolo più orientato verso un naturalismo delicato e una profonda attenzione alla luce. Nel 1860, Lojacono partecipò alla Spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi, combattendo in diverse battaglie, tra cui quella di Milazzo, dove subì una ferita. Nonostante ciò, continuò a combattere fino alla battaglia del Volturno, e nel 1862 fu catturato durante un tentativo di espugnare Roma, ma fu rilasciato poco dopo. Tornato a Palermo, Lojacono divenne un punto di riferimento nell’ambiente artistico locale e nazionale, partecipando a importanti esposizioni internazionali, tra cui quelle di Vienna, Parigi e Londra. Nel 1872, Lojacono divenne professore di paesaggio presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli e, successivamente, a Palermo, dove insegnò dal 1896 fino alla sua morte nel 1915. Le sue opere si concentrano principalmente su paesaggi e marine siciliane, dove la luce e l'atmosfera giocano un ruolo centrale. Tra i suoi innovativi metodi c'è l'uso della fotografia come riferimento per le sue composizioni, combinando studi dal vivo con immagini fotografiche per ottenere un realismo dettagliato e una resa atmosferica di grande impatto. Le opere di Lojacono, tra cui "L'arrivo inatteso" (1883), "Dopo la pioggia" (1886) e "Estate" (1891), sono testimonianze di un’artisticità che esalta la bellezza naturale e la vita quotidiana siciliana, senza enfatizzare le difficoltà sociali ma celebrando la bellezza della vita rurale. Molte delle sue opere sono conservate in importanti istituzioni, come la Galleria Civica di Agrigento e la Galleria d'Arte Moderna di Palermo, e hanno influenzato le generazioni successive di artisti siciliani, consolidando la sua posizione come uno dei protagonisti del panorama pittorico italiano del XIX secolo.
Veduta lacustre
Sulla spiaggia di Riccione
Porta Ticinese Milano 1922
1924
Fienagione in Val di Rhemes
Paesaggio a Poffabro (Pordenone)
Larzey (Courmayeur)
(difetti)
Parco a Parigi
Il mercato dei fiori
San Vidal Venezia
Paese Ligure
Campagna romana
Giardini Margherita a Bologna
La Pastorella
Natura morta
Sotto il pergolato a Capri
Neve a Milano
Lavando i panni nella corte
Cavalli da tiro
Der Langkofel - Il Sassolungo
Nella stalla
Neve alta
Bagno nei pressi di Fontainebleau
Amalfi
Il ritorno dei pescatori
In canonica
Il carretto rosso
San Zenone degli Ezzelini
Nubi sulla Laguna
Natura morta con Pesche
Venezia
Macugnaga
Il Tamigi a Londra
Vita di campagna
1922
Ardenza Baracchina
Vecchio porto di Livorno 1923
Paesaggio
Fondamenta di pescheria a Burano 1940.
La partida del regimiento,1887
Nobildonna
In malga
La mucca
Pascolo al tramonto
Contadinella Valdostana
Frutta e Vetri
La statuina bianca
Provenienza ex Galleria Pesaro Milano
Marina livornese
Meditazione
Nobildonna alla fontana
Dintorni di Positano
Nevicata a Chateaux Boulari 1950
Lago di Nemi campagna di Roma (1882)
Neve lungo il fiume
Napoli 1921
Temporale imminente
Amazzone alle cascine
Piazza di Roma
La chioccia
La Gabrigiana II
Primi sintomi
Via di paese
Pubblicato Allemandi edizione XXIV ( 2006-2007 ) a
La battaglia di Mombello
Canale di Viareggio
Cortile di Palazzo da Mula in Venezia
Via cittadina
Chioggia
I sacrifici del lavoro
Provenienza collezione privata
Il barcaiolo in laguna
Portatrice dell'acqua
Chiesetta di paese
Stagno a Villa Borghese Roma
Tramonto
Trittico di paesaggi
Vestizione
Vicolo
Il ruscello
Il maestro di pianoforte
Chiesetta montana
Paesaggio montano
Pubblicato a colori su Passione Patriottica fatti
Canale a Chioggia
La stazione centrale di Milano
Ragazza nel bosco
Casolare a Viareggio
L'Amore
Il Cervino
La preghiera
Giardino di Villa
Signora in rosso
Nei pressi della Chiesa dei Santi Michele e Gaetan
Il pescatore
Riflessi sul mare
Bagnanti a Livorno
Lungo il fiume
La raccolta
Sulla terrazza
Tremezzo
Nudo femminile
Dolomiti
Bagno Pompeiano
Porto di Ortona a mare 1908
Casera Ajeron, Verso Rifugio Chiggiato
Studio per la Venere
Canale a Venezia
Opera in fase di archiviazione presso l'archivio A
Giornata uggiosa ( Carnia )
Profilo di fanciulla
Arabo
Datato 8 Agosto 1899
Pomeriggio di sole
Dame in giardino
Paris pont Alexander lll
Datato 1880
Pescatori ad Amalfi
Pianoro montano
Di fronte allo specchio
Festa da ballo Venezia1915
Nell'aia
L'eleganza
Vita a Venezia 1915
Nudo di schiena
Sentiero di montagna
Pastorella Abruzzese
Nobiluomo
Nel parco
Il raccolto del grano
Datato 1912 New York
Al pianoforte
Il rimprovero
Il Monte Rosa dall'Alpe Campo
Contemplazione
Veduta del Vittoriale a Roma
Il battello
Nel porto
Ultima cena
Palazzo Donn' Anna Napoli
Campagna
Luci in citta'
Capri
Sottobosco
Nei pressi del Vesuvio Napoli
Viale alberato
1923
L'attesa sulla spiaggia
Nel cortile
Fine del giorno 1940
La finestra
Rue d'alger
Le oche
Marina grande di San Michele Capri
Vicolo a Napoli
Lavoro nei campi
Porto Ligure
Venditrice ambulante
All'ombra del pagliaio
Paesaggio Mediterraneo
Sole d'inverno
Viale cittadino
Chiesa monastero
Esposizione Biennale internazionale di Venezia XXI
Interno con figura
Mimose
Studio per L'Acqua Morta, Verona
Lavatoio di paese
Interno con figura datato 5.1919
Pascolo
Scena Pompeiana
Madonna col Bambino